Futuro

Data center: quali Paesi vogliono regolamentarli?

I centri per l’archiviazione dei dati hanno esorbitanti esigenze energetiche. Alcuni Paesi temono che possano compromettere gli obiettivi climatici e sovraccaricare le reti elettriche
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19 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

La questione ambientale permea molti aspetti, anche quelli che, in un primo momento, nell’immaginario comune non vengono immediatamente associati a essa. Uno di questi, per esempio, riguarda i data center, pilastri nella rivoluzione digitale che stanno affrontando una crescente pressione a livello globale proprio a causa delle loro esorbitanti esigenze energetiche.

Per questo motivo, i governi di diverse nazioni, tra cui Irlanda, Germania, Singapore e Cina stanno intensificando la regolamentazione sulla costruzione di nuovi data center, temendo che il loro impatto ambientale possa compromettere gli obiettivi climatici nazionali e sovraccaricare le reti elettriche.

Un caso particolare riguarda l’Irlanda, con i centri di elaborazione dati che, secondo quanto affermato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, sono destinati a consumare quasi un terzo della domanda nazionale di elettricità entro il 2026. Il motivo è da rintracciarsi soprattutto nel basso tasso fiscale e nella facilità di accesso a cavi sottomarini ad alta capacità che attira sul territorio grandi aziende di cloud computing, come Google o Microsoft.

Regolamentazione e implicazioni per il settore

Per adempiere ai requisiti ambientali più rigorosi, diverse nazioni e autorità locali hanno introdotto restrizioni sulla costruzione di nuovi data center: per esempio, la contea di Loudoun in Virginia (Stati Uniti) e la Germania hanno imposto alcuni limiti sui permessi per queste strutture nelle aree residenziali e richiesto il contributo di energia rinnovabile.

In questo scenario, gli analisti prevedono una significativa pressione finanziaria per questo settore che deriverebbe dalle nuove regolamentazioni imposte, minacciando un mercato che è destinato a raggiungere i 418 miliardi di dollari entro la fine del decennio.

Per affrontare le preoccupazioni ambientali, le grandi aziende tecnologiche come Google, Microsoft e Amazon stanno investendo in energie rinnovabili, come eolico e solare, studiando anche altre alternative, come l’energia nucleare e i biocarburanti derivati dagli oli di scarto per i generatori di emergenza.

In particolare, Amazon prevede di passare a biocarburanti ottenuti dagli oli di scarto in tutti i suoi data center in Europa, cominciando da Irlanda e Svezia; Microsoft ha dichiarato invece che ha in previsione di acquistare energia nucleare per coprire fino al 35% del fabbisogno energetico di una delle sue strutture situate in Virginia, che sarà affiancata dall’eolico e dal solare.

Ancora, per rispondere a queste esigenze, a Londra è stata istituita una task force per coordinare le risposte energetiche e di pianificazione in tutta la città dopo che nel 2022 la creazione dei data center nei pressi delle installazioni di cavi in fibra ottica ha messo sotto pressione la disponibilità di elettricità per le abitazioni.

Nel complesso, con il crescente consumo di energia da parte di data center, criptovalute e intelligenza artificiale, un approccio più attivo e sostenibile da parte degli operatori non è solo necessario, ma anche urgente.

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