Diritti

Guerra Israele-Hamas: la più mortale per gli operatori umanitari dell’Onu

Gli 89 dipendenti morti dell’Unrwa rendono il conflitto il più letale di sempre per le Nazioni Unite. «Il numero aumenta ogni giorno», ha dichiarato la portavoce Juliette Touma
Dei palestinesi si riuniscono sul luogo di un attacco israeliano a una casa nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, il 4 novembre 2023. 
Dei palestinesi si riuniscono sul luogo di un attacco israeliano a una casa nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, il 4 novembre 2023.  Credit: Reuters
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
8 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

“Nelle ultime settimane altri operatori umanitari sono stati uccisi più che in qualsiasi altro periodo paragonabile nella storia della nostra organizzazione. Mi unisco al lutto degli 89 colleghi della nostra Unrwa, che sono stati uccisi a Gaza, molti dei quali insieme a membri della loro famiglia”. Le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, affidate a un tweet condiviso sulla piattaforma X, sanciscono la guerra in corso tra Israele e Hamas come la più mortale di sempre per gli operatori umanitari dell’Onu. In particolare, le vittime lavoravano per la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.

Nel giro di sole 24 ore sono stati uccisi almeno 6 operatori umanitari dell’Unrwa, “morti a causa di bombardamenti nelle zone Nord, Centro e Sud della Striscia di Gaza - ha documentato il 5 novembre l’agenzia Onu - Una collega è rimasta gravemente ferita a causa di un bombardamento che ha colpito la sua abitazione; suo marito e i tre figli sono rimasti uccisi”.

Oltre alle 89 vittime finora accertate, ce ne sarebbero almeno altre 25 ferite dall’inizio delle ostilità, il 7 ottobre 2023. Juliette Touma, portavoce dell’Unrwa ha detto al New York Times che «il numero aumenta ogni giorno. Vengono uccisi nel nord, nel centro e nel sud, uomini e donne, alcuni a casa, altri nei rifugi per sfollati, altri mentre portano i rifugiati nei rifugi». Un membro dello staff, per esempio, «è stato ucciso mentre aspettava in fila per il pane e un altro è stato ucciso a casa con la moglie e i suoi 8 figli. La maggior parte lavorava nelle scuole dell’agenzia a Gaza».

Oltre agli operatori umanitari dell’Unrwa, riporta il Guardian, almeno 150 operatori sanitari sono stati uccisi a Gaza, di cui 16 mentre erano in servizio, e 18 che lavoravano per il servizio di emergenza per la protezione civile di Gaza. «A tutti i livelli, abbiamo a che fare con un disastro sanitario, dal tipo di ferite al numero di feriti. Abbiamo già perso 150 membri del personale medico, uccisi da Israele durante gli attacchi aerei - ha detto al quotidiano britannico Marwan Abu Saada, chirurgo senior dell’ospedale Dar al-Shifa - La situazione è disastrosa. Abbiamo capacità pari a zero».

A fine ottobre la Caritas ha riportato la morte di un’operatrice di 26 anni, Viola, con il marito e la figlia neonata, quando un attacco aereo ha colpito la chiesa ortodossa di San Porfirio, che ospitava circa 500 persone, tra cui 5 membri del personale dell’organizzazione e le loro famiglie.

Dall’attacco sferrato da Hamas contro Israele più di un mese fa, a cui le forze di difesa israeliane hanno risposto con bombardamenti che si abbattono senza sosta sulla popolazione civile della Striscia di Gaza, il numero confermato di installazioni dell’Unrwa danneggiate è 48. Le persone sfollate sono quasi 1,5 milioni: quasi la metà (717.000) si stanno rifugiando in 149 installazioni dell’agenzia Onu, ha riferito la stessa Unrwa, in tutti e 5 i governatorati di Gaza, compreso il nord. “Oltre 557.000 sfollati interni trovano rifugio in 92 strutture nelle aree di Middle, Khan Younis e Rafah”, mentre “quasi 160.000 sfollati interni si trovavano rifugiati in 57 scuole dell’Unrwa nel nord e nelle aree di Gaza al 12 ottobre 2023, prima che l’ordine di evacuazione fosse emesso dalle autorità israeliane”. L’agenzia sostiene di non poter accedere a questi rifugi per assistere o proteggere gli sfollati interni e di non disporre di informazioni sui loro bisogni e condizioni.

Il 5 novembre “un totale di 25 camion che trasportavano forniture umanitarie, comprese forniture mediche, cibo e acqua potabile, sono entrati nella Striscia di Gaza attraverso Rafah, portando il numero totale di camion a 476”: 8 di questi camion erano dell’Unrwa e “hanno contribuito allo stoccaggio e alla distribuzione, in collaborazione con altre agenzie delle Nazioni Unite”. Tuttavia, si tratta di “una goccia nell’oceano rispetto agli enormi bisogni di oltre 2 milioni di persone intrappolate a Gaza”, in cui non entra carburante da un mese: l’impatto su ospedali, panifici, impianti idrici e operazioni dell’Unrwa è gravissimo.

Domenica i leader delle agenzie Onu hanno chiesto un cessate il fuoco immediato e l’accesso umanitario al territorio, rivolgendosi sia a Israele che ad Hamas e invitandoli a rispettare il diritto internazionale. “I civili e le infrastrutture su cui fanno affidamento - compresi ospedali, rifugi e scuole - devono essere protetti. Più aiuti - cibo, acqua, medicine e naturalmente carburante - devono entrare a Gaza in modo sicuro, rapido e nella misura necessaria, e devono raggiungere le persone bisognose, soprattutto donne e bambini, ovunque si trovino”.

I firmatari della dichiarazione congiunta, tra cui il commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite Volker Turk, il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus e il capo degli aiuti delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, hanno dichiarato: “Sono passati 30 giorni. Quando è troppo è troppo. Tutto questo deve finire ora”.

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