Economia

Green bond e acquisto gas: tutte le novità nei regolamenti sostenibilità Ue

Il 2024 sarà all’insegna di proroghe e integrazioni ai provvedimenti esistenti che hanno lo scopo di potenziare la transizione dei mercati finanziari verso investimenti più green e sicuri
Credit: Diego PH  

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23 gennaio 2024 Aggiornato alle 07:00

Il 2024 si apre con nuove proroghe a numerosi regolamenti europei di forte interesse ambientale, ossia atti giuridici di portata generale e direttamente applicabili negli Stati membri, approvati negli anni scorsi immediatamente dopo l’invasione Russa in Ucraina.

Più nel dettaglio, il Regolamento (Ue) 2022/2576, che getta le basi per un migliore coordinamento degli acquisti di gas con parametri di riferimento affidabili per i prezzi e gli scambi transfrontalieri di gas, verrà applicato per tutto l’anno in corso, mentre si esaurirà il 31 gennaio 2025 il Regolamento 2022/2578, che punta a proteggere i cittadini europei dai prezzi eccessivamente elevati istituendo un meccanismo di correzione del mercato per prevenire picchi di prezzi del gas eccessivamente elevati nell’Unione europea. Infine, il 30 giugno 2025 si esaurirà la funzione del Regolamento 2022/2577, volto a accelerare la diffusione delle energie rinnovabili nell’Unione europea, attraverso una serie di semplificazioni burocratiche, esoneri e deroghe temporanee.

Non solo i regolamenti passati, ma anche altri nuovi provvedimenti di stampo europeo caratterizzeranno il 2024, specialmente nel fondamentale rapporto tra finanza e ambiente. Il 30 novembre scorso la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea si è arricchita di un nuovo regolamento, il numero 2631, riguardante le obbligazioni verdi europee (anche dette Green Bond), che stabilisce tutti i requisiti che gli emittenti dovranno rispettare affinché i loro prodotti finanziari possano avvalersi della denominazione “obbligazione verde europea” o “EuGB” (European green bond), ossia titoli di debito i cui proventi saranno utilizzati dalle imprese Ue per finanziare progetti sostenibili e legati al clima.

Si tratta di uno strumento fondamentale per attrezzare i mercati finanziari alla lotta contro il cambiamento climatico, di cui già troviamo una fonte il 4 luglio del 2007, quando la Banca europea degli investimenti (Bei) ha emesso il primo Green Bond del mondo, dietro la regia dell’italiano Aldo Romani, suo capostruttura. Uno strumento finanziario green di questo tipo, su cui si gioca il successo degli obiettivi sostenibili dell’Onu da raggiungere entro il 2030, si delinea sulla selezione di uno o più progetti da finanziare o rifinanziare, a cui dovranno essere necessariamente vincolati tutti i proventi (appositamente tracciati dall’emittente), e il cui utilizzo dovrà essere rendicontato annualmente e controllato da un revisore esterno che ne certifichi gli obiettivi e gli sviluppi.

In particolare, un sistema apposito si occuperà di registrare i verificatori esterni, cioè enti e persone fisiche indipendenti incaricate di verificare che le obbligazioni soddisfino i requisiti previsti dalla normativa europea in materia di finanza sostenibile, in modo da monitorarne le attività e scongiurare sul nascere ipotesi di greenwashing. Un rischio che poco meno di un anno fa è stato portato ai riflettori da un’inchiesta congiunta dei giornali The Guardian e Die Zeit, secondo cui oltre il 90% delle compensazioni di carbonio acquistate dalle aziende inquinanti erano veicolate verso progetti di tutela delle foreste di scarso valore ambientale.

Si tratta di una misura che prevede modelli di informativa volontaria che attestino la sostenibilità delle obbligazioni commercializzate come ecosostenibili, nata proprio per realizzare un quadro di regole comuni e ben definite in modo tale da permettere ad aziende e cittadini di scegliere con maggiore sicurezza gli investimenti green, e si applicherà ufficialmente a partire dal 21 dicembre del 2024. Va detto che già nel 2021 l’Italia ha emesso il suo primo BTp Green, i cui ricavati (pari a 8,5 miliardi) sono stati veicolati in settori come l’efficienza energetica, riduzione dell’inquinamento ed economia circolare, per poi superare le aspettative con un secondo titolo di Stato verde (con scadenza il 30 aprile 2035) con 40 miliardi di euro raccolti.

Novità anche per il Regolamento 2023/1115, adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea il 31 maggio 2023 con lo scopo di combattere la deforestazione e il degrado forestale nell’Unione europea. Il provvedimento infatti istituisce una lista di prodotti e materie prime ad alto impatto ambientale come legno (e i prodotti da esso derivati), cacao, caffè, soia, olio di palma, carne bovina, suina e ovina la cui attività di produzione dovrà essere certificata come sostenibile e garantita dagli importatori attraverso documentazione congrua ad attestare che siano stati ottenuti nel rispetto della legislazione del Paese di provenienza e senza lo sfruttamento di terreni oggetto di deforestazione.

Nel percorso verso un sempre minore impatto ambientale dei prodotti commercializzati nell’Unione europea, il regolamento punta a far sorgere una responsabilità diretta in capo «agli operatori che li immettono sul mercato e li esportano» commenta Gianandrea Rizzieri, senior partner di Gitti & Partners, il quale sottolinea l’applicazione di uno specifico obbligo di verifica dei canoni di adeguatezza sulle imprese più grandi e le piccole e medie imprese a partire dal prossimo 30 dicembre, fino a giungere sulle spalle delle microimprese, le quali potranno beneficiare di ulteriore tempo (30 giugno del 2025) per rendere le proprie strutture interne compatibili al regolamento europeo.

Ultimo, ma non per importanza, è il Regolamento (Ue) 2023/2486, pubblicato in Gazzetta il 27 Giugno, il quale integra il precedente Regolamento 2020/852, noto come “Tassonomia Ue”, il quale fissa i criteri determinare se un’attività economica contribuisce in modo sostanziale a uno o più degli obiettivi ambientali definiti dalla Commissione (uso sostenibile delle risorse, miitigazione dei cambiamenti climatici ecc.) per realizzare una vera e propria classificazione europea delle attività economiche considerabili green. Una cornice generale che il Regolamento numero 2486 intende attualizzare fissando dei criteri di vaglio tecnico adatti a capire se un’attività stia contribuendo in modo sostanziale (e senza danni significativi) «all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, alla transizione verso un’economia circolare, alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento o alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi».

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