Ambiente

Per Greta il risultato della Cop28 è una “pugnalata alle spalle”

Da Glasgow l’attivista svedese non partecipa più alle Conferenze. Accusa i leader di non ascoltare la scienza e, anziché “intesa storica”, definisce l’accordo di Dubai “un tradimento”
Credit: © Thomas Krych/ZUMA Press Wire  

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20 dicembre 2023 Aggiornato alle 17:00

Poco più di cinque anni fa la rabbia dei giovanissimi per un futuro negato dall’inazione dei potenti sulla crisi climatica era tutta racchiusa in un cartello alzato da Greta Thunberg davanti al parlamento svedese.

Dalle prime proteste di quella ragazzina, allora 15enne, migliaia di giovani avrebbero trovato ispirazione per unirsi e scendere in piazza a far sentire la propria voce.

Voce limpida e potente che si è ascoltata pochi anni dopo, a Glasgow in Scozia, quando oltre 100.000 persone, dei vari movimenti da Extinction Rebellion sino a Fridays For Future, hanno letteralmente circondato le strade intorno alla sede della Cop26 nel tentativo di mandare un messaggio al mondo: basta con i combustibili fossili responsabili delle emissioni.

La risposta di Glasgow, da parte dei Paesi riuniti alla Conferenza sul clima, fu timida: non ci furono accordi tali da far immaginare un repentino cambiamento nelle politiche economiche del mondo e la Cop scozzese passò la palla prima a Sharm El Sheikh e poi a Dubai.

Complice la pandemia, forse quello scozzese è stato l’ultimo grande momento di protesta, ma di conseguenza anche di fiducia nella potenza dei messaggi mandati dagli attivisti, prima che molti giovani perdessero interesse sulla reale funzionalità delle Cop. La prima a perdere questa fiducia è stata proprio Greta Thunberg, che dalla Scozia in poi non ha più preso parte alle grandi Conferenze sul clima. In vista di quella di Dubai, la Cop28, aveva raccontato tutto il suo scetticismo per un sistema «che ormai si è trasformato in un evento di pubbliche relazioni», diceva Greta già dopo Glasgow. E se per quella in Egitto aveva parlato di opportunità di «greenwashing, menzogna e imbroglio», sui risultati ottenuti a Dubai è stata ancora più dura.

Nonostante l’intesa raggiunta alla Cop per molti analisti sia stata comunque “storica”, dato che per la prima volta è stato illuminato il cammino per l’uscita dalle fonti fossili, per Greta si è trattato invece di tutt’altro.

Il suo verdetto sulla Cop28 è lapidario: «Un altro tradimento e una pugnalata alle spalle», ha dichiarato ai media svedesi, rimarcando di fatto il concetto che un conto è includere nel testo finale il tema combustibili fossili, un altro è programmare azioni reali e concrete per liberarsene. Il motivo della posizione di Greta, che è quella che tiene già da diversi anni mentre ha scelto di apparire sempre meno (anche per dare spazio agli attivisti dei Paesi più vulnerabili), è legato come sempre alla scienza. La scienza, vedi i rapporti dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo per i cambiamenti climatici), ci dice infatti che il tempo è finito: un mondo capace di restare entro i +1,5 °C non può più andare a trazione fossile.

«Questo testo è inefficace e non è neanche lontanamente sufficiente a mantenerci entro il limite di 1,5 °C», ha ribadito Thunberg fuori dal parlamento svedese, dove continua a scioperare per il clima insieme ad altri attivisti. «È una pugnalata alle spalle per i più vulnerabili», ha detto.

«Il patto non è stato progettato per risolvere la crisi climatica, ma piuttosto è servito come un alibi», per i leader mondiali che continueranno a emettere. «Finché non trattiamo la crisi climatica come una crisi e finché continuiamo a mantenere gli interessi delle lobby a influenzare questi testi e questi processi, non andremo da nessuna parte», chiosa Greta.

La sua personale sentenza è dunque di condanna per un Pianeta che non riesce a prendere decisioni drastiche, rinunciando a interessi economici, quando la salute stessa della Terra ce lo richiede. Una visione ancorata soprattutto alla scienza e che non lascia aperture in nessun senso.

Discorso diverso, invece, per molti altri giovani che prima si sono resi conto del problema dalla realtà - come le inondazioni in Uganda o i disastri climatici nelle Filippine - e poi trovando luce nelle parole di Greta si sono uniti alla causa delle battaglie per il clima. Alcune di queste giovani, a differenza di Thunberg, hanno deciso di portare il loro messaggio alla Cop28, fra queste a esempio due volti noti delle proteste, l’ugandese Vanessa Nakate e la filippina Mitzi Jonelle Tan.

Come Greta, entrambe condannano i leader che non fanno abbastanza per la giustizia climatica e per aiutare i Paesi vulnerabili, ma sono apparse più morbide sul risultato finale ottenuto a Dubai, anche se non mancano di rimarcare le “scappatoie” dell’intesa. Per Mitzi Jonelle Tan, a esempio, «sebbene il testo menzioni una transizione dai sistemi energetici basati sui combustibili fossili in modo giusto ed equo, il testo è pieno di scappatoie e false soluzioni su tecnologie non provate e costose come il nucleare, l’abbattimento, la cattura e lo stoccaggio del carbonio, i combustibili transitori».

Anche Vanessa Nakate sottolinea come l’inclusione dei combustibili di transizione e di «tecnologie da favola come la cattura e lo stoccaggio del carbonio» sia dannosa. Ed entrambe, come Greta, arrivano a una soluzione comune che sarà difficile da applicare nell’Azerbaigian di gas e petrolio: per salvare la Terra «non possiamo avere di nuovo un’altra Cop di compromesso».

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