Diritti

Sette eurodeputati su dieci hanno anche un altro lavoro: c’è conflitto di interessi?

Secondo l’analisi di Transparency International EU, i membri del Parlamento guadagnano in totale 8,6 milioni di euro all’anno da altre occupazioni, anche per aziende private che esercitano pressioni sulla politica europea
Credit: EPA/RONALD WITTEK
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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6 maggio 2024 Aggiornato alle 18:00

A un mese dalle elezioni europee, che si terranno tra il 6 e il 9 giugno 2024, Transparency International EU ha esaminato le attività svolte dai 705 membri del Parlamento europeo fuori il Parlamento: è emerso che il 70% ha un secondo lavoro, retribuito o non retribuito; il 26% è stato pagato per questo e 6 eurodeputati hanno guadagnato più del loro stipendio lordo annuale da eurodeputati di 120.900 euro. L’analisi, pubblicata dal gruppo che fa parte parte del movimento globale contro la corruzione Transparency International, che comprende oltre 100 sezioni in tutto il mondo, “apre a una serie di rischi di conflitto di interessi”, si legge nel rapporto: “come possono i cittadini europei essere sicuri che i loro rappresentanti eletti agiscano nell’interesse pubblico, se sono assunti da società esterne?”.

Dopo lo scandalo rinominato Qatargate, che 18 mesi fa ha coinvolto diversi funzionari del Parlamento europeo accusati di corruzione, riciclaggio di denaro e appartenenza a un’organizzazione criminale, l’Ue ha inasprito le sue regole, imponendo ai legislatori di pubblicare maggiori dettagli sui propri guadagni esterni. Tuttavia, per Transparency International EU le nuove regole non sono ancora sufficienti per evitare conflitti di interessi.

“Gli eurodeputati avrebbero potuto riformare le loro regole interne e vietare i lavori secondari retribuiti. Hanno scelto di non farlo”, spiega il gruppo. Le dichiarazioni, “rappresentano un passo indietro rispetto a quelle precedenti, perché ora i deputati sono tenuti a dichiarare solo i redditi secondari superiori alla soglia di 5.000 euro all’anno, mentre prima erano tenuti a dichiarare qualsiasi reddito percepito”.

Le nuove dichiarazioni pubbliche (che arrivano fino al 24 aprile 2024), visibili nel database Integrity Watch EU, rivelano che i parlamentari europei svolgono un totale di 1.751 attività collaterali, ovvero una media di 2 per ogni deputato. Più di 1 su 4 ha un’attività secondaria retribuita. In totale, le entrate collaterali annuali degli eurodeputati ammontano a ben 8.707.651,81 euro all’anno. L‘eurodeputato medio con guadagni extra svolge 4 attività, retribuite e non retribuite, mentre 23 deputati ne hanno dichiarate più di 10. “Questo non solo rende confusa la linea di demarcazione tra interessi personali e priorità politiche, ma invita anche a interrogarsi sulle vere motivazioni che stanno alla base delle azioni degli eurodeputati”, avverte Transparency International EU.

Tra i 6 membri che guadagnano di più con la seconda occupazione che come legislatori dell’Ue, in cima alla classifica c’è l’eurodeputato lituano Viktor Uspaskich, che siede tra i banchi del Parlamento europeo come indipendente. I suoi guadagni “extra” ammontano a più di 3 milioni di euro all’anno grazie a un’attività immobiliare. Uspaskich è stato espulso dal gruppo liberale Renew nel 2021 a causa di commenti omofobi e l’anno scorso è stato denunciato dall’emittente pubblica lituana per aver dato soldi a un sito web che promuoveva teorie cospirative sulla guerra in Ucraina e sui vaccini Covid.

Poi c’è un altro politico che ha uno stipendio extra che equivale a quello da eurodeputato: si tratta del francese Jérôme Rivière, membro del Parlamento europeo dal 2019 quando venne eletto con il National Front di Marine Le Pen. In seguito o si è unito al partito Riconquête del politico di estrema destra Èric Zemmour, prima di registrarsi nuovamente come indipendente nel 2023. Il suo reddito annuo esterno stimato, legato al suo coinvolgimento in una società di servizi finanziari, è di 220.248,00 euro. Al terzo posto c’è l’ungherese László Trócsányi, ex ministro della giustizia a Budapest e membro del partito di estrema destra al Governo Fidesz. Guadagni stimati extra: 171,637.84 euro, provenienti dal rettorato universitario e dal lavoro accademico.

Poco sotto c’è lo stipendio stimato del tedesco Manfredi Weber (170,640.00 euro), che dichiara 13 attività extra. Il primo deputato italiano si trova al 9° posto, con 111,120.00 euro: si tratta del leghista Angelo Ciocca, che a metà marzo si è presentato a Strasburgo con fischietto e cartellino rosso (come un arbitro), interrompendo i lavori parlamentari. Poi è stato allontanato dall’Aula. L’eurodeputato dichiara 8 attività extra dalle quali si stima che abbia guadagnato 111,120.00 euro nel 2023. Al 17° posto un’altra italiana, Paola Ghidoni, ancora della Lega: le sue quattro attività alternative le frutterebbero 95,621.00 euro di extra all’anno.

La stragrande maggioranza delle attività (82%) sono iscrizioni ai consigli di amministrazione, spiega Transparency International EU, che ha scoperto che solo il 5% delle attività sono partecipazioni o partnership commerciali. L’analisi rivela anche che “gli eurodeputati del centro e di destra e di estrema destra”, ovvero RE (il gruppo politico liberale Renew Europe), PPE (Partito Popolare Europeo, di centro-destra), ECR (Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei), ID (Identité et démocratie, di destra ed estrema destra) “hanno maggiori probabilità di avere incarichi collaterali retribuiti e di guadagnare in media più soldi rispetto a quelli di sinistra. I membri non allineati (NA) hanno un reddito secondario medio così alto dovuto in gran parte a un unico deputato europeo: il lituano Viktor Uspaskich guadagna circa tre milioni di euro all’anno”.

Raphaël Kergueno, autore principale dello studio di Transparency International EU, ha spiegato che «ci sono attività che potrebbero favorire, potenzialmente, un conflitto di interessi». Più della metà dei 20 Paesi che guadagnano di più (con 13 eurodeputati) hanno votato contro un emendamento che avrebbe vietato i lavori secondari presso le organizzazioni iscritte nel registro dei lobbisti dell’Ue. Oltre il 90% del gruppo di centrodestra PPE e degli euroscettici conservatori e riformisti europei (ECR) si è opposta, facendo fallire il progetto di legge. Transparency International vuole assicurarsi “che non ci siano conflitti di interessi”, ma anche che “i rappresentanti eletti lavorino a tempo pieno per i cittadini e non necessariamente per i loro interessi privati”.

Per questo il gruppo chiede al prossimo Parlamento europeo, che inizierà il suo mandato a luglio dopo le elezioni, di vietare tutti i lavori secondari, retribuiti e non. In assenza di questo divieto, si dovrebbero richiedere informazioni più chiare nelle dichiarazioni degli interessi privati ​​degli eurodeputati, e controllare in modo approfondito le dichiarazioni. “In caso di conflitto di interessi percepito, ai deputati non dovrebbe essere consentito ricoprire alcuna carica di potere correlata a tale conflitto, incluso quello di relatore o relatore ombra su un fascicolo”.

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