Diritti

Giornata contro bullismo e cyberbullismo: scuola e web sono i luoghi più pericolosi

Le ragazze non si sentono sicure neanche in strada, mentre le persone non binarie hanno paura della propria famiglia. Per prevenire la violenza digitale, 6 adolescenti su 10 credono sarebbe utile una maggiore regolamentazione. I dati dell’Osservatorio indifesa
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Javad Esmaeili

Nella classifica delle paure e dei timori dei teenager in Italia, al terzo posto balzano all’occhio bullismo e cyberbullismo (dopo violenza sessuale e droga). È quanto emerge dall’Osservatorio indifesa, promosso da Terre des Hommes, OneDay e ScuolaZoo, che insieme hanno condotto una ricerca su un campione di oltre 8.000 adolescenti.

I dati impressionano, soprattutto oggi, che ricorre la Giornata Nazionale contro bullismo e cyberbullismo. Proprio in questi giorni è al vaglio del Senato una proposta di legge sul tema, già approvata in prima lettura alla Camera, che integrerebbe la legge 71 del 2017 (Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo).

Un po’ di dati

Insieme all’Università di Firenze, il Ministero dell’Istruzione, seguendo le disposizioni della legge 71, ha realizzato un monitoraggio online sulla piattaforma Elisa, aperto a tutte le scuole. Da tre anni, i sondaggi si rivolgono non solo alle vittime, ma anche agli aggressori: la linea di demarcazione, infatti, può essere più sottile di quel che si pensi, specialmente online.

Non a caso, la percentuale di studenti e studentesse che ammette di aver preso parte attivamente a un qualche tipo di violenza, vessazione o scherzo pesante si attesta al 7%, e sfiora la percentuale delle vittime (8%). Il divario è più ampio per il bullismo: il 27% dei ragazzi afferma di aver subito almeno un episodio negativo, mentre il 17,5% ammette di aver assunto comportamenti vessatori.

Negli scenari più gravi si ricorre alle forze dell’ordine. Negli ultimi 4 anni i casi di cyberbullismo gestiti dalla Polizia postale sono stati complessivamente 1.493, ma il trend sembra in calo. Dopo il picco del 2021, con 464 denunce, i numeri si sono pian piano sgonfiati fino a scendere ai 291 del 2023.

Secondo un’altra indagine condotta sempre dall’Osservatorio indifesa, su 4.000 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 26 anni, il 65% di loro dichiara di essere stato vittima di violenza e tra questi il 63% ha subito atti di bullismo e il 19% di cyberbullismo.

Mentre il bullismo sembra essere un fenomeno più maschile (68% contro 60%), al contrario, il cyberbullismo riguarda, almeno apparentemente, più le ragazze (21% contro 16%). Per chi si definisce non binario queste valori aumentano: l’80% dichiara di aver subito forme di bullismo, il 27% di cyberbullismo. Nella maggior parte dei casi, nel mirino c’è l’aspetto fisico (79%), seguito dall’orientamento sessuale (15%), la condizione economica (11%) e con un punteggio leggermente inferiore, l’origine etnica e geografica (10.5%).

Va da sé che i luoghi dove è più probabile subire una qualche forma di violenza sono la scuola (votata nel 66%) e il web (nel 39%). Le ragazze, in media, mettono al secondo posto la strada (41%), mentre tra le persone non binarie il mondo digitale è eguagliato persino dalla famiglia (entrambe al 44%). Il rischio maggiore online per il 56% degli adolescenti è il cyberbullismo, ma ci sono anche il revenge porn (45%), il furto d’identità, la perdita della privacy (35%), l’adescamento da parte di estranei (35%), le molestie (30%), l’alienazione dalla vita reale (25%) e lo stalking (23%).

Per quanto riguarda le possibili soluzioni, 6 ragazzi su 10 ritengono che sia necessaria una maggiore regolamentazione, mentre una fetta consistente (circa 3 su 10) pensa che maggiori vincoli non recherebbero alcun beneficio in termini di tutela.

Giovedì la nuova proposta di legge arriva in Senato

Contro il cyberbullismo, la legge 71 del 2017 prevede la possibilità di far rimuovere i dati personali, rivolgendosi ai siti o ai social e, nel caso in cui questi non provvedano, direttamente al Garante della privacy. Il decreto Caivano del 2023, contro il disagio giovanile, la povertà educativa e la criminalità minorile, consente al Questore di ammonire i minori, di almeno 14 anni, in caso di risse, minacce, percosse o lesioni nei confronti di un altro minorenne, anche senza querela o denuncia da parte della vittima.

