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X è invaso dalle fake news sul conflitto in Israele

Sulla piattaforma acquistata da Elon Musk si sta abbattendo un’onda di disinformazione, tra immagini false e video tratti dai videogiochi
Credit: EPA/ETIENNE LAURENT  

Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 ottobre 2023 Aggiornato alle 17:00

Nei momenti di crisi, caos e paura, le persone cercano informazioni.

Chi lo ha fatto in queste ore per capire cosa stesse accadendo in Israele e Palestina rivolgendosi a X, però, “è stato colpito da vecchi video, foto false e filmati di videogiochi a un livello che i ricercatori non hanno mai visto”.

Ad analizzare l’elevatissimo livello di disinformazione raggiunto sulla piattaforma di Musk è David Gilbert su Wired Usa, in un lungo articolo che spiega come le fake news – un problema che sull’ex Twitter è cronico – rispetto alla guerra in Medio Oriente non abbiano precedenti.

«Per molte ragioni, questo è il momento più difficile che abbia mai avuto per coprire una crisi qui», ha scritto su X Justin Peden, un ricercatore che si occupa della ricerca, raccolta e analisi di dati e di notizie d’interesse pubblico tratte da fonti aperte (Osint) dell’Alabama noto online come The Intel Crab.

«I link credibili ora sono foto. I notiziari sul campo faticano a raggiungere il pubblico senza un costoso segno di spunta blu. Gli scagnozzi xenofobi vengono potenziati dal Ceo della piattaforma. È la fine del mondo, gente». Contenuti verificati, fonti primarie, agenzie di stampa affidabili o persone sul campo: da questo week-end trovarli su X è praticamente impossibile, spiega.

Gli utenti che cercavano informazioni sono stati bombardati da contenuti falsi: videogiochi spacciati per filmati di un attacco di Hamas, festeggiamenti con fuochi d’artificio in Algeria presentati come attacchi israeliani contro Hamas, foto del calciatore Ronaldo con in mano la bandiera palestinese, un video della guerra civile siriana risalente a 3 anni fa presentato come una ripresa girata nelle ultime ore.

Non c’è niente di vero, eppure molti di questi contenuti hanno raccolto centinaia di migliaia di visualizzazioni ed engagement, mentre l’informazione annega sotto una marea di fake news.

«Sta diventando incredibilmente difficile trovare persone che vivono effettivamente in Palestina o nel sud di Israele», ha detto Peden a Wired. «È stato incredibilmente difficile trovare le informazioni preliminari e condividere video e foto. C’è questa tempesta perfetta in cui sul campo le fonti preliminari non vengono amplificate, soprattutto quelle che non parlano inglese, che rappresentano la grande maggioranza degli utenti in quella zona».

In cima ai feed delle persone che cercano informazioni sul conflitto ci sono invece i post degli utenti “verificati” – tradotto: quelli disposti a pagare 8$ al mese per avere la spunta blu grazie all’abbonamento premium – di cui l’algoritmo spinge la visibilità a discapito dell’accuratezza delle notizie. E l’algoritmo è stato progettato proprio per promuovere i contenuti che ottengono il massimo engagement, il che, spiega Peden, incentiva i malintenzionati a condividere disinformazione.

«I video e le immagini che vedi degli attacchi aerei sono molto prolifici», ha spiegato. «Sono molto incisivi e sfortunatamente ciò significa che il coinvolgimento funziona incredibilmente, incredibilmente bene. Queste immagini sono orribili e drammatiche e funzionano bene. Quindi c’è un incentivo da parte di altri, soprattutto quelli che cercano di spingere una narrazione per condividere un vecchio video di anni fa, solo perché la gente ama guardare quelle cose».

Secondo gli esperti, quello che sta accadendo è il risultato dei cambiamenti che Musk ha apportato alla piattaforma, inclusa la decisione di licenziare la maggior parte delle persone responsabili della lotta alla disinformazione.

«Le modifiche di Elon Musk alla piattaforma funzionano interamente a vantaggio dei terroristi e dei propagandisti di guerra», ha detto a Wired Emerson Brooking, ricercatore presso l’Atlantic Council Digital Forensics Research Lab.

«I cambiamenti nella struttura dei profitti e degli incentivi significano che c’è molta più tendenza da parte delle persone a condividere grandi volumi di informazioni che potrebbero non essere vere perché stanno cercando di massimizzare il numero di visualizzazioni. Chiunque può acquistare una di quelle piccole spunte blu e cambiare la propria immagine del profilo in qualcosa che sembri uno sbocco mediatico. Ci vuole un bel po’ di lavoro per verificare chi sta dicendo la verità e chi no».

Musk, del resto, ha promosso attivamente la disinformazione, in un tweet in cui ha suggerito “per seguire la guerra in tempo reale, @WarMonitors e @sentdefender sono ottimi”, sebbene siano conosciuti per aver diffuso in passato informazioni false. Musk ha cancellato la sua raccomandazione subito dopo averla pubblicata, ma non prima che fosse stata vista oltre 11 milioni di volte.

Il 10 ottobre, l’Unione europea ha lanciato un avvertimento al Ceo di X: se non vuole rischiare una multa pari al 6% dei suoi ricavi dalla piattaforma o un blackout totale nell’Ue deve rispettare le regole del Digital Services Act, le nuove leggi che regolano i contenuti sui social media nell’Ue.

Il commissario Thierry Breton ha scritto a Musk per esortarlo a garantire “una risposta tempestiva, accurata e completa” alla richiesta di contattare Europol, l’agenzia di polizia dell’Ue, e le “autorità competenti incaricate dell’applicazione della legge” entro 24 ore, ricordando che è necessario disporre di “misure di mitigazione proporzionate ed efficaci per affrontare i rischi per la sicurezza pubblica e il discorso civico derivanti dalla disinformazione”.

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