Diritti

Striscia di Gaza: com’è viverci?

È una delle zone più densamente popolate del mondo: 2,2 milioni di persone in un territorio lungo 41 km e largo 10 km. L’80% della popolazione aveva bisogno di aiuti umanitari già prima dell’attacco di Hamas
Una veduta aerea del complesso che ospita l'ospedale Ahli Arab a Gaza City dopo un'esplosione che ha provocato centinaia di morti, secondo Hamas. Non è ancora chiaro chi ci sia dietro l'attacco. 
Una veduta aerea del complesso che ospita l'ospedale Ahli Arab a Gaza City dopo un'esplosione che ha provocato centinaia di morti, secondo Hamas. Non è ancora chiaro chi ci sia dietro l'attacco.  Credit: Shadi Al-Tabatibi/AFP
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
23 ottobre 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 9 ottobre il ministro della Difesa Yoav Gallant ha ordinato un «assedio completo» della Striscia di Gaza: «Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante. Stiamo combattendo animali umani e ci comportiamo di conseguenza». La risposta di Israele all’attacco di Hamas del 7 ottobre ha peggiorato la già terribile situazione umanitaria a Gaza: secondo le Nazioni Unite circa 2,1 milioni di palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati, compreso l’80% della popolazione di Gaza, dipendevano già in precedenza dall’assistenza umanitaria.

“Un assedio totale su Gaza porterà a una catastrofe umanitaria”, aveva avvertito l’Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni no profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, e che opera nei Territori Palestinesi Occupati e in Israele dagli anni ‘50. «Le condizioni di vita dei civili a Gaza - ha dichiarato Amitabh Behar, Direttore Esecutivo a Interim di Oxfam International - sono giunte a livelli insopportabili. In alcuni casi, si registrano fino a 70 persone stipate in una singola stanza, dove lo spazio vitale è ridotto a una mera illusione».

Cibo, acqua, carburante e forniture mediche stanno per esaurirsi definitivamente. Le forniture elettriche sono ancora sospese e l’unica centrale elettrica di Gaza è chiusa perché rimasta senza carburante. Prima del conflitto, secondo le Nazioni Unite, le famiglie ricevevano elettricità solo per 13 ore in media al giorno. Anche il consumo medio di acqua è drasticamente sceso: l’Oms stima che sia di 3 litri a persona. Israele ha tagliato gran parte della sua fornitura di acqua pulita, spiega la Bbc. Prima del 7 ottobre era di 84, di cui solo 27 potabili. Il requisito minimo sarebbe di 100 a testa.

La situazione è degenerata da quando Israele ha intimato ai civili di evacuare l’area di Gaza: il valico di frontiera di Erez verso il Paese di Netanyahu è rimasto chiuso, e circa 1,1 milioni di persone sono state costrette a dirigersi verso sud. In media, ha calcolato la Bbc, ci sono più di 5.700 persone per km² a Gaza, ma questa cifra supera le 9.000 a Gaza City, che è la zona più densamente popolata della Striscia.

Gli attacchi aerei lanciati da Israele in risposta ad Hamas hanno causato danni enormi: secondo i dati più recenti di Unosat, che esamina immagini satellitari, nella zona a nord del fiume Wadi Gaza ci sarebbero circa 927 strutture distrutte, 1.216 strutture gravemente danneggiate e 3121 moderatamente danneggiate. Si tratta di circa il 15% di tutti gli edifici della regione. A luglio il Global Shelter Cluster, la cui missione è aiutare le persone colpite dalla crisi a vivere in rifugi e insediamenti sicuri, dignitosi e adeguati, stimava che, ancor prima dell’attacco del 7 ottobre, a Gaza dovessero essere costruite 120.000 unità per fornire riparo all’intera popolazione.

Non tutti, però, hanno accettato di evacuare Gaza City: la Bbc ha raccontato le storie di chi non vuole o non può farlo. Un uomo, insieme alla sua moglie e ai suoi 4 figli, ha deciso di rimanere perché vede alternative: «Ci è stato chiesto di fuggire verso sud, dove dovremmo andare io e la mia famiglia?». Altri temono che, se fuggiranno, non saranno mai più autorizzati a tornare. «Chi va al sud si sbaglia», ha detto un altro residente.

Amnesty International ha lanciato l’ennesimo appello di cessate il fuoco e ha definito l’attuale escalation di violenza in Israele e a Gaza “senza precedenti”. La Ong ha documentato “attacchi israeliani illegali, compresi attacchi indiscriminati, che hanno causato vittime civili di massa e devono essere indagati come crimini di guerra”. «Per 16 anni, il blocco illegale di Israele ha reso Gaza la più grande prigione a cielo aperto del mondo: la comunità internazionale deve agire ora per evitare che diventi un gigantesco cimitero», ha dichiarato Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Finora, secondo fonti ufficiali israeliane citate dalle Nazioni Unite, circa 1.300 israeliani sono stati uccisi e più di 4.100 feriti. Un funzionario di Hamas sostiene che il gruppo tenga in ostaggio più di 200 israeliani, che secondo le forse di difesa israeliane sarebbero per la maggior parte vivi. Tra le fila dei palestinesi, ci sarebbero più di 2.800 morti e 12.000 feriti a Gaza e in Cisgiordania. Lo ha riferito il ministero della Sanità palestinese, controllato da Hamas, che ha aggiunto che 7 ospedali e 21 centri sanitari di assistenza primaria sono stati messi “fuori servizio” e 64 membri del personale medico sono stati uccisi.

Nel frattempo, Israele ha mobilitato centinaia di migliaia di riservisti (circa 300.000) in vista di una potenziale incursione di terra. L’obiettivo è “distruggere” Hamas e impedirgli di lanciare altri attacchi sul suolo israeliano. A pagarne le conseguenze, ancora una volta, saranno i civili.

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