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Quanto possono crescere le PMI con un’economia circolare?

Tra le piccole e medie imprese manifatturiere che hanno avviato la svolta green, la quota di imprese che ritiene di poter raggiungere i livelli di produttività pre-Covid già nel 2022 è alta
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5 gennaio 2022 Aggiornato alle 15:30

Nel quarto trimestre l’Italia è cresciuta: Lewis Cooper, analizzando gli ultimi dati dell’indagine sull’Italia, ha parlato di ottime prestazioni. Insomma, non siamo andati così male secondo l’economista dell’IHS Market PMI: l’indice registrato a dicembre è stato del 62,8%. È diciotto mesi che le piccole medie imprese italiane crescono.

“Il manifatturiero italiano ha chiuso il trimestre finale del 2021 con un’altra ottima prestazione”, ha dichiarato Cooper. La produzione e i nuovi ordini hanno continuato infatti a crescere, nonostante i problemi legati alla carenza di materiali e il crescente costo di approvvigionamento, legato ai trasporti.

Tutto bene quindi? Certo che no, perché le attese da parte delle imprese sono caute dovute proprio al mix di pandemia, pressione sui prezzi e difficoltà della distribuzione.

E tuttavia, tra le PMI che hanno avviato la svolta green, la quota di imprese che ritiene di poter raggiungere i livelli di produttività pre-Covid già nel 2022 è alta. Non a caso, chi è verde, in questo momento, sta meglio, in tutti i sensi.

Lo afferma anche il rapporto GreenItaly realizzato da Fondazione Symbola (in collaborazione con Il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne e Unioncamere): dopo la crisi del 2020, il 14% delle imprese che ha investito in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o minor impatto ambientale, prevede un incremento di fatturato. Ed effetti positivi anche sul mercato del lavoro: il 6% delle imprese green-oriented prevede incrementi nell’occupazione, il 12% un miglioramento nell’export, superando di tre punti percentuali la quota di imprese che non investe nella transizione ecologica.

Greenitaly ha incoronato l’Italia come leader nell’economia circolare con un riciclo sulla totalità dei rifiuti - urbani e speciali - del 79,4% (i dati si riferiscono al 2018). Nonostante un percepito negativo, siamo sopra la media europea (49%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%); il risparmio annuale nel 2018 è stato pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni grazie alla sostituzione di materia seconda nell’economia.

E sono sempre di più le imprese che investono risorse per migliorare il profilo ambientale di processi, prodotti e servizi. Nel quinquennio 2016-2020, il 31,9% delle aziende nell’industria e nei servizi (441.415 imprese) ha investito in tecnologie e prodotti green, valore che sale al 36,3% nella manifattura (84.810 imprese). Positivo anche il bilancio sotto il profilo dell’occupazione: a fine dello scorso anno gli occupati che svolgevano attività che richiedono competenze green erano pari a 3.141.400, mentre i contratti relativi a questa tipologia di professionisti hanno rappresentato il 35,7% dei nuovi previsti nell’anno - tra le aree più richieste, progettazione, R&S e logistica.

Nella graduatoria dei Paesi dell’Unione europea per indici di eco-efficienza ed eco-tendenza, nel 2019 l’Italia si è posizionata al 4° posto per eco-efficienza, il modello di management che incoraggia le aziende a diventare più responsabili nei confronti dell’ambiente, unendo gli obiettivi di eccellenza economica dell’impresa con quelli di eccellenza ambientale - l’eco-tendenza è invece la capacità di un Sistema Produttivo di migliorare la propria eco-efficienza in un arco di tempo prestabilito rispetto a quanto fatto complessivamente nell’Unione europea; l’indice è calcolato come rapporto tra il valore dell’eco-impatto nell’anno corrente e l’analogo valore nell’anno base.

L’elaborazione dei dati Eurostat mostra una forte crescita dell’eco-efficienza in Italia a partire dalla crisi economica del 2008 fino al 2013, periodo di forti investimenti nelle energie rinnovabili e del rilancio dell’efficienza energetica per recuperare il PIL perso in precedenza. La crisi del debito e le conseguenti politiche di austerity hanno però avuto effetti anche sulle scelte green delle imprese italiane. Dal 2013 il trend dell’eco-efficienza ha avuto una contrazione che riporta nel 2019 l’indicatore quasi al livello di inizio periodo. Andamento simile anche in Spagna, in controtendenza invece la Germania che dal 2013 al 2015 ha segnato un minimo relativo di eco-efficienza per poi passare a un trend crescente.

Tornando a esaminare la performance nazionale, rispetto al 2008, nel 2019 le emissioni di agenti inquinanti, i consumi energetici e la produzione di rifiuti in Italia sono sì diminuiti, ma meno rispetto alla media UE: -31,2% di emissioni in Italia contro -35,2% media UE; -19,1% di energia consumata in Italia contro -22,2% media UE; -5,9% di rifiuti prodotti in Italia contro -9,7% media UE.

Greenitaly 2021 sottolinea come a trainare i progressi del nostro Paese siano stati i miglioramenti in termini di impiego di materie prime, con performance migliori rispetto alla media UE (-44,1% Italia e -33,0% media UE di materie prime utilizzate nel 2019 rispetto al 2008). Si registrano difficoltà a tenere il passo negli altri ambiti di analisi, in particolare nel ridurre l’ammontare di rifiuti prodotti dove i miglioramenti fatti dal Paese sono deboli rispetto alle performance medie conseguite dagli altri membri UE.