Diritti

Corte dell’Aia a Israele: prevenite gli atti di genocidio a Gaza

Il più importante tribunale delle Nazioni Unite ha ordinato a Tel Aviv di attuare misure per impedire il massacro dei Palestinesi, ma non ha imposto il cessate il fuoco nella Striscia come richiesto dal Sudafrica
Credit: EPA/MOHAMMED SABER
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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26 gennaio 2024 Aggiornato alle 18:00

Centinaia di persone hanno sventolato bandiere della Palestina di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi, mentre i giudici del più importante tribunale delle Nazioni Unite si stavano pronunciando sulla causa intentata dal Sudafrica contro Israele, accusato di aver violato le leggi internazionali sul genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. Il verdetto è arrivato intorno alle 13 di venerdì 26 gennaio: la Corte ha ordinato a Israele di adottare “tutte le misure in suo potere” per “impedire la commissione di tutti gli atti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo II” della Convenzione sul genocidio, emanata nel 1948.

Il 29 dicembre 2023 il Sudafrica aveva presentato un’istanza per l’avvio di un procedimento contro Israele in merito a presunte violazioni degli obblighi previsti dalla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio in relazione ai palestinesi della Striscia di Gaza. Il Sudafrica aveva chiesto alla Corte di indicare misure provvisorie per “proteggere da ulteriori, gravi e irreparabili danni ai diritti dei palestinesi nella Striscia di Gaza”.

Nella sua decisione, il collegio dei 17 giudici della Corte ha emesso sei misure di questo tipo, ordinando a Israele di impedire la commissione di atti che uccidono o causano gravi danni fisici o mentali ai Palestinesi, assicurarsi che i propri militari non commettano nessuno degli atti sopra citati, prevenire e punire qualsiasi incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, consentire la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari per i palestinesi di Gaza. Nel documento si legge anche della richiesta di impedire la distruzione di qualsiasi prova relativa alle accuse di atti di genocidio. Tuttavia, la Corte non ha ordinato a Israele il cessate il fuoco, né di interrompere gli attacchi nella Striscia di Gaza, come invece aveva richiesto il Sudafrica.

La ministra degli Esteri del Sud Africa Naledi Pandor sostiene che un cessate il fuoco sarebbe necessario affinché Israele rispetti la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, ma ha sottolineato di non sentirsi delusa dal fatto che questo punto non sia stato incluso nel verdetto. «Non dirò assolutamente che sono delusa, lo spero [un cessate il fuoco], ma il fatto di fornire aiuti umanitari, di adottare misure che riducano i livelli di danno contro persone che non hanno alcun ruolo in ciò che Israele sta combattendo, per me richiede un cessate il fuoco», ha dichiarato dopo la sentenza.

I giudici hanno chiesto a Israele di tornare all’Aia tra un mese per presentare un rapporto su tutte le misure adottate per rispettare ordini emessi dalla Corte. Le decisioni della Corte sono vincolanti, quindi non possono essere impugnate, ma non vi è alcun obbligo che vengano rispettate. La sentenza di venerdì è provvisoria e non rappresenta il giudizio finale dei giudici sulle accuse di genocidio nei confronti di Israele: il verdetto finale potrebbe arrivare anche tra qualche anno.

Sul ricorso di Israele contro la denuncia presentata dal Sudafrica, la giudice Joan E. Donoghue, presidente della Cig, ha precisato che la Corte «ha la giurisdizione per pronunciarsi in merito» e che «ci sono prove sufficienti per una valutazione». Donoghue ha aggiunto che la Corte è «profondamente consapevole della portata della tragedia umana» che si sta verificando nella Striscia di Gaza e nella regione ed è «profondamente preoccupata per la continua perdita di vite e per la sofferenza umana».

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accolto la sentenza preliminare della Corte come un rifiuto della discriminazione nei confronti di Israele che, ha dichiarato Bibi in un videomessaggio, «come ogni Paese, ha il diritto intrinseco di difendersi. Il vile tentativo di negare a Israele questo diritto fondamentale costituisce una palese discriminazione contro lo Stato ebraico, ed è stato giustamente respinto».

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