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Chi è Yoko Kamikawa, la donna che potrebbe governare il Giappone

L’indice di gradimento della ministra degli Esteri nipponica è in ascesa ma il sessismo diffuso anche in Estremo Oriente potrebbe penalizzarla
Credit: EPA/LUONG THAI LINH  

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7 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

In un Paese maschilista come il Giappone la sua nomina a primo ministro potrebbe fare la storia.

Yoko Kamikawa, classe 1953 e attuale ministra degli Esteri, è considerata l’astro nascente della politica nipponica in vista della successione al premier in carica Fumio Kishida. Diversi sondaggi danno il suo indice di gradimento sempre più in salita.

La cautela in questa situazione è però d’obbligo: il solo fatto che una donna con alle spalle sette legislature e diversi ruoli da ministro sia ritenuta solo ora all’altezza di poter correre per il ruolo di capo del governo fa capire quanto difficile sia il percorso di Kamikawa. E più in generale quello di una donna nella politica giapponese.

Ad oggi la ministra vanta un apprezzamento internazionale sempre più ampio ed è avvantaggiata da una serie di scandali che hanno colpito il Partito liberal democratico (Pld), partito al momento al governo in Giappone.

Diversi esponenti del governo sono stati infatti accusati di aver rubato fondi elettorali per un totale di 32 milioni di euro. Le accuse hanno costretto alle dimissioni ben quattro ministri del governo Kishida.

Kamikawa è uno dei pochi membri dell’esecutivo a non essere coinvolta dagli scandali e questo l’ha imposta all’attenzione del suo partito.

Un funzionario di Komeito, partito alleato del Pld, ha detto al Japan Times che Kamikawa «dà un’impressione di pulizia» per poi aggiungere che «un primo ministro donna sarebbe un’icona nella nostra campagna elettorale».

Il Japan Times ha raccolto apprezzamenti anche nel suo Ministero: «Ha un atteggiamento fermo senza essere nervosa», ha dichiarato un alto funzionario.

La fermezza d’altronde è un elemento distintivo di quello che probabilmente è stato il suo gesto politico più eclatante e divisivo: nel 2018, da ministra della Giustizia, decise di confermare la pena di morte per i membri della setta religiosa dell’Aum Shinrikyō, colpevoli di aver compiuto l’attentato alla metropolitana di Tokyo del 1995.

In quell’anno il gruppo aveva infatti immesso il gas nervino Sarin nella metropolitana della capitale giapponese, causando la morte di 13 persone e l’intossicamento di altre 620. Nonostante la pressione internazionale, Kamikawa non ostacolò l’impiccagione dei responsabili.

Sotto la sua guida le esecuzioni arrivarono a crescere fino a 16: il numero più alto ordinato da un singolo ministro dal 1993, anno in cui il Giappone aveva interrotto la moratoria di 40 mesi sulle condanne a morte.

All’epoca Kamikawa fece anche sapere di non voler rivedere l’esecuzione della pena di morte. Chissà se oggi avrà cambiato idea.

Nel frattempo, negli ultimi mesi Kamikawa è stata protagonista di diverse iniziative diplomatiche: a ottobre dell’anno scorso ha annunciato l’invio di un delegato speciale in Israele per tentare un difficile compromesso che portasse al cessate il fuoco a Gaza.

Il suo ruolo di paciere in Medio Oriente è reso più credibile anche dalle buone relazioni con l’Iran. Dopo un incontro con la ministra giapponese, Hossein Amirabdollahian, il ministro degli Esteri iraniano, ha detto che Teheran è pronta «ad avere relazioni più forti con il Giappone e a nessuno dovrebbe essere permesso di influenzare i legami tra i due Paesi».

A inizio gennaio si è invece presentata a sorpresa in Ucraina per dimostrare «la determinazione del Giappone a sostenere l’ordine internazionale basato sullo stato di diritto dalla prospettiva che cambiamenti unilaterali allo status quo con la forza, come l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, non possono essere accettati».

Il protagonismo internazionale collegato alla difficile situazione interna in Giappone sembra essere propizio. A intralciare la strada resta un sessismo così dilagante nel Paese che anche quando un politico vuole farle i complimenti finisce con l’insultarla. «Non la definirei bella» e «la vecchia signora se la cava», sono solo due dei passaggi incriminati di un discorso dell’ex primo ministro Taro Aso che in realtà voleva elogiare Kamikawa. Aso ha poi chiesto scusa.

L’elezione di una donna potrebbe essere un buon inizio per non assistere più a situazioni del genere.

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