Diritti

Le famiglie degli ostaggi israeliani denunciano Hamas per crimini di guerra

Circa 100 persone guidate dall’Hostage and Missing Families Forum hanno chiesto alla Corte Penale Internazionale di perseguire il gruppo politico per gli attacchi del 7 ottobre 2023. Netanyahu, intanto, dichiara che non parteciperà più ai negoziati per la liberazione
Credit: Tayfun Salci/ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
15 febbraio 2024 Aggiornato alle 15:00

Bring them home now”. Tradotto: “portateli a casa adesso”. Con queste parole l’Hostage and Missing Families Forum, un gruppo istituito dalle famiglie dei cittadini e delle cittadine israeliani rapiti dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, chiede la liberazione degli almeno 130 ostaggi che Israele ritiene siano ancora nelle mani del gruppo militante da quattro mesi. Il messaggio dell’Hmff è apparso anche sulle fotografie delle persone sequestrate tenute in mano dai parenti durante una manifestazione che si è tenuta il 14 febbraio all’Aia: circa 100 persone, tra cui due ex ostaggi, si sono riunite davanti alla Corte Penale Internazionale per chiedere che il tribunale per crimini internazionali con sede nei Paesi Bassi persegua Hamas per crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità.

Per molte delle famiglie che si sono presentate all’Aia si tratta di una questione di responsabilità e di un ulteriore sforzo per richiamare l’attenzione sulle persone ancora in prigionia. L’accusa, però, non riguarda solo il rapimento dei cittadini e delle cittadine israeliani, ma anche gli omicidi e le violenze sessuali perpetrati durante l’attacco del 7 ottobre scorso. Karim Khan, il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, sta indagando su potenziali crimini di guerra commessi sia da Hamas che da Israele a partire da quella data, ma non ha ancora presentato alcuna accusa ufficiale.

All’Aia, stavolta presso la Corte internazionale di giustizia (ICJ), è stata intentata una causa nei confronti di Israele da parte del Sudafrica per aver “violato i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio” durante gli attacchi a Gaza. L’11 febbraio il ministero della Salute della Striscia di Gaza - controllato da Hamas - ha aggiornato il bilancio dei morti dal 7 ottobre: da allora sarebbero morte 28.176 persone.

Durante il raid di Hamas del 7 ottobre, secondo il bilancio delle vittime fornito da Israele, sono state uccise 1.139 persone, tra cui 695 civili. Tra gli oltre 240 ostaggi catturati nel sud di Israele, circa la metà sono stati liberati, quasi tutti durante uno scambio con altrettanti prigionieri e detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Dei 136 ostaggi catturati almeno 31 sarebbero morti: un rapporto dell’intelligence israeliana visionato dal New York Times ha riferito che alcune delle operazioni di salvataggio delle forze speciali israeliane non hanno avuto successo e altre sono state responsabili della morte delle persone rapite; almeno 3 ostaggi sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante le sue operazioni di terra, un altro durante un’operazione di salvataggio fallita, altri ancora dai bombardamenti israeliani.

Oltre all’appello dei familiari guidati dal gruppo Hostage and Missing Families Forum, che chiede “il ritorno sicuro di tutti i cittadini presi in ostaggio” 131 giorni fa e che ha raccontato alla Cnn del proprio desiderio che Hamas venga ritenuta responsabile dei crimini commessi contro le loro famiglie, c’è anche quello di chi chiede al Parlamento israeliano di intraprendere azioni più decisive per garantire il rilascio dei prigionieri, come accaduto a gennaio, quando alcune persone hanno preso d’assalto una riunione in corso alla Knesset.

Altri si rivolgono direttamente al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu: «È tutto nelle tue mani», ha detto la scorsa settimana, durante una conferenza stampa a Tel Aviv, la 72enne Adina Moshe. In molti, come lei, temono che gli ostaggi rimasti verranno uccisi mentre Netanyahu continua a respingere le proposte di accordo formulate da Hamas.

Il 14 febbraio, dopo un incontro tra i rappresentanti di Hamas e Israele al Cairo, in Egitto, il Primo Ministro ha pubblicato un video su X in cui annuncia che, per ora, i negoziati per la liberazione degli ostaggi non possono proseguire. “Solo una forte pressione militare e negoziati decisi porteranno alla liberazione dei nostri rapiti”, ha scritto Netanyahu. Queste dichiarazioni hanno fatto capire che Israele non parteciperà all’altro negoziato previsto per giovedì 15 febbraio. L’Hostage and Missing Families Forum l’ha definita «una condanna a morte» per gli ostaggi ancora in vita.

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