Prevenzione e rieducazione sono, invece, i principi cardine della proposta di legge che il Senato esaminerà domani, giovedì 8 febbraio 2024. Il testo propone intanto di modificare la legge 71 per estenderla anche al bullismo. L’obiettivo è quello di creare innanzitutto nelle scuole (senza stanziare fondi, però) servizi di sostegno psicologico e di coordinamento pedagogico per gli studenti e le studentesse.

Rispetto alle «misure rieducative», che possono essere disposte dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, a fronte di comportamenti irregolari o aggressivi di un minore contro persone, animali o cose, è prevista la possibilità di attivare un percorso di mediazione o un progetto rieducativo tramite i servizi sociali che può coinvolgere anche i genitori.

In caso di emendamenti, il testo dovrà tornare alla Camera per l’approvazione finale, ma in ogni caso, per il momento non si scorgono particolari ostacoli all’orizzonte.

A proposito di Safer Internet Day: quante forme di dipendenza dalla tecnologia esistono?

Ieri, 6 febbraio, era il Safer Internet Day. Le tecnologie digitali, i social network e in generale internet ci consentono di accedere a milioni di informazioni e di comunicare istantaneamente, annullando in pochi secondi chilometri di distanza. Ma, i rischi e le insidie sono dietro l’angolo. Per esempio, la dipendenza da internet.

Ti sarà capitato di avvertire un vago senso di vertigine quando, arrivato in un agriturismo nel bel mezzo del nulla, in procinto di dare inizio alla tua vacanza dei sogni, ti sei reso conto di non avere connessione internet. Niente paura, non è detto che tu abbia una vera e propria dipendenza, ma intanto può essere utile parlarne.

Sotto il cappello dell’ Internet Addiction Disorder (Iad), termine coniato nel 1995 dallo psichiatra statunitense Ivan Goldberg, rientra qualsiasi comportamento compulsivo legato all’utilizzo eccessivo di internet e dei dispositivi digitali connessi alla rete. Un disturbo non molto diverso, se vogliamo, dalla dipendenza da shopping, in gergo tecnico “oniomania’” quella da gioco d’azzardo, la “ludopatia” e quella dal sesso. L’elemento che accomuna tutte queste forme di dipendenza è l’assenza di una vera e propria sostanza da cui si è soggiogati.

Nonostante la comunità scientifica non sia ancora d’accordo nel riconoscerla come una condizione clinica specifica, è possibile individuare alcuni aspetti, dinamiche e sintomi ricorrenti.

Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris (psicoterapeuta e clinical director del servizio di psicologia online e società benefit Unobravo) dopo una prima fase di normale coinvolgimento, in cui si accede alla rete mossi dalla curiosità, si passa, invece, a una sorta di sostituzione. Quando, cioè, si comincia a trascorrere un tempo crescente online, spesso sacrificando o relegando ai margini attività quotidiane. È in quel momento che progressivamente si finisce per trarre sempre più gratificazione e conforto dalla dimensione virtuale. Infine, subentra la dipendenza vera e propria, in cui l’utilizzo di internet diviene sempre più assiduo, prolungato e incontrollabile.

Mal di testa, dolore muscolare, disturbi del sonno, affaticamento e mancanza di concentrazione sono alcuni dei sintomi che possono emergere nei soggetti affetti da questa dipendenza, oltre ai sintomi di astinenza, come irritabilità o ansia, quando non è possibile connettersi a internet.

Le attività che si possono svolgere online sono potenzialmente infinite e così, allo stesso modo, l’Iad può assumere forme diverse. C’è chi sviluppa una dipendenza più generalizzata e chi, invece, ha una tendenza specifica. Esistono, per esempio, l’Internet Gaming Disorder, la dipendenza dai videogiochi, l’Online Shopping Addiction, la dipendenza dallo shopping, ma seduti comodamente sul divano, la Cybersexual Addiction, l’ossessione per il sesso virtuale e il materiale pornografico online. Senza contare la Cyber-Relational Addiction, la propensione a instaurare relazioni online, l’Information Overload, quando si cerca in modo spasmodico informazioni sul web e la Social Media Addiction, la dipendenza da social media.

«Adottare alcune strategie mirate può essere d’aiuto al fine di favorire un utilizzo più sano di internet. Per esempio, creare una routine giornaliera che includa momenti senza l’utilizzo di dispositivi digitali può contribuire a limitare il tempo che si trascorre in rete - consiglia Perris - Anche prevedere dei periodi di digital detox, ovvero di disconnessione completa da internet, può aiutare a mantenere un miglior equilibrio tra vita online e offline».

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