Ambiente

Il surf olimpico sull’onda della polemica

Le gare di surf delle Olimpiadi di Parigi 2024 si svolgeranno a Teahupo’o, nell’isola di Tahiti, ma si discute sulla costruzione di una torre d’alluminio per i giudici che rischia di danneggiare la barriera corallina
Credit: EPA/Kirstin Scholtz/ ASP Handout 
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29 dicembre 2023 Aggiornato alle 17:00

Le Olimpiadi 2024 si svolgeranno a partire dalla fine di luglio a Parigi, dove è già quasi tutto pronto, nonostante gli imprevisti siano sempre dietro l’angolo e in questi anni di preparativi i problemi non siano di certo mancati.

La scorsa estate, a esempio, in occasione della gara preolimpica di nuoto, la Senna - che dovrà essere sede di competizione - è risultata troppo pericolosa per i nuotatori, a causa della qualità di acqua al di sotto degli standard accettabili, e solo qualche settimana fa gli operai addetti ai lavori hanno bloccato i cantieri in segno di protesta contro le numerose irregolarità in corso, recriminando l’assenza di documenti per i lavoratori immigrati e le precarie condizioni di sicurezza.

L’ultimo ostacolo ai Giochi Olimpici 2024 viene però da Teahupo’o, località incontaminata dell’isola di Tahiti nella Polinesia francese, situata a 16.000 chilometri di distanza da Parigi e da qualche settimana tra i luoghi più controversi e discussi in vista delle gare olimpiche di surf che qui si svolgeranno proprio lì tra il 27 e il 30 luglio 2024.

Infatti, se da un lato è vero che a Teahupo’o si possono ammirare e cavalcare alcune tra le onde più alte e affascinanti del mondo e che non sia un caso, dunque, se gli organizzatori di Parigi 2024 abbiano immaginato Tahiti come il luogo migliore per far disputare le gare di surf, dall’altro non si è forse considerato che l’isola è tra i luoghi più incontaminati del mondo e ospita chilometri di una straordinaria barriera corallina che ora è fortemente a rischio.

Gli organizzatori dei giochi olimpici 2024, infatti, hanno deciso di costruire proprio in mezzo al mare, tra lo spettacolo del reef, una torretta in alluminio dove posizionare i giudici durante le gare. Un progetto, questo, che non ha certamente trovato il benestare degli abitanti di Tahiti, degli ambientalisti e nemmeno dei professionisti del surf: il rischio di danneggiare permanentemente la barriera corallina e la fauna marina è concreto ed estremamente elevato, oltre che inutile da correre.

Considerato un vero e proprio tempio del surf, Teahupo’o possiede già una torretta di controllo in legno usata fino a oggi dai giudici, che non ha mai creato problemi né agli abitanti, né al reef o alla fauna del mare. Ma per gli organizzatori la vecchia torre non è adeguata all’evento e deve essere sostituita con una nuova in alluminio - alta 15 metri e dal costo di oltre 4 milioni di dollari - affinché i giudici possano usufruire di un luogo adeguato per svolgere al meglio il loro lavoro e la struttura possa essere considerata idonea a supportare telecamere e altre attrezzature per le riprese televisive.

Così, nonostante le proteste e le innumerevoli soluzioni più sostenibili proposte, come quella di utilizzare le fondamenta della vecchia torre e costruirci sopra l’impianto rimodernato, nelle scorse settimane sono stati avviati i lavori di costruzione che prevedono la realizzazione di 133 fori nella barriera corallina, a una profondità di 2 metri, per gettare le fondamenta in cemento di quello che dovrà essere un edificio a 3 piani che avrà più o meno le stesse dimensioni della torre di legno originale e che potrà ospitare fino a 31 persone: solo 5 in più rispetto a quella vecchia.

A distanza di pochi giorni dal via, però, un prevedibile e temuto incidente ambientale ha frenato momentaneamente i lavori: una chiatta utilizzata per la costruzione della torretta ha danneggiato la barriera corallina in fase di test. «Ho visto i loro motori danneggiare la barriera corallina a causa della rottura dell’elica - ha raccontato Lorenzo Avvenenti, un surfista professionista e residente a Teahupo’o - è stata la più grande distruzione del reef che abbia mai visto in vita mia. Soprattutto in un luogo sacro e incontaminato come Teahupo’o».

A causa dell’incidente e nel tentativo di ridurre l’impatto ambientale e compiacere gli abitanti, l’organizzazione di Parigi 2024 ha pensato di apportare modifiche al piano originale proposto, con un nuovo progetto ridimensionato, ma che non include servizi igienici con scarico o una rete idrica sotterranea per i giudici, che per utilizzare le toilette e l’acqua dovranno rientrare sulla terraferma. A tal proposito, Aimatarii Levy, vicepresidente di Vai Ara O Teahupo’o, un’organizzazione ambientalista con sede a Tahiti ha affermato che, sebbene il nuovo progetto sia più piccolo, non è ancora abbastanza: «non volevamo alcuna perforazione nella barriera corallina, nessun impatto. E con la loro soluzione, perforeranno di meno, ma continueranno a perforare la barriera corallina».

A schierarsi dalla parte dell’ambiente e dei Tahitiani è stata anche l’International Surfing Association (Isa), dichiarando tramite un comunicato di non sostenere la costruzione della nuova torre e di aver anche proposto delle alternative più rispettose dell’ambiente per risolvere la questione. “Con la decisione del governo della Polinesia Francese di non permettere l’uso della vecchia struttura di giudizio (in legno) e la probabilità che qualsiasi nuova costruzione sulla barriera corallina avrà un impatto sull’ambiente naturale e non avrà il sostegno della popolazione locale, ci è stato chiesto di prendere in considerazione soluzioni tecniche alternative per giudicare la gara olimpica di surf. Riteniamo che si possa svolgere una competizione equa e accurata, con le diverse soluzioni tecnologiche e operative descritte negli scenari seguenti. Tutte queste soluzioni sono soggette a ulteriori analisi di fattibilità dettagliate da parte dei diversi stakeholder coinvolti”.

In particolare, l’Isa ha proposto 2 valide soluzioni in alternativa alla torre in alluminio, che prevedono entrambe che i giudici restino in una postazione su una torre sulla terraferma e possano valutare le esecuzioni osservando le immagini riprese dalle telecamere.

La prima proposta immagina che le telecamere siano posizionate su una piattaforma installata in mare, ma di dimensioni notevolmente ridotte rispetto all’ipotetica invasiva torre in alluminio, e costruita su basi già esistenti; la seconda che anche le telecamere vengano installate sulla terraferma, con la tecnologia 100X Long Lens a consentire uno zoom di alto livello. In questo modo, non ci sarebbe nessun impatto sull’ambiente marino e sulla barriera corallina.

Purtroppo, gli organizzatori dei giochi olimpici 2024 hanno scartato entrambe le proposte avanzate dall’organo mondiale del surf, reputando che i tempi siano ormai troppo stretti per cambiare i piani. Così, non resta che sperare che il reef e tutta la straordinaria bellezza incontaminata della Polinesia Francese non subiscano danni ambientali a causa di una torretta d’alluminio voluta a ogni costo dagli organizzatori di quelle che erano state annunciate con entusiasmo come “le Olimpiadi della sostenibