Ambiente

Blocchiamo i passi di montagna, pls?

In agosto i valichi sono ipercongestionati. Perché non chiuderne qualcuno, per tutelare ambiente e identità paesaggistica?
Credit: turista.info.it
Tempo di lettura 5 min lettura
26 agosto 2022 Aggiornato alle 06:30

Due Ducati stanno salendo verso Passo Sella. Sorpassano una ventina di macchine, accelerano sul piccolo rettilineo, tirando i giri del motore al massimo. Il frastuono si sente per chilometri, anche ad alta quota. Ai due centauri, targa bresciana, poco interessa del panorama magico delle Dolomiti che li circonda. Fanno parte degli squadroni a due ruote che da aprile a ottobre impestano i passi alpini per sgasare emissioni di CO2 senza nemmeno fermarsi a dare un occhio a ciò che hanno intorno. Al massimo un selfie al passo e l’adesivo da appiccicare sul cartello, oramai illeggibile, con il nome del moto-club di riferimento.

«L’importante è correre e portare la moto oltre i limiti», racconta un motociclista, in tuta da corsa, che però non vuole dichiarare il suo nome (ma tanto la targa è perfettamente visibile), parte di un gruppo di circa 14 maschi in età da pensione, accento meridionale e adesivo della Lega. Un altro si è promesso di fare 11 passi in meno di 48 ore, per testare la sua nuova moto. Non sono i tranquilli motociclisti in vacanza che rispettano le regole: sono i demoni dell’asfalto, che trovano la loro ragion d’essere con le vibrazioni pelviche del proprio mezzo, con le scariche di adrenalina.

Poco importa che ogni estate chi vive in montagna legga un bollettino continuo di incidenti, quasi tutti per l’alta velocità. Tanti 20enni con poca esperienza, ma anche centauri sessantenni con pochi riflessi che volano o si maciullano sul Passo del Brocon, della Mendola, sullo Stelvio, Gavia, Tonale. Quasi tutti uomini. Chi schiacciato sotto il guard-rail, chi giù da un dirupo, chi contro un camper per un sorpasso sbagliato. Ma anche chi si ferisce o muore per colpa delle folli corse, spesso riprese con le action cam, messe sul casco per riprendere le idiote prodezze. Ha suscitato orrore la caduta di un motociclista che per un pelo non ha travolto il campione di ultracycling Omar di Felice, in sella alla sua bici, con il suo bolide da 300 chili (per altro il pilota a pure cercato di dare la colpa al ciclista che era sulla sua traiettoria).

Eppure i cattivi motociclisti sono solo il problema più acuto della mobilità in montagna, soprattutto sulle Alpi. Anche il numero infinito di auto, incluse anche le poco inquinanti elettriche, sono un problema. Le moto (tutte) hanno un elevato impatto ambientale per il rumore. Questo ha conseguenze sugli animali innanzitutto, che ne vengono spaventati (basti vedere come durante il lockdown sono moltiplicati i numeri di specie selvatiche). Ma impatta anche sull’esperienza alpina, dove il silenzio e la quiete sono una componente fondamentale per chi ci abita e chi la visita. La tentazione sarebbe di avviare un boicottaggio delle valli che non bloccano il passaggio dei passi ai motocicli di una certa cilindrata e con un certo impatto sonoro. Le auto non sono da meno: traffico, emissioni, rumore e soprattutto migliaia di persone che molto spesso scendono dal veicolo e non hanno idea di dove si trovano (con il risultato che poi salgono sui ghiacciai con le Birkenstock).

Oggi serve un approccio completamente nuovo, non solo repressivo nei confronti dei folli a due ruote. I passi dolomitici e alpini sono, soprattutto in agosto, ipercongestionati. Servirebbe chiuderne una buona parte per tutelarne l’ambiente e l’identità paesaggistica, come da anni spinge Michil Costa, visionario albergatore della Val Badia, che ha bollato il turismo a motore mordi e fuggi come turismo pornoalpino. Una chiusura per tutti mezzi: auto e moto, a motore a scoppio. Si sale in bici, a piedi o in bus (con ovvi permessi per disabili), un paio di anni di periodo di grazia per le poche auto elettriche (poi si chiude anche per loro).

Ma la chiusura non deve essere totale. A giugno e settembre si può aprire ai mezzi a due e quattro ruote per decongestionare il turismo. Si possono poi dedicare alcune giornate solo per i motociclisti, però rigorosamente elettrici a partire dal 2028, per poter comunque divertirsi, senza auto, a correre, magari anche più in sicurezza, sui passi alpini. 3-4 giornate dove spingere sull’acceleratore. Non è un’opzione che personalmente mi veda entusiasta, ma serve un compromesso per tutti. Inoltre serve inserire una congestion charge.

Un conto è chi viene a visitare le montagne e i passi per una vacanza, un altro conto è chi viene a farsi un giro di mezza giornata solo per farsi un selfie al passo Giau o un reel al lago Sorapiss (non ci credereste quanti influencer ho incontrato questa estate che avevano deviato fino a cortina solo per ritrarsi davanti a uno dei più bei laghi delle Dolomiti). A quel punto deve pagare e tanto, creando così risorse per i trasporti pubblici a basse emissioni.

Tocca infine alle province e regioni dotarsi di un vero sistema di trasporti pubblici efficace e di qualità. Fanno bene Trentino e Alto-Adige a dare biglietti gratis per muoversi con i mezzi per chi pernotta, ma serve migliorare ancora gli interscambi, la possibilità di portare bici su treni e bus, migliorare la frequenza e gli orari flessibili.

Albergatori, motociclisti e turisti poco montanari insorgeranno alla proposta. Si tratta di una violazione della libertà, si rendono le montagne meno accessibili, chiunque è libero di (per)correre sulle strade d’Italia, bla bla… Magari qualcuno tirerà fuori l’epiteto di eco-nazisti. Come già successo per i centri pedonali e il bando delle sigarette al ristorante. Solo per poi accorgersi che riportare la bellezza in fondo piace a tutti. E tra qualche anno ci chiederemo davanti a un bicchiere di vino al rifugio, immersi nel silenzio: ma come facevamo prima?

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