Diritti

Gaza: donne incinte costrette a subire il cesareo senza anestesia

Spesso chi ha partorito viene dimessa entro le 3 ore, sostiene l’associazione umanitaria CARE International che avverte: anche la vita dei bambini è a rischio, per mancanza di ospedali, latte ed elettricità
Credit: Mahmud Hams/AFP
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 novembre 2023 Aggiornato alle 12:00

Subire un’operazione senza anestesia è l’incubo di molte persone. Per le donne incinte che vivono nella Striscia di Gaza, però, è realtà.

A confermare che, mentre la crisi umanitaria sta precipitando, le donne incinte “sono sottoposte all’impensabile” è l’associazione umanitaria CARE International, che ha rivelato di avere le prove che “le donne incinte sono costrette a sottoporsi a cesareo d’urgenza senza anestetici. A causa della mancanza di capacità negli ospedali, le donne vengono dimesse entro sole 3 ore dal parto. Si prevede che una media di 160 donne incinte partoriranno ogni giorno nel prossimo mese a Gaza. L’ultima analisi rapida di genere di CARE avverte che le terribili condizioni stanno esacerbando il rischio di mortalità materna e neonatale, che è già sproporzionatamente alto a Gaza”.

Le donne incinte a Gaza, avvertivano circa 3 settimane fa le Nazioni Unite, sono circa 50.000. Donne che dovranno partorire in un sistema sanitario al collasso a causa dei bombardamenti, delle interruzioni di energia elettrica e dell’impossibilità di ricevere aiuti a causa del blocco imposto da Israele.

“Ci sono circa 130 neonati nelle incubatrici e queste non possono funzionare senza elettricità - continua CARE International - Ci sono anche gravi carenze di acqua pulita, farmaci, sangue e altre forniture. Oltre un terzo degli ospedali di Gaza e quasi due terzi delle cliniche di assistenza sanitaria di base hanno chiuso a causa di danni o mancanza di carburante”.

Alcuni ospedali, ha aggiunto Hiba Tibi, direttrice di CARE per la Cisgiordania e Gaza, hanno riportato di aver finito il latte artificiale. Non solo: le limitate scorte d’acqua devono essere bollite su legna o gas vecchio per diventare potabili. Questo è particolarmente preoccupante “perché il trauma può influenzare la capacità della madre di produrre latte. Con la diminuzione delle scorte di cibo, esiste un rischio sostanziale per la salute dei 283.000 bambini sotto i 5 anni e delle donne incinte o che allattano”.

A Gaza, essere madre è una questione di vita o di morte”, ha titolato domenica 5 novembre la Cnn. E non solo perché donne e bambini, assieme alle persone più anziane, costituiscono il 75% delle oltre 9.700 persone morte dall’inizio degli attacchi. In un lungo pezzo, infatti, i giornalisti Sana Noor Haq e Nadeen Ebrahim spiegano come “centinaia di migliaia di donne […] a Gaza si trovano a affrontare una disperata crisi sanitaria, dal momento che il blocco totale della Striscia da parte di Israele ha ridotto le forniture riproduttive fondamentali, compresi i prodotti per la gravidanza, il postpartum e le mestruazioni, nonché i beni di prima necessità come acqua potabile e cibo. Nel frattempo, le madri affermano di dover affrontare la disperata realtà di non avere modo di proteggere sé stesse, o i propri figli, dagli incessanti bombardamenti israeliani, che hanno colpito aree residenziali, ospedali e scuole”.

La crescente carenza di acqua, cibo e farmaci ha scatenato una «valanga di sofferenza umana» negli ospedali di Gaza, ha detto alla Cnn Tanya Haj-Hassan, dottoressa di terapia intensiva pediatrica che lavora con Medici Senza Frontiere. Il personale medico, ha spiegato, sta esaurendo le forniture essenziali: è costretto a curare i feriti senza anestesia o antidolorifici. Senza le forniture di carburante essenziali e con i bombardamenti in corso, quasi la metà degli ospedali sono ora fuori servizio, ha aggiunto mercoledì il ministero della Sanità palestinese.

Lo stress estremo ha come conseguenza non solo la perdita del latte, ma anche un aumento del rischio di aborto o di parto prematuro. Anche questo, ha detto Haj-Hassan, mette a rischio la sopravvivenza dei bambini. La diminuzione delle forniture elettriche, infatti, è una «condanna a morte» per i pazienti che fanno affidamento su apparecchiature mediche come ventilatori o macchine per la dialisi. Come i bambini prematuri, che hanno bisogno di incubatrici, respiratori e pompe per infusione per il recupero. Tutti strumenti che dipendono dall’elettricità: «senza nessuna di queste cose, quei bambini prematuri non sopravviveranno», ha aggiunto.

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