Ambiente

Intelligenza aliena: servono fuoco e ossigeno

Una ricerca pubblicata su Nature fornisce un nuovo preziosissimo dato sulla ricerca dell’intelligenza extraterrestre: è necesario almeno il 18% di concentrazione di ossigeno perché si sviluppi
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21 gennaio 2024 Aggiornato alle 17:00

«Dove sono tutti?», si chiedeva Enrico Fermi per il mancato incontro con altre forme di vita. Una domanda che tuttora gli studiosi si pongono e che non ha smesso di affascinare. Perché diciamolo, in un universo infinito, non possiamo avere la pretesa di essere i soli.

Ma forse oggi, rispetto ai tempi di Fermi, qualche risposta in più potremmo averla. Come mettono in luce alcune nuove scoperte, l’ossigeno e il fuoco sono due tessere imprescindibili del gigantesco e infinito puzzle che è la scoperta dell’universo, per il quale è fondamentale lo studio dell’atmosfera

L’atmosfera di un Pianeta è una complessa sinfonia di elementi che dipende da una serie di fattori astronomici e geologici. Nel caso della Terra, la storia dell’ossigeno atmosferico offre un affascinante viaggio nel tempo, indicando la sua stretta relazione con l’evoluzione della vita e la crescita della tecnologia.

Ed è proprio l’approfondimento del ruolo dell’ossigeno la direzione verso la quale si muove il nuovo studio condotto da Adam Frank della University of Rochester e Amedeo Balbi dell’Università di Roma Tor Vergata e pubblicato su Nature Astronomy, nel quale si affronta un aspetto intrigante e fino a ora inesplorato: il legame tra l’ossigeno atmosferico e lo sviluppo di tecnologie avanzate sui pianeti lontani.

Secondo lo studio, l’ossigeno, finora riconosciuto come vitale per la vita biologica come la conosciamo, è un possibile indicatore per individuare civiltà tecnologiche extraterrestri. Frenk e Balbi, infatti, sostengono che questo elemento non sia essenziale solo per la respirazione e il metabolismo negli organismi multicellulari, ma anche cruciale per lo sviluppo del fuoco, un elemento distintivo delle civiltà tecnologiche.

«Che usi una radio, un’antenna o un razzo, per comunicare con altri pianeti, un alieno deve padroneggiare la tecnologia. E, per quanto ne sappiamo, non c’è tecnologia che prescinda dal fuoco» spiega Balbi.

Il concetto chiave esplorato in questa ricerca è quello delle cosiddette tecnosfere, vasti regni di tecnologia avanzata che emettono segni rivelatori, chiamati tecnofirme, di intelligenza extraterrestre.

Così l’ossigeno diventa un punto focale, fungendo da chiave per sbloccare il potenziale di sviluppo tecnologico su scala planetaria; e il 18% una percentuale magica: i ricercatori hanno infatti stabilito che solo i pianeti con concentrazioni significative di ossigeno, che raggiungono o superano il 18%, potrebbero sviluppare tecnosfere avanzate.

Un dato, questo, che si basa sulla storia della Terra, dove l’uso controllato del fuoco e i progressi metallurgici sono diventati possibili solo quando i livelli di ossigeno raggiunsero questa soglia critica.

Il concetto di “collo di bottiglia dell’ossigeno”, dunque, emerge come una sfida fondamentale: i livelli di ossigeno necessari per sostenere biologicamente la vita complessa, infatti, non sono necessariamente alti quanto quelli richiesti per la tecnologia avanzata. In altre parole, un pianeta potrebbe sostenere forme di vita intelligenti senza però raggiungere i livelli di O2 richiesti per lo sviluppo tecnologico.

Ma, come suggerito dai due studiosi, senza un fonte di fuoco pronta, l’evoluzione verso tecnologie più avanzate rimane ostacolata: essendo alla base della produzione di materiali, forgiatura dei metalli e produzione di energia, il fuoco rappresenta un elemento chiave nella crescita delle società industriali.

Lo studio, dunque, apre nuove prospettive nella comprensione delle condizioni necessarie per la vita intelligente e tecnologica oltre la Terra, e mentre la ricerca di civiltà aliene si sposta ora verso “hotspot extraterrestri”, con concentrazioni significative di O2, la comunità scientifica rimane cauta nell’interpretare potenziali segnali provenienti da pianeti con insufficiente ossigeno atmosferico.

Ma anche con un nuovo dato tra le mani, quello del 18%, la ricerca di civiltà aliene nel cosmo rimane una sfida complicatissima. Secondo Balbi, i nuovi telescopi permettono oggi di individuare esopianeti (i pianeti extrasolari) con una certa “facilità”, ma la precisione nel calcolare la percentuale d’ossigeno - specie quel famoso 18% - rimane altrettanto difficile.

La spettroscopia, ossia la misurazione e lo studio di uno spettro elettromagnetico, consente di esaminare la composizione atmosferica di questi pianeti, ma il discernimento accurato resta un ostacolo, specialmente per esopianeti rocciosi simili alla Terra.

Tuttavia, la ricerca di tracce di ossigeno su esopiaeti continua a essere fondamentale: «Se trovassimo ossigeno su un esopianeta, sarebbe con buona probabilità la firma della vita aliena» continua Balbi. Ma attenzione: oltre al 30%, l’atmosfera potrebbe diventare troppo esplosiva, rendendo difficoltosa la sostenibilità della vita.

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