Diritti

La Gen Z è più attenta a evitare gli stereotipi di genere in famiglia

L’analisi di Henkel in collaborazione con Eumetra, che ha coinvolto 2.000 persone tra i 18 e i 55 anni, mostra che l’80% dei giovani intervistati crede che ci si debba occupare in modo equo delle necessità familiari
Credit: Polina Tankilevitch 
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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17 aprile 2024 Aggiornato alle 09:00

Quanto siamo condizionati dagli stereotipi di genere a casa, nello studio, nel lavoro e nel tempo libero? È ciò che si è chiesto Henkel Italia, l’azienda attiva nel settore chimico, della cura dei capelli, del bucato e della pulizia della casa, che insieme a Eumetra ha realizzato la seconda edizione dell’Osservatorio Genere e Stereotipi. La ricerca ha coinvolto un campione di 2.000 persone tra i 18 e i 55 anni, parte della community di DonnaD, Amica Fidata, il magazine online di Henkel Italia.

Quest’anno, a differenza della scorsa edizione, l’azienda ha previsto anche un approfondimento su 100 casi tra i 15 e 25 anni rappresentativi della Gen Z, che «non è la generazione preponderante in azienda, ma è molto importante e mostra dati incoraggianti», spiega Maria Panajia, presidente e amministratrice delegata di Henkel Italia.

Per quanto riguarda la scuola, secondo i dati emersi, almeno uno tra gli indirizzi di istruzione superiore ha una connotazione di genere per il 52% delle donne e il 64% degli uomini. Lo stesso vale per le facoltà universitarie (30% delle donne vs 46% degli uomini). Vale la convinzione, secondo quanto emerge, che maschi e femmine abbiano “predisposizioni diverse”: lo sostiene il 53% degli uomini, il 52% delle donne, il 45% dei ragazzi e il 38% delle ragazze della Gen Z. Oppure “capacità pratiche” diverse per il 43% degli uomini, il 33% delle donne, il 42% dei ragazzi della Gen Z e il 32% delle ragazze. O ancora per “capacità cognitive diverse”: lo crede il 27% degli uomini, il 26% delle donne, il 33% dei ragazzi e il 25% delle ragazze della Gen Z. Le materie Stem, inoltre, continuano a essere ritenute più indicate per la popolazione maschile.

Per quanto riguarda il lavoro, il 62% delle donne ritiene che esistano professioni per uomini e altre per donne, sintomo di uno stereotipo di genere così interiorizzato che è difficile rendersene conto. Il 56% delle donne ritiene di avere una retribuzione bassa rispetto ai colleghi uomini e solo il 38% delle lavoratrici pensa di ricevere uno stipendio equo. Ma 7 donne su 10 non hanno mai chiesto una promozione o un aumento e 8 su 10 non si sono mai proposte per una nuova mansione. Anche questo è sintomo di uno stereotipo di genere interiorizzato.

Il divario di genere, però, è anche nelle percezioni: il 33% delle donne dichiara di aver dovuto dare priorità alla famiglia a discapito della carriera, contro il 25% degli uomini che afferma di aver fatto delle rinunce in questo senso, ma solo il 5% è rimasto a casa. Una sorta di ipocrisia maschile che potrebbe provenire dai modelli organizzativi della famiglia d’origine che prevedono una separazione dei compiti tra uomini e donne in base al loro genere.

In casa, infatti, i ruoli sono ancora definiti in questo senso: le donne, confermano i dati, continuano a sostenere il peso maggiore dei lavori domestici e della cura della famiglia, mentre gli uomini hanno ancora un ruolo decisivo nelle questioni finanziarie ed economiche. Il 67% delle donne, mostrano i dati dell’Osservatorio, accompagna i figli dai pediatri, il 75% tiene i contatti con la scuola. Il 38% degli uomini intervistati dice di fare le pulizie con la partner, ma solo il 23% delle compagne lo conferma.

Il divario di genere si incontra anche nella gestione del denaro: solo in 1 famiglia su 3 i partner contribuiscono in modo paritario al reddito, con il 37% degli uomini che dice di occuparsi in via esclusiva dei rapporti con la banca. Un dato cresciuto di 14 punti percentuali rispetto al 2022. Il 38% degli intervistati sostiene di gestire da solo le bollette e le altre spese della casa (+18 punti rispetto a due anni fa). La gestione economica dei soldi incontra stereotipi di genere fin da quando siamo piccoli: il 64% dei maschi dice di ricevere la paghetta contro il 53% delle femmine.

Dai dati dell’Osservatorio emerge che il peso nella gestione delle attività in casa sarebbe motivato dal differente contributo al reddito famigliare, con il 18% degli intervistati che ritiene che chi guadagna di più (l’uomo nel 64% dei casi) influenzi le decisioni economiche della famiglia. Da questa tendenza, però, si dissocia l’80% della Generazione Z, che crede in una divisione paritaria dei compiti in famiglia. Ciò accade nonostante gli stereotipi di genere influenzino anche l’educazione dei figli: il 47% dei papà è condizionato nelle scelte dei giocattoli per i propri bambini, contro il 62% delle mamme che ritiene che i giocattoli non abbiano genere. Il 66% dei padri non regalerebbe una bambola a un figlio. Il 68% degli uomini intervistati, però, ritiene necessario impegnarsi perché tutte le attività di casa siano insegnate ai figli a prescindere dal genere. Un dato che, tra i rispondenti della Gen Z, sale al 100%.

In questo senso le aziende «hanno un ruolo sociale, la sostenibilità deve essere non solo economico finanziaria, ma anche sociale - spiega Panajia - In Henkel da sempre portiamo avanti un impegno tangibile per favorire la concreta alla parità di genere. A questo proposito abbiamo esteso il congedo parentale per i neopapà, portando a un totale di 8 settimane, retribuite al 100%. Un significativo impegno per permettere ai padri di essere parte della vita dei loro figli fin dall’inizio, un desiderio sentito e sempre più espresso dalle giovani famiglie».

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