Ambiente

Perché gli eventi meteo estremi potrebbero perseguitarci a lungo

Le cause sono da rintracciare nel calore intrappolato (soprattutto negli oceani) e nell’energia accumulata in atmosfera. Intanto, i nuovi dati Copernicus attestano che lo scorso aprile è stato l’undicesimo mese di temperature record consecutive
Credit: Raimond Klavins
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8 maggio 2024 Aggiornato alle 18:00

Siamo a undici, anzi, a tredici. L’aprile appena concluso è stato il più caldo mai registrato a livello globale (media di 15,03 °C, ovvero 0,67 °C sopra la media del mese 1991-2020 e 1,58 °C sopra i livelli preindustriali), l’undicesimo mese di temperature record consecutive.

Non solo: se si guarda la temperatura superficiale dei mari, le cose vanno ancora peggio: quella globale è stata la più alta mai registrata per aprile (pari a 21,04 °C) segnando di fatto il 13° mese consecutivo di temperature record anche per gli oceani.

Se vi sembra complesso tradurre questi dati forniti da Copernicus Climate Change Service in immagini, allora vi basterà osservare in rete i video di come gli effetti dell’innalzamento delle temperature (anche legati al fenomeno naturale di El Niño) possono tradursi in eventi meteo sempre più devastanti: quello che è accaduto negli ultimi giorni in Brasile e Kenya è la fotografia di ciò che ci attende a causa del calore intrappolato (soprattutto negli oceani) e l’energia accumulata, che anche nei prossimi mesi si potrebbe tradurre in condizioni meteorologiche estreme per diversi continenti.

Il problema è noto: le emissioni climalteranti causate dall’uomo soprattutto a causa dei combustibili fossili hanno portato a una sempre più elevata concentrazione di gas serra in atmosfera e a un costante aumento globale delle temperature.

Il Pianeta si surriscalda ma soprattutto, nonostante per i mari ci voglia molto più tempo per accumulare calore, sono gli oceani a diventare più bollenti: con i cambi di circolazione in atto e la maggiore frequenza e intensità dei fenomeni estremi che è nel dna della crisi climatica, l‘energia accumulata grazie al surriscaldamento delle acque porta a impatti sempre più violenti.

Solo nell’ultimo mese e mezzo abbiamo assistito alle piogge più violente degli ultimi 75 anni negli Emirati Arabi, a inondazioni che vanno dall’Oman al Pakistan (che ha registrato record di pioggia).

Alle alluvioni che hanno ucciso oltre 350 persone fra Kenya e Tanzania, alla devastazione delle piogge (con tanto di rottura di una diga) in Brasile dove ora, oltre a centinaia di morti e dispersi, quasi un milione di persone rischia di rimanere senza corrente e acqua potabile. E poi le case sommerse in Texas, le scuole chiuse per caldo estremo dal Bangladesh alle Filippine, la Cina tormentata tra ondate di caldo e alluvioni, ma anche i fenomeni siccitosi dal Marocco alla Spagna sino alla Sicilia.

Tutte condizioni che impattano direttamente sulla vita delle persone e le economie dei Paesi.

Tutti record di cui continuiamo ad avere notizia e che includono il solito avvertimento: nonostante El Niño si stia esaurendo (stiamo entrando in una fase neutra prima dell’avvento del fenomeno opposto, La Nina), l’intero Pianeta sta vivendo sconvolgimenti climatici che continueranno anche in futuro.

Gli scienziati ci ricordano che l’aumento delle temperature porterà a modelli meteorologici più estremi a livello globale che diventeranno sempre più comuni sulla Terra in cui la temperatura media globale degli ultimi 12 mesi è stata la più alta mai registrata (pari a 1,61 °C sopra la media preindustriale).

«Mentre le variazioni di temperatura associate ai cicli naturali come El Niño vanno e vengono, l’energia extra intrappolata nell’oceano e nell’atmosfera dalle crescenti concentrazioni di gas serra continuerà a spingere la temperatura globale verso nuovi record», ha detto chiaramente Carlo Buontempo, direttore di Copernicus Climate.

Nell’ultimo mese le temperature sono risultate “molto al di sopra della media” nell’Europa orientale, nel Nord America settentrionale e nordorientale, in Groenlandia, nell’Asia orientale (vedi anche Cina e India), nel Medio Oriente nordoccidentale, in alcune parti del Sud America e in gran parte dell’Africa.

Il clima è risultato più umido della media nella maggior parte dell’Europa nord-occidentale, centrale e nord-orientale, nonché nel Nord America in tutta l’Asia centrale, nei paesi del Golfo, nell’Australia orientale e nel Brasile meridionale.

Nonostante la crisi del clima sia ancora lontana dal primo posto delle agende politiche dei governi del mondo, i dati registrati dagli scienziati sono «incredibilmente preoccupanti», ha detto Sir David King, presidente del Climate Crisis Advisory Group.

Sono inaspettati, questi valori, nonostante il chiaro impatto di El Niño. Il picco di questo fenomeno naturale è stato registrato a fine dello scorso anno dunque ci si attende che ancora per parte del 2024 (che potrebbe risultare al 66% l’anno più caldo di sempre) le temperature continueranno a salire in molte aree del globo.

Per la Scienza è dunque decisivo capire cosa accadrà dopo: se le temperature nei mesi torneranno nella norma, scendendo già nei prossimi due mesi (quando dovrebbe iniziare La Nina) rispetto agli attuali livelli record, allora sarà un segnale che il clima si sta comportando secondo - bene o male - i modelli previsti e collegati al mix fra crisi climatica e influenza di El Niño.

Se invece questo non dovesse accadere, potrebbe scattare un allarme ancor più rosso. Anzi, un allarme generale sue vite e sui colori: perché vorrebbe dire che il mondo si avvicinerà alla strada dei +2 °C che, tradotto in altre immagini, significherà eventi ben più catastrofici e drammatici di quelli che stiamo già vivendo, come il Brasile colorato di marrone per via del fango e le inondazioni che sommerso ettari di territorio o come i fondali marini della Grande Barriera corallina australiana, oggi sempre più grigi, dato che è in atto il peggior fenomeno di sbiancamento di massa dei coralli registrato finora.

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