Ambiente

Qatar: pronto a sganciare una bomba climatica?

Lo sviluppo del Paese è strettamente legato allo sfruttamento dei giacimenti di gas. Come il North Field, un’area di circa 6000 km2 che contiene il 10% delle riserve planetarie del combustibile fossile
Credit: Lukhmanul Hakeem/ Unsplash  
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15 dicembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Per rimanere entro la soglia di 1,5 gradi di aumento delle temperature globali va cessato immediatamente qualsiasi investimento e sviluppo in nuovi giacimenti legati alle risorse fossili. Questa è la conclusione di un rapporto dell’International Institute for Sustainable Development (Iisd). Ma la realtà economica e geopolitica continua a presentare un quadro diametralmente opposto, dove sono previsti investimenti per 932 miliardi di dollari, entro il 2030, dedicati allo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio, carbone e gas. Con quest’ultima risorsa in grande espansione grazie anche alle politiche di una nazione: il Qatar.

Da decenni il Paese guidato dall’emiro Tamim bin Hamad Al Thani ha fondato il suo sviluppo economico sullo sfruttamento degli immensi giacimenti fossili presenti nel Golfo Persico, in particolare il North Field: un’area di circa 6000 km2 che contiene risorse per oltre 900.000 miliardi di metri cubi di gas, pari al 10% delle riserve planetarie, e che viene considerato dagli esperti il più grande giacimento di gas naturale al mondo.

Lo sfruttamento intensivo di quest’area potrebbe compromettere definitivamente i piani di mitigazione climatica e, secondo le ultime analisi della Ong BankTrack, comporterebbe il rilascio addizionale di 50 giga-tonnellate di CO2 nell’atmosfera, con danni potenziali fino a 20 trilioni di dollari e 11 milioni di morti.

Una “carbon bomb” estremamente pericolosa, le cui emissioni del 2021 provocheranno da sole danni per 200 miliardi di dollari: «C’è un’enorme quantità di emissioni che sta per provenire dal petrolio e dal gas prelevati dal Qatar, anche se fino a ora non c’è stata molta attenzione. Quello che sta accadendo in Qatar è orribile nei termini di questi progetti e anche riguardo le condizioni dei lavoratori, ma qui c’è un livello di ipocrisia perché il Qatar non sta agendo da solo», ha dichiarato Henrieke Butijn, attivista per il clima e ricercatrice presso BankTrack.

Intorno ai giacimenti della nazione qatariota ruotano enormi interessi economici e geo-strategici con rilevanza planetaria. La guerra in Ucraina ha costretto i Paesi europei ad affrancarsi rapidamente dal gas russo cercando alternative nel mercato globale, soprattutto in Africa e in Medio Oriente, con notevoli vantaggi per i Paesi del Golfo: «Il Qatar è in una posizione migliore di chiunque altro per trarre vantaggio dalla situazione in Europa. I concorrenti o sono bloccati da problemi politici come Iran e Libia o, come Nigeria o Algeria, non hanno le risorse per fornire i volumi aggiuntivi necessari», ha affermato Chakib Khelil, ex presidente dell’Opec.

Nelle ultime settimane la Germania ha siglato con l’Emirato un contratto legato al gas naturale liquefatto dalla durata quindicennale a partire dal 2026, mentre la Cina, affamata di energia per il suo sviluppo industriale, ha concluso il più lungo accordo energetico al mondo, grazie al quale per 27 anni riceverà annualmente 4 milioni di tonnellate di gnl dal Qatar. Questo insieme di contratti permetterà al Paese arabo di espandere la produzione del 43%, da 77 milioni di tonnellate annue a 110 Mtpa, grazie alla joint ventures con le società energetiche TotalEnergies, ExxonMobil, ConocoPhillips e Shell.

Anche le società italiane Eni e Saipem parteciperanno allo sviluppo del giacimento North Field, in un progetto complessivo dal valore di oltre 28 miliardi di dollari sostenuto direttamente o indirettamente dalle più potenti banche del pianeta.

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