Diritti

Storia di una donna brutta

Per tutte le donne trans invisibilizzate e uccise da una società che le discrimina, per tutti i corpi non conformi, per Cloe Bianco
Una silhouette che simboleggia i crimini contro la comunità trans durante la protesta annuale ''Yo Marcho Trans', dove donne e maschi transgender chiedono che venga rispettato il loro diritto alla vita, all'uguaglianza e per fermare i crimini contro la comunità di Medellin, Antioquia (Colombia)
Una silhouette che simboleggia i crimini contro la comunità trans durante la protesta annuale ''Yo Marcho Trans', dove donne e maschi transgender chiedono che venga rispettato il loro diritto alla vita, all'uguaglianza e per fermare i crimini contro la comunità di Medellin, Antioquia (Colombia) Credit: Jessica Patino/LongVisual via ZUMA Press Wire
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22 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

A distanza di giorni, non faccio che pensare ancora alla morte solitaria di Cloe Bianco, professoressa di fisica sollevata dall’incarico perché trans, trasferita a mansioni di segreteria, discriminata per anni con tanto di intervento diretto delle alte sfere della regione Veneto (in particolare dell’assessora alla Scuola e alle Pari Opportunità Elena Donazzan) e infine suicida dentro il piccolo camper in cui abitava.

Bianco ha lasciato un blog in cui raccoglieva i suoi pensieri e in cui ha annunciato anche la sua intenzione di morire, e poco valgono ora gli interventi del ministro del Lavoro e di quello della Scuola: nessuna indagine a posteriori la riporterà in vita.

Bisognerebbe piuttosto interrogarsi su quali siano davvero le tutele per le persone trans sul lavoro e nella vita, e su come chi sceglie di affermare il suo genere debba essere protettə da discriminazioni, demansionamenti e bullismo.

Bianco è una: le persone trans che rischiano ogni giorno per il solo fatto di essere sé stesse sono tutte intorno a noi. Ma non sempre le vediamo.

C’è un post, sul blog di Cloe Bianco, che mi colpisce particolarmente. Si intitola “Una donna brutta – Vita transgenere”. Ne cito un passaggio, perché nel leggerlo mi si spezza il cuore:

“Il possibile d’una donna brutta è talmente stringente da far mancare il fiato, da togliere quasi tutta la vitalità. Si tratta d’esistere sempre sommessamente, nella penombra, in punta di piedi, sempre ai bordi della periferia sociale, dov’è difficile guardare in faccia la realtà.

Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere. Sono un’offesa al mio genere, un’offesa al genere femminile”.

La bruttezza è un concetto relativo, ma quello che dice Bianco qui è vero su più livelli: la vita di una donna brutta è una vita timida.

Il corpo di ogni donna che non assolva alla funzione decorativa viene preso di mira, di volta in volta con la violenza dell’insulto, con l’umiliazione dello scherno o con la finta preoccupazione della salute, che nasconde sempre e solo il disgusto per i corpi grassi.

I corpi delle donne sono sottoposti a un esame costante, esame che viene esternato: sei bella, sei brutta, curati di più, ma come stai bene, sei dimagrita, dovresti perdere un po’ di peso, questo vestito non ti dona, sei troppo scoperta, sembri una che sta sulla Salaria, sembri una suora laica.

Le donne non vanno mai bene, non fanno mai abbastanza, e davanti ai corpi femminili la gente perde ogni senso del limite, anche quello della più elementare buona creanza.

Quello che si affaccia nelle frasi di Bianco, però, è lo spettro di una complicazione specifica della comunità trans: l’essere “cis-passing”, cioè il più possibile somiglianti a donne cisgender (quelle che si rispecchiano nel genere a cui sono state assegnate alla nascita).

Non è una bruttezza qualsiasi, quella che si auto-attribuiva Bianco, ma una bruttezza particolare, un’inadeguatezza rispetto a un doppio standard, quello della bellezza muliebre e quello del genere a cui sentiva di appartenere.

È una delle tante violenze che infliggiamo alle persone trans, e in particolare alle donne: ne riconosciamo l’esistenza solo se si inseriscono in maniera quasi invisibile nel modello canonico che abbiamo creato per loro, che è un modello di massima conformità.

I tratti associati alla maschilità devono sparire, essere impercettibili; la donna trans deve essere bella, preferibilmente delicata, seducente, esotica quel tanto che basta per poter essere una fantasia erotica che non disturba e non mette in crisi l’orientamento del soggetto desiderante.

Deve essere aggraziata come Hunter Schafer, ammaliante come Indya Moore, statuaria come Dominique T. Jackson, favolosa come Vittoria Schisano. La sua femminilità deve essere impeccabile, al di sopra di ogni sospetto. Solo così siamo disposti, come società, ad accordarle rispetto.

Cloe Bianco era una donna normale, che non ha mai nascosto di essere trans perché ha iniziato il suo percorso, con coraggio, all’interno di una comunità che la conosceva con il genere assegnato alla nascita.

Lo ha fatto, stando al racconto di un’ex alunna, vestendosi in maniera conservatrice, con gonne lunghe e cardigan che nascondevano il suo corpo. Nemmeno questo è bastato a difenderla dalla crudeltà delle famiglie dei suoi studenti, che venivano ai colloqui solo per deriderla, dalla disumanità della gente che le scattava foto di nascosto.

E nemmeno dopo il suo suicidio, legato in modo inequivocabile a quell’emarginazione e a quelle sofferenze, si riesce a rispettarne l’identità: i giornali sono pieni di riferimenti al suo nome anagrafico, viene definita “ex professore”, e l’assessora che l’aveva attaccata in vita continua a farlo anche ora che è morta.

Chi continua ad alimentare transfobia, chi proietta sulle donne trans di volta in volta desideri proibiti, fantasie persecutorie e frustrazioni personali, chi utilizza il suo spazio e il suo potere per negare l’esistenza delle persone come Cloe Bianco, chi dà uno spazio e un peso sproporzionato a posizioni politiche che mirano a spingere le persone trans verso la repressione, la clandestinità e l’invisibilità ha le mani sporche di sangue.

Non si può essere neutrali davanti alla discriminazione: o si sta da una parte, o si sta dall’altra, e le due posizioni non hanno lo stesso valore e lo stesso peso.

Qualcuno è dalla parte sbagliata della storia, e sappiamo già chi.

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