Economia

Amazon e le lezioni di capitalismo

La multinazionale americana si comporta da gigante buono, ma negli States è oggetto di un’indagine da parte della Federal Trade Commission. Perché?
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Hiroko Masuike/The New York Times 

Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 4 min lettura
3 ottobre 2023 Aggiornato alle 06:30

Insomma, succede che per una volta Amazon si comporta da gigante buono. E che finalmente, in Italia, aumenta gli stipendi del personale che lavora nella logistica.

Un incremento del 21% rispetto al 2019, perfino superiore all’inflazione, che nel frattempo è aumentata del 16%.

Un aumento che è dell’8% più alto rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazione del settore Logistica e Trasporti per il salario di ingresso.

Ancora, un miglioramento che interessa pressoché tutte le 18.000 persone che lavorano stabilmente per l’azienda.

Una notizia che avrebbe potuto occupare numerosi titoli di giornali, ma che è stata oscurata da quanto avvenuto negli Stati Uniti.

Cosa è successo negli Usa?

Mentre in Italia Amazon stava dando il buon esempio, in America la Federal Trade Commission (Ftc), insieme a 17 Stati, ha denunciato l’azienda per condotta illegale e anti-concorrenziale.

La risposta del colosso non si è fatta attendere, ovviamente, ed è stata affidata al capo dell’ufficio legale David Zapolsky.

La sua dichiarazione suonava più o meno così: voi ci fate la guerra, noi alziamo i prezzi e rallentiamo le consegne, i consumatori (che del resto sono anche cittadini ed elettori) se la riprenderanno con voi.

Come mai la Ftc è andata all’attacco?

Come sempre, i dati ci aiutano, quindi partiamo da lì.

Amazon attualmente copre il 40% delle vendite online e genera circa 500 miliardi di dollari ogni anno. Un bel salto di qualità rispetto al 1995, quando è nata con l’obiettivo di essere semplicemente una libreria online.

E, mi verrebbe da dire, una perfetta rappresentazione del sogno americano: la possibilità di diventare mostruosamente ricchi, partendo da una semplice idea iniziale.

Il problema ora, però, secondo la Ftc, sta proprio nel fatto che l’azienda sia cresciuta troppo, che di fatto rappresenti un monopolio nella vendita online e nella logistica e che abbia creato un sistema nel quale, se non vendi online su Amazon, sostanzialmente non esisti.

Amazon non è sola: negli ultimi anni, il Dipartimento di Giustizia americano, insieme alla Federal Trade Commission, hanno aperto indagini anche su Apple, Facebook e Google.

Il faro è quindi ora puntato sui colossi, soprattutto nel settore delle Big Tech. E insieme al faro, a essere puntato è anche il giudizio collettivo, con uno strisciante senso di indignazione (anche da parte di chi, nel segreto della propria stanza, di questi colossi è cliente e ne acquista i servizi).

Il senso del capitalismo

Non mi si fraintenda: è giusto che le aziende, soprattutto e di dimensioni colossali e con potere di influenza come quelle che hanno società come Amazon, siano soggette a controlli e verifiche.

Però. Il principio fondante del sistema capitalistico nel quale viviamo è proprio quello dell’accumulazione. Accumulazione di capitale, di ricchezza, di quote di mercato.

La spinta alla crescita è insita nel modello stesso. L’ideale di base di questo sistema risiede nell’espansione infinita e a questo ideale sono soggette non solo le imprese, ma perfino le economie nazionali.

Il nostro focus ossessivo sulla crescita del Pil ne è una manifestazione piuttosto evidente: bisogna sempre che la ricchezza prodotta dai Paesi sia in crescita costante.

E allora, mi pare ci sia una certa ipocrisia di fondo. Se la spinta è verso la crescita, perché spaventarsi di fronte alle Big Tech? Ma soprattutto: è sufficiente denunciare e avviare indagini?

O non potremmo una volta e per tutte cogliere l’occasione e gli spunti che derivano da una riflessione collettiva per spingere la frontiera un po’ più in là e mettere in discussione l’intero sistema?

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