Futuro

Il valore dei messaggi e dei messaggeri

La battaglia per il controllo dei media digitali è solo all’inizio. Una nuova epoca si aprirà solo se fioriranno nuove piattaforme. Fondate su presupposti diversi
Credit: Max van den Oetelaar/unsplash
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9 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

Simon Edelsten è uno stimato investitore e gestisce, tra l’altro, il fondo Artemis Global Select.

Il suo maestro è stato un mito della City come Nils Taube, finanziere estone collega di George Soros e consulente di Lord Rothschild, che con il suo fondo ha realizzato un ritorno medio annuo sugli investimenti del 15% per 35 anni.

Edelsten, che è spesso in testa alle classifiche dei rendimenti finanziari secondo Portfolio Adviser, decide i suoi investimenti in relazione ai “temi” che pensa caratterizzino le prospettive dell’economia.

I suoi “temi” sono quadri interpretativi, narrative, storie che servono a ipotizzare le conseguenze delle tendenze attuali e dunque a discernere le migliori opportunità di investimento.

Fino a qualche tempo fa, nel mondo dei media, i temi importanti erano relativi alle tendenze che guidavano il successo dei film, dei libri o della musica, e servivano a comprendere quali aziende stavano sviluppando linee editoriali più promettenti.

Ma oggi, dice Edelsten, le tendenze dei media non sono scritte dai contenuti ma dai contenitori: il “tema” attuale dei media è il tempo che le persone passano davanti agli schermi.

Il tempo. Non la qualità della conoscenza cui accedono.

Negli ultimi dieci anni, il valore del lavoro editoriale è stato superato dalle funzioni delle piattaforme che aggregano miliardi di utenti ed enormi quantità di opere autoriali prodotte spesso dal pubblico stesso, classificandole e proponendole in un ordine deciso da algoritmi e interfacce che filtrano la quantità di informazione, personalizzandone la fruizione.

Ma bisogna ammettere che questo non svela molto sul futuro: piuttosto è la descrizione di quello che è accaduto negli ultimi dieci, quindici anni. Ma che cosa succederà nei prossimi quindici anni?

Proprio a causa del loro immenso successo, le grandi piattaforme mediatiche si sono trasformate in enormi centri di potere. E, come era prevedibile, si è scatenata una battaglia per il loro controllo. Una battaglia tra potentissimi uomini d’affari. Ma anche tra autorità politiche di alto livello internazionale.

La vicenda di Twitter e Elon Musk è emblematica. L’imprenditore ha pensato di poter conquistare il controllo di uno dei luoghi essenziali per il dibattito pubblico in Occidente: la piattaforma che per prima ha zittito il presidente degli Stati Uniti che incitava il popolo alla rivolta contro le istituzioni democratiche.

E Musk ci ha pensato con l’idea di riaprire le porte della piattaforma a Donald Trump, in nome di una bizzarra idea di “libertà di espressione”. Salvo poi accorgersi di non avere i soldi che aveva promesso per farlo, a meno di non volerne sprecare una quantità troppo grande anche per l’uomo più ricco del mondo.

Che Musk finisca per decidere di prendersi Twitter o no, l’imprenditore dovrà comunque rendersi conto del fatto che quel centro di potere non sarà più lo stesso quando entrerà in vigore il Digital Services Act dell’Unione Europea. Il paradigma dell’autoregolamentazione si trasformerà di co-regolamentazione con le autorità europee. Il potere di quella piattaforma non sarà più assoluto.

A proposito: Musk si era proclamato un “assolutista della libertà di espressione (qualunque cosa questo significhi), ma ha dovuto ammettere che il suo assolutismo doveva essere relativo alle leggi dei vari Stati. E in un interessante sviluppo, appunto, le leggi europee - con la loro influenza sulle leggi globali - renderanno relativo anche il potere delle piattaforme.

Tutto questo è importante per comprendere gli sviluppi del potere delle piattaforme, cioè degli strumenti di maggior valore del mondo dei media. Resta da comprendere se tutto questo abiliterà un miglioramento della qualità nell’informazione disponibile per il dibattito pubblico nei media digitali.

Si può ipotizzare che questo avverrà solo se si assisterà a una riduzione della centralizzazione del traffico su internet e a una fioritura di alternative. Fondate su modelli di business e di partecipazione profondamente diversi.

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