Diritti

Il Gambia potrebbe revocare il divieto alle mutilazioni genitali femminili

Lunedì i legislatori hanno rimandato la decisione sull’annullamento del disegno di legge che vieta le Mgf, in vigore dal 2015. Il Paese potrebbe diventare il primo a ritirare le tutele contro questa pratica
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
20 marzo 2024 Aggiornato alle 13:00

All’inizio di marzo il deputato gambiano Almameh Gibba ha presentato un disegno di legge per abrogare un divieto in vigore dal 2015: quello relativo alle mutilazioni genitali femminili. Lunedì l’Assemblea nazionale ha deciso di rinviare di almeno 3 mesi il voto sulla possibilità di revocare il divieto. La mutilazione genitale femminile, per ora, rimane illegale in Gambia. Ma che cosa accadrà tra 90 giorni? Il Paese potrebbe diventare il primo ad annullare il divieto delle mutilazioni genitali femminili.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Unicef, pubblicato in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, più di 230 milioni di ragazze e donne in vita sono state sottoposte alla pratica, un aumento di circa 30 milioni rispetto a 8 anni fa: oltre 144 milioni in Africa, più di 80 milioni in Asia e oltre 6 milioni in Medio Oriente. Ogni anno la subiscono 4 milioni di ragazze. La Mgf prevede la rimozione parziale o totale dei genitali esterni, spesso del clitoride o delle labbra. Solitamente se ne occupano “professionisti” della comunità che usano strumenti rudimentali come le lamette da barba (senza anestesia); più raramente le praticano operatori sanitari. L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita una “violazione dei diritti umani delle ragazze e delle donne”.

La mutilazione genitale femminile può causare gravi emorragie, infezioni, morte e complicazioni durante il parto. In Gambia, secondo i dati diffusi dall’Unicef, il 73% di donne e ragazze tra i 15 e i 49 anni ha subito la pratica. I Paesi che presentano le percentuali più alte sono la Somalia, la Guinea e il Djibouti, con rispettivamente il 99%, il 95% e il 90%. Il Gambia è uno dei Paesi che non hanno registrato alcun progresso negli ultimi 30 anni.

L’indagine demografica e sanitaria del 2019-2020 realizzata dall’Ufficio di Statistica del Gambia e finanziata da diverse agenzie delle Nazioni Unite come Unicef, Unfpa (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione), Undp (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), ma anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da Action Aid International, ha rilevato che 5 bambine su 10 nella fascia d’età 0-14 anni hanno subito la pratica, e il dato aumenta per la fascia 15-49 anni (più di 7 su 10). Dal sondaggio emerge anche che l‘89% delle donne e il 65% degli uomini sanno che la mutilazione genitale femminile è illegale. Questa consapevolezza aumenta con l’età.

La legge in vigore in Gambia, un Paese da 3 milioni di abitanti a maggioranza musulmana che sorge nel nord ovest dell’Africa, nel bel mezzo del Senegal, prevede che chi viene condannato per aver praticato la mutilazione genitale femminile rischia fino a 3 anni di carcere e una multa di 50.000 dalasi (poco più di 678 euro), o entrambi. Se la pratica provoca la morte della vittima, l’autore del reato rischia l’ergastolo. Ad agosto dello scorso anno 3 donne sono state multate per aver mutilato 8 bambine, diventando le prime persone condannate ai sensi della legge. Questo caso ha riaperto il dibattito sul tema. Il divieto è stato adottato durante la presidenza di Yahya Jammeh, che definiva la pratica obsoleta e non richiesta dall’Islam.

Il disegno di legge, che verrà discusso nel giro di 3 mesi ed è appoggiato dai conservatori religiosi, sostiene che la Mgf “cerca di sostenere la purezza religiosa e salvaguardare norme e valori culturali”. Il Consiglio islamico supremo del Gambia, il massimo organismo islamico del Paese, ha definito questa pratica “una delle virtù dell’Islam”.

Il Parlamento del Paese, composto da 58 deputati, conta 5 donne. Lunedì i voti favorevoli all’invio del disegno di legge a una commissione parlamentare per un ulteriore esame prima di una terza lettura sono stati 42. Gli attivisti e le organizzazioni per i dritti umani hanno avvertito che la revoca del divieto potrebbe danneggiare anni di lavoro contro una procedura eseguita nell’errata convinzione che avrebbe controllato la loro sessualità. Il Gambia è uno dei 28 Paesi sub-sahariani in cui viene ancora praticata la mutilazione genitale femminile, nonostante la legge lo vieti.

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