Ambiente

Ridurre il consumo di carne ha effetti benefici sul cambiamento climatico

Molte ricerche, come quella di Unep, lo dimostrano ma la Fao ha scelto di non indicare soluzioni alternative alla carne nella roadmap delle azioni per contrastare la crisi climatica
Credit: Quaritsch Photography  

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25 marzo 2024 Aggiornato alle 11:00

Secondo gli esperti, la scelta della FAO di non inserire la riduzione del consumo di carne tra gli obiettivi per contrastare il cambiamento climatico è sconcertante.

A seguito della Cop28, l’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura ha pubblicato una roadmap contente 120 azioni per trasformare e adattare i sistemi agroalimentari alle nuove sfide del cambiamento climatico. I sistemi agricoli sono responsabili del 30% dell’emissione di gas serra inquinanti. Per rendere la produzione alimentare più resiliente e rispettosa dell’ambiente, il report illustra opzioni sostenibili ed economicamente vantaggiose per il mercato alimentare da attuare entro il 2025, in occasione della Cop30. Il tutto cercando di non superare la soglia dell’innalzamento delle temperature di 1.5-2 gradi, fissata durante l’accordo di Parigi.

Tuttavia, la produzione agricola è posta di fronte a un continuo dilemma: occorre scegliere se aumentare la produzione per sopperire alla carestia e peggiorare la crisi climatica, oppure diminuire la produzione contribuendo al benessere dell’ambiente.

La carenza di cibo non è un aspetto da sottovalutare: secondo la Fao, nel 2030 circa 590 milioni di persone soffriranno la fame.

Quello che più ha sconvolto gli scienziati è l’assenza, nella roadmap, di un riferimento alla riduzione del consumo di carne e alla produzione di cibo dagli allevamenti. In un commento pubblicato sulla rivista Nature Food, gli esperti sostengono che la riduzione del consumo di carne potrebbe essere determinante per gli effetti benefici sul clima in ambito agroalimentare. Solo l’allevamento intensivo è responsabile del 10-12% di emissioni di gas serra. Non facendo un diretto riferimento al consumo di carne, si rischia di eliminare del tutto un cambiamento che potrebbe essere fondamentale non solo per il clima: secondo l’Eat–Lancet Commission il consumo eccessivo di carne rossa può contribuire alla comparsa di malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro.

L’opinione è rafforzata da un report di Unep, il programma ambiente delle Nazioni Unite, dove si attesta che il consumo alternativo di carne e latticini potrebbe impattare significativamente sul benessere climatico, soprattutto per i Paesi ad alto e medio reddito. Lo studio enfatizza come l’utilizzo di carne vegetale, carne coltivata da cellule animali e alimenti ricchi di proteine simili a quelle contenute nella carne contribuirebbe a ridurre non solo gli effetti delle emissioni di gas serra ma anche quelli relativi alla deforestazione, al degrado del suolo e alla perdita della biodiversità.

«Le alternative al cibo come lo conosciamo oggi offriranno tante nuove possibilità ai consumatori», commenta Inger Andersen, Direttore esecutivo dell’Unep. «Oltre a ridurre le emissioni, aiuteranno a combattere la tripla crisi climatica: la crisi del cambiamento climatico, della biodiversità e dell’inquinamento. Un maggiore supporto da parte dei governi potrebbe aumentare il potenziale di queste nuove alternative alimentari per certi paesi».

La produzione globale di cibo dovrà necessariamente adattarsi al cambiamento climatico: in uno studio della rivista scientifica Science, si stima che le emissioni derivanti da questi processi potrebbero allontanare dall’obiettivo di contenere l’innalzamento delle temperature entro 1.5 gradi. Questo potrebbe essere contrastato anche grazie alla riduzione del consumo di carne. Purtroppo, proprio secondo la Fao, si tratta di un dato che non è destinato a diminuire: entro il 2030 aumenterà infatti del 14%.

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