Diritti

Russia: chi sono gli altri Navalny?

L’elenco delle persone assassinate o morte in circostanze misteriose dopo essersi opposte al presidente Putin conta decine di nomi. Ma c’è ancora chi resiste
Credit: EPA/NILS MEILVANG
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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19 febbraio 2024 Aggiornato alle 13:35

Aleksei Navalny è morto in una remota colonia penale artica alle 14:17 di venerdì 16 febbraio. Le autorità russe lo hanno comunicato a sua madre e alla sua portavoce, Kira Yarmysh, che sostiene sia stato “assassinato” e che non sa dove si trovi il suo corpo. A meno di un mese dalle elezioni che, quasi certamente, conferiranno altri 6 anni di potere a Putin, la scomparsa di Navalny priva l’opposizione del più noto critico del Cremlino e del primo leader antigovernativo a ricevere una lunga pena detentiva negli ultimi anni.

Ma la morte di un oppositore come Navalny non è una novità in Russia: altri, prima di lui, sono stati uccisi o sono morti in quelle che agli occhi più ingenui o annebbiati possono apparire delle “circostanze misteriose”.

Nel 2006 l’ex agente del KGB Alexander Litvinenko muore a Londra per avvelenamento da polonio-210 dopo aver bevuto del tè verde altamente radioattivo durante un incontro in un hotel con l’allora membro del parlamento russo Andrei Lugovoy e l’agente del KGB Dmitry Kovtun. In una sentenza del 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto Mosca colpevole del suo omicidio, decretando che Lugovoy e Kovtun avevano operato “come agenti dello Stato russo”.

Quello stesso anno Anna Politkovskaja viene uccisa a colpi di arma da fuoco nel condominio in cui viveva, fuori dal suo appartamento a Mosca, una volta tornata dal supermercato. Per l’omicidio della famosa giornalista di Novaya Gazeta, esperta delle violazioni dei diritti umani in Cecenia, vengono condannati all’ergastolo due uomini e altri tre a lunghe pene detentive.

Tre anni dopo l’attivista per i diritti umani Natalya Estemirova, che in Cecenia indagava sulle stesse tematiche di cui si occupava Politkovskaja, viene raggiunta da diversi proiettili alla testa e al petto mentre sta andando alla fermata dell’autobus. In una sentenza del 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che le autorità russe non hanno indagato adeguatamente sul suo omicidio. Nel 2009 l’avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov e la giornalista di Novaya Gazeta Anastasia Baburova vengono uccisi da un uomo col volto coperto nei pressi del Cremlino: le autorità hanno puntato il dito contro un gruppo neonazista.

Nel 2015 Boris Nemtsov, un importante leader dell’opposizione, ex governatore regionale riformista e vice primo ministro, viene assassinato nel centro di Mosca, su un ponte vicino al Cremlino, con quattro colpi di arma da fuoco. Stava lavorando a un rapporto sulla portata dell’ingerenza di Mosca nella vicina Ucraina.

Poi ci sono le morti sospette: nel 2013 l’ex membro del Cremlino diventato poi critico del governo Boris Berezovsky viene trovato impiccato nel bagno di casa sua ad Ascot, nel Regno Unito, dove si era trasferito all’inizio degli anni 2000. Nel 2015 un altro ex membro del Cremlino, Mikhail Lesin, fondatore della rete televisiva in lingua inglese RT, ex Russia Today, viene trovato morto in una stanza d’albergo a Washington DC. I media statali russi parlano di un attacco di cuore, ma una autopsia statunitense conclude che la morte sia avvenuta per ferite da corpo contundente.

Quelli elencati sono solo alcuni degli omicidi che hanno coinvolto oppositori e oppositrici del Cremlino negli ultimi anni. Nella lista mancano i tentativi falliti, come quello nei confronti di Sergei Skripal, ex ufficiale dell’intelligence militare russa che era diventato un doppio agente per il Regno Unito: riuscì a sopravvivere a un avvelenamento con un agente nervino chiamato novichok a Salisbury. Nel 2020 accadde anche a Alexei Navalny, che si sentì male durante un volo dalla Siberia a Mosca: venne usato lo stesso veleno, e l’oppositore russo venne poi curato in Germania.

E, infine, ci sono coloro che rimangono a portare avanti le battaglie di Navalny e non solo: in primis la Anti-corruption Foundation, l’organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 2011 da Navalny per denunciare la corruzione politica dilagante in Russia. I suoi collaboratori, che hanno continuato a lavorare anche senza di lui, durante la sua prigionia e il periodo di guarigione, continueranno a lavorare dall’estero. Molti altri, come loro, sono fuggiti dalla Russia per evitare la repressione di Mosca. La moglie di Navalny, Yulia Navalnaya, ha pubblicato un video su X in cui accusa Putin di aver ucciso suo marito e annuncia che continuerà il lavoro di Alexei e “a lottare per il nostro Paese”.

Tra le fila dell’opposizione, riporta Associated Press, si trova anche Mikhail Khodorkovsky, un ex magnate in esilio a Londra, fondatore dell’organizzazione politica anti-Putin Open Russia, che sostiene democrazia e diritti umani: ha trascorso dieci anni in prigione in Russia dopo aver sfidato il Governo di Putin nei primi anni 2000.

Vladimir Kara-Murza, 42 anni, è in prigione dal 2022: ex giornalista e oggi importante politico dell’opposizione, è stato condannato a 25 anni di reclusione (che sta scontando in una colonia penale siberiana) con l’accusa di tradimento; è stato uno stretto collaboratore di Nemtsov, assassinato nel 2015, e sostiene di essere sopravvissuto a una serie di tentativi di avvelenamento quello stesso anno.

Dal 2022 è in prigione anche Ilya Yashin, un membro del consiglio municipale di Mosca alleato di Navalny: è stato condannato a 8 anni e mezzo di detenzione per “diffusione di false informazioni” sull’esercito russo, un crimine nato nel marzo 2022 a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

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