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Lo chiamavano Panzer(i)

Al cuore del Qatargate ci sarebbe l’ex eurodeputato e sindacalista: avrebbe aiutato il governo qatariota a “ripulirsi la faccia” in materia di lavoro e diritti civili e sociali
Credit: Amine Landoulsi / Anadolu Agency
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13 dicembre 2022 Aggiornato alle 12:35

«Il Parlamento europeo è sotto attacco. La democrazia europea è sotto attacco», con queste parole la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha lanciato l’allarme sul cosiddetto Qatargate. Ma di cosa si tratta?

Venerdì scorso su ordine dei magistrati, le forze dell’ordine belghe sono entrate dentro l’Europarlamento per sigillare un intero corridoio di alcuni collaboratori dell’eurogruppo socialista Socialists & Democrats (S&D). È stato solo il primo atto: nell’arco di poche ore la vicepresidente greca del Parlamento europeo Eva Kaili è stata arrestata e all’attenzione della giustizia belga sono finiti diversi italiani a cominciare dall’ex europarlamentare e sindacalista Antonio Panzeri.

Secondo gli inquirenti, i due sarebbero al centro di un’operazione corruttiva attuata dal Qatar per ripulire la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica europea. Il governo di Doha avrebbe avvicinato e corrotto con soldi e regali di lusso diversi esponenti politici europei con una caratteristica in comune: essere credibili sui temi del lavoro. Il loro compito sarebbe stato quello di difendere il Paese arabo dalle accuse di violare i diritti civili e sociali.

Imputazioni gravi, suffragate anche da prove: come i sacchi contenenti 750mila euro ritrovati nella casa di Kaili o i 600mila euro in contanti rinvenuti nella dimora di Panzeri. A questi 600mila si sono poi aggiunti altri 17mila ritrovati lunedì nella casa milanese dell’ex eurodeputato. Prove pesanti. Tanto che anche un garantista come il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto al Corriere che si tratta di evidenze che «affievoliscono il caposaldo della presunzione di innocenza».

Al centro di quello che è già stato ribattezzato come Qatargate ci sarebbe proprio Panzeri. Eurodeputato dal 2004 al 2019 prima nelle fila del Pd e poi dal 2017 di Articolo 1, il sindacalista si sarebbe rigiocato le sue conoscenze europee per aiutare il governo qatariota a ripulirsi la faccia. Un’attività portata avanti grazie all’utilizzo della sua ong Fight Impunity. L’organizzazione no profit è stata fondata nel settembre 2019 e vanta tra i membri onorari anche l’ex ministra degli Esteri Emma Bonino e l’ex Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Federica Mogherini. Entrambe hanno detto di non essere mai state a conoscenza dei contatti tra il Qatar e Panzeri.

Tra gli arrestati venerdì ci sono anche il segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati (Etuc) Luca Visentini (poi rilasciato) e Francesco Giorgi, consigliere dell’eurodeputato Andrea Cozzolino (Pd). Giorgi è anche compagno di Kaili ed è stato tra i fondatori di Fight Impunity. Anche Niccolò Figà-Talamanca, a capo della ong No Peace Without Justice, è stato arrestato venerdì. Nella serata di sabato c’è stata anche una perquisizione a casa dell’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella. Il tutto alla presenza di Metsola. Mentre la moglie e la figlia di Panzeri sono state poste ai domiciliari lo stesso giorno in Italia.

È ancora troppo presto per capire fino in fondo in che modo il Qatar abbia potuto influenzare i politici europei. Ma sicuramente, alla luce delle indagini, alcuni eventi dei mesi passati destano più di qualche sospetto. Come quando a novembre l’Europarlamento ha approvato una risoluzione che si «compiace» per come il Qatar tratti i lavoratori, di come «abbia rimborsato 320 milioni di dollari alle vittime di abusi salariali», nonostante le ong abbiano più volte contestato la violazione dei diritti umani nel Paese. In quella occasione Kaili si era espressa in favore del governo qatariota dicendo: «Il Qatar è all’avanguardia nei diritti del lavoro». Una posizione condivisa anche da Panzeri che sull’Huffington Post scriveva a febbraio: «Il Qatar è in movimento forse nella direzione giusta e può contribuire a essere riferimento e sollecitazione anche per i paesi vicini».

Non è raro che gli eurodeputati, una volta terminato il proprio mandato, si riciclino come lobbisti. Ma il problema in questo caso sarebbe l’aver ricevuto illegalmente soldi da uno Stato straniero per influenzare l’opinione pubblica e i lavori dell’Europarlamento. Le parole apocalittiche di Metsola unite al monito della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sulla «gravità della situazione» fanno capire quanto il problema sia serio. E dicono che, conclusi i Mondiali di questo inverno, Qatar ed Europa dovranno affrontare partite molto più aspre.

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