Ambiente

Ex-Ilva di Taranto: Legambiente chiede che i fondi vengano destinati alla bonifica dei terreni (non alla decarbonizzazione)

La storia infinita dello stabilimento più problematico e più discusso d’Italia non è ancora finita. Il decreto milleproroghe cambia le carte in tavola: i soldi per la bonifica verranno destinati al rinnovo dell’acciaieria.
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7 gennaio 2022 Aggiornato alle 17:00

“La vicenda dell’ex Ilva di Taranto sembra gestita come il gioco delle tre carte in cui un ciarlatano da fiera truffa ingenui passanti con un gioco in cui il banco vince sempre”. E il banco è lo Stato italiano. Il cigno verde di Legambiente è diventato nero di rabbia: l’associazione ambientalista italiana accusa il governo di aver spostato le risorse dedicate alle bonifiche delle aree ex Ilva “sui lavori di adeguamento ambientale e sanitario dello stabilimento”.

Si tratta di quelle zone gravemente inquinate e compromesse dai rifiuti prodotti dall’acciaieria: le gravi violazioni ambientali avevano causato la morte di 1150 persone in 7 anni. I fondi in questione consentirebbero ad Acciaierie d’Italia (la nuova società formata da ArcelorMittal e da Invitalia, che rappresenta lo Stato italiano) di continuare a produrre acciaio e restare in vita puntando alla decarbonizzazione, costruendo impianti ecocompatibili. I toni del comunicato congiunto scritto da Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto, parlano chiaro: “la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico deve andare di pari passo col risanamento ambientale dei siti inquinati”.

Dei fondi destinati alla bonifica dell’ex acciaieria si parla nel decreto legge “Milleproproghe”, pubblicato il 30 dicembre in Gazzetta Ufficiale, con cui il governo ha disposto il rinvio di scadenze che, se non rispettate, provocherebbero un vuoto normativo. Il testo deve ora passare l’esame del Parlamento.

Ben 450 milioni di euro, parte del denaro sequestrato dal Tribunale di Milano al Gruppo Riva, che un tempo controllava l’impianto di Taranto, verrebbero destinati ai progetti di decarbonizzazione del ciclo produttivo dell’acciaio e di modernizzazione dei processi produttivi dello stabilimento.

“Con queste politiche le bonifiche continueranno a “rimanere al palo” - spiegano nel comunicato congiunto - e la speranza che in futuro lo stabilimento siderurgico possa produrre senza creare danni alla salute è destinata a restare lettera morta”. Questo dirottamento delle risorse destinate alla bonifica, secondo ambientalisti e politici locali, rischia di mandare in fumo lo sforzo per migliorare la qualità ambientale del sito, ma soprattutto avvantaggia i gestori dell’impianto.

Secondo Legambiente, “altrettanto incomprensibile è la richiesta, rivolta dal Ministero della transizione ecologica al Ministero della Salute, di rivedere i parametri epidemiologici con i quali Arpa Puglia, Aress Puglia e Asl Taranto hanno effettuato la valutazione di impatto sanitario relativa a una produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva pari a 6 milioni di tonnellate annue di acciaio, evidenziando la presenza, in tale scenario, di rischi inaccettabili per la salute”. Se non fosse chiaro, lo spostamento delle risorse “va immediatamente stralciato dal decreto” e va esplicitata la gestione delle risorse provenienti dai Riva. Sia quelle già spese, che quelle previste. La richiesta di Legambiente è duplice: “tornare a dedicare al risanamento ambientale e alla tutela della salute degli abitanti di Taranto l’attenzione dovuta a una città che continua a contare i morti causati da anni di inquinamento fuori controllo”.

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