Diritti

Qatar: essere gay significa vivere nel terrore

Secondo l’attivista per i diritti Lgbtq+, Nasser Mohamed, gli omosessuali arrestati si salvano dalle torture solo se aiutato le forze dell’ordine a rintracciare altre persone della comunità
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Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
17 novembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Mentre nel resto del mondo ci si organizza per vedere al pub o a casa di amici e parenti le partite dei Mondiali in Qatar, che inizieranno ufficialmente domenica 20 novembre, all’interno del Paese è caccia alle persone omosessuali.

Un medico e attivista residente negli Stati Uniti, Nasser Mohamed, ha spiegato al Guardian che i centinaia di uomini gay qatarini con cui è in contatto stanno rischiando grosso: dopo gli arresti effettuati dal dipartimento di sicurezza preventiva del Qatar, alcune reti segrete che proteggono la comunità Lgbtq+ sono state compromesse.

Quando le autorità scovano e arrestano una persona gay, le promettono di non eseguire torture fisiche solo nel caso in cui questa fornisca loro un aiuto per rintracciare altre persone della comunità. «Molti non si conoscono tra loro, ed è più sicuro così, perché quando le forze dell’ordine trovano una persona, cercano attivamente di trovare tutta la sua rete. Alcuni, dopo essere stati catturati e maltrattati fisicamente, sono stati poi reclutati come agenti», racconta Mohamed. A loro è stata concessa la grazia solo «in cambio del lavoro per il dipartimento di sicurezza preventiva e dell’aiuto a trovare gruppi di persone Lgbtq+».

Nei giorni scorsi l’ambasciatore dei Mondiali 2022 in Qatar, Khalid Salman, aveva pensato di rassicurare la comunità internazionale in un’intervista rilasciata all’emittente televisiva tedesca Zdf: «Durante i mondiali di calcio arriveranno molte cose nel nostro Paese. Parliamo dei gay: la cosa più importante è che tutti accetteremo che vengano nel nostro Paese, ma loro dovranno accettare le nostre regole», aveva detto. L’articolo 285 del codice penale qatarino punisce i rapporti extraconiugali e le relazioni omosessuali con un massimo di 7 anni di reclusione, ma per i musulmani è prevista la pena di morte. Come ha sottolineato Amnesty International, anche “l’articolo 296.3 del codice penale criminalizza vari atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e prevede il carcere, a esempio, per chi ‘guidi, induca o tenti un maschio, in qualsiasi modo, a compiere atti di sodomia o di depravazione’”. In quell’intervista all’emittente tedesca, Salman ha definito l’omosessualità «un danno mentale».

Il Comitato supremo del Qatar per la realizzazione e l’eredità ha promesso che la Coppa del Mondo sarà priva di qualsiasi discriminazione, inclusiva e accogliente, sicura e accessibile a tutti i partecipanti, agli spettatori e alle comunità del Qatar e di tutto il mondo”. Anche se “tutti sono i benvenuti in Qatar”, si tratta di un Paese conservatore in cui “qualsiasi manifestazione pubblica di affetto, indipendentemente dall’orientamento, è disapprovata”. Il dottor Mohamed ha spiegato al Guardian che i tifosi gay stranieri in Qatar non saranno perseguitati durante la finale della Coppa del Mondo, ma per i sostenitori Lgbtq+ locali la questione è ben diversa: «Cosa significa essere un Lgbt del Qatar? Si vive nella paura, nell’ombra, si è perseguitati attivamente. Si è sottoposti ad abusi fisici e mentali sostenuti dallo Stato. È pericoloso».

Il mese scorso la ong Human Rights Watch ha denunciato che le forze del dipartimento di sicurezza preventiva del Qatar hanno arrestato arbitrariamente persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender e le hanno sottoposte a maltrattamenti durante la detenzione. Secondo le indagini dell’organizzazione, tra il 2019 e il 2022 ci sono stati sei casi di percosse gravi e ripetute e cinque casi di molestie sessuali sotto la custodia della polizia. «C’è stata una storia di una donna transgender che è stata detenuta in isolamento per due mesi sottoterra, ha perso il lavoro a causa della detenzione e non ha potuto avvisare il suo datore di lavoro della sua assenza», ha raccontato Rasha Younes, ricercatrice senior di Human Rights Watch. «Durante la detenzione le hanno rasato i capelli lunghi 17 pollici (circa 40 centrimetri, ndr), l’hanno picchiata duramente fino a farla sanguinare e le hanno negato le cure mediche».

La ong, come molte altre organizzazioni che si impegnano nella difesa dei diritti umani, chiede alle autorità del Qatar di abrogare l’articolo 285 e tutte le altre leggi che criminalizzano le relazioni sessuali consensuali al di fuori del matrimonio. “Le autorità dovrebbero introdurre una legislazione che protegga dalla discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, online e offline”, garantendo la libertà di espressione in modo permanente a tutti i residenti del Qatar.

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