Ambiente

Amazzonia: piantare alberi è sempre più redditizio

Un’inchiesta del The New York Times rivela che le attività di riforestazione della società Re.Green stanno facendo crescere il mercato dei crediti di carbonio
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Via instagram.com/@go_re.green 

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8 maggio 2024 Aggiornato alle 19:00

In Amazzonia è in corso un cambio di rotta: lo racconta un’inchiesta del The New York Times.

Dopo che per decenni i pilastri dell’economia locale sono stati gli allevamenti di bovini, ora i capitali investiti da nuove aziende stanno spostando il fulcro su un prodotto diverso: la capacità degli alberi di trattenere il carbonio che è la causa del surriscaldamento del Pianeta.

A Maracaçumé, una cittadina molto povera ai margini della foresta amazzonica, la Re.Green, una grande società che si occupa di ripristino forestale, ha acquistato il più grande ranch della regione per piantare alberi.

Re.Green mira a creare un’industria innovativa in cui le piante rivestono un ruolo centrale in quanto immagazzinano grandi quantità di carbonio.

I vertici di questa azienda sostengono anche che questa attività, oltre che pro ambiente, si rivelerà anche più redditizia di quella storica, ovvero l’allevamento del bestiame che, al contrario, incrementa la deforestazione ormai in corso da decenni.

Un quinto della grande foresta pluviale è già scomparso, si tratta di un’area che misura quanto la superficie della Germania.

Gli scienziati hanno lanciato recentemente un ulteriore warning: il continuo aumento della temperatura globale della Terra sta portando l’intero ecosistema al collasso. Ciò significa pregiudicare seriamente l’equilibrio delle biodiversità.

Naturalmente, per la popolazione locale questa novità nell’ambito dell’utilizzo dei terreni non è facile da comprendere.

Josias Araújo, un ex allevatore che ora lavora nell’ambito della riforestazione, ha affermato che gli sembra surreale il fatto di svolgere questa nuova attività su quella stessa terra dove una volta si allevava il bestiame.

Il processo produttivo della Re.Green e di altre aziende che stanno seguendo le sue orme consiste nel ripristinare gli alberi autoctoni della foresta amazzonica nelle zone che hanno subito la deforestazione per poi vendere crediti che si quantificano sulla base delle emissioni di CO2 che questi alberi riescono a immagazzinare. Queste società utilizzeranno tali crediti in compensazione della propria produzione di gas serra.

Le mosse di queste imprese sono osservate molto attentamente dalle associazioni di ambientalisti in quanto hanno sollevato del comprensibile scetticismo.

Infatti, da un lato c’è la complessità delle operazioni di misurazione del carbonio contenuto negli alberi e nel suolo, e dall’altro il timore che questi crediti di carbonio vengano strumentalizzati a beneficio del bilancio d’esercizio di tali aziende che, fingendosi paladine dell’economia pro ambiente, in realtà continueranno indisturbate a gestire i loro processi produttivi a base di combustibili fossili.

Un’altra fonte di perplessità e diffidenza è rappresentata dall’entità di questo fenomeno. Infatti, nell’arco di poco tempo si sono moltiplicate le aziende straniere alla ricerca di un appezzamento di terreno da acquistare nell’Amazzonia settentrionale. Queste società, per tirare l’acqua al proprio mulino e convincere i locali a ‘reinventarsi’ lavorando per il settore della riforestazione, fanno leva sui temi ambientali e, al contempo, sul concetto che questa attività si rivelerà anche più redditizia di quella dell’allevamento di bovini a cui si sono dedicati per anni.

La popolazione locale non è particolarmente sensibile ai temi ambientali se si filosofeggia, ma comprende la gravità del cambiamento climatico quando lo tocca con mano.

Infatti, come dichiarato anche da Jose Villeigagnon Rabelo, il sindaco di Mãe do Rio, una cittadina nel nord-est dell’Amazzonia, una tremenda siccità ha recentemente seccato gran parte dell’erba che gli allevatori usano come foraggio per gli animali.

Gli allevatori sono coscienti del fatto che questa prolungata siccità è il prodotto del cambiamento climatico e dalla deforestazione e vedono con i loro occhi che in virtù di questo il bestiame che gli dovrebbe procurare sostentamento, sta morendo di fame.

Molte aziende agricole hanno dovuto ridurre notevolmente il numero dei bovini, perché impossibilitate a dar loro da mangiare in modo adeguato.

Il sindaco di Mãe do Rio ha affermato che attualmente meno della metà dei ranch presenti in città prosegue con l’allevamento di bestiame, ma ha proseguito dicendo che si auspica che l’insediamento risalente a circa un anno fa da parte della società Mombak spalanchi le porte di nuove opportunità produttive per i terreni e per la popolazione di queste aree.

Il progetto della Mombak è analogo a quello presentato dalla Re.Green: si attribuisce un credito per ogni tonnellata di carbonio che gli alberi assorbono. Questo credito può essere venduto alle aziende che vogliono ‘compensare’ il proprio livello di emissioni.

Il rapporto stilato nel 2023 da BloombergNEF (leader nell’ambito delle ricerche e analisi di mercato nella direzione della transizione verso un’economia con ridotte emissioni di CO2) mostra che i mercati del carbonio sono in espansione e potrebbero essere valutati a 1 trilione di dollari entro il 2037. Si tratta del doppio dell’attuale valore del mercato globale della carne bovina.

Gli investimenti realizzati da imprese come Re.Green e Mombak sono notevoli, in quanto possono servire decine di milioni di dollari per riuscire a ripristinare una foresta ricca di biodiversità su un terreno degradato.

Ma il gioco vale la candela evidentemente per queste aziende che, attraverso i crediti di carbonio, riescono ad apportare utili nei loro bilanci e contemporaneamente a migliorare il loro ‘curriculum’ dal punto di vista della sostenibilità ambientale.

A tutt’oggi, Re.Green e Mombak hanno raccolto circa 200 milioni di dollari dagli investitori, tra cui ci sono grandi fondi pensione e la Banca Brasiliana, da impiegare nelle operazioni di rimboschimento di centinaia di migliaia di acri entro il 2030.

Luiza Maia de Castro, economista che gestisce le relazioni con la Re.Green, ha recentemente affermato in relazione alla ‘tradizione’ di deforestazione dell’Amazzonia: «Per interrompere questo ciclo bisogna cambiare il modo in cui le persone si guadagnano da vivere».

La strategia aziendale illustrata da Mombak e Re.Green è quella di supportare gli allevatori a migliorare la qualità dei loro terreni, intensificare l’allevamento del bestiame in alcune aree e ripristinare le foreste in altre zone.

La maggior parte dei progetti impiega qualche dozzina di persone, scelte tra i locali, che si occupano di piantare alberi, fertilizzare il terreno e vigilare sugli incendi.

In alcuni casi, la popolazione locale può trarre beneficio economico anche attraverso l’attività di raccolta e trasformazione di noci del Brasile, olio di andiroba e altri prodotti della foresta che possono vendere ad aziende dei settori alimentare, bellezza e farmaceutico.

Barbara Haya, direttrice del Berkeley Carbon Trading Project, ha affermato che i crediti di carbonio potrebbero fare la differenza nell’inversione di tendenza delle aziende. Allo stesso tempo, ha anche dichiarato che bisogna fare attenzione e vigilare su tali attività in quanto l’acquisto dei crediti potrebbe rivelarsi meno oneroso per le imprese rispetto all’intraprendere un vero processo di decarbonizzazione.

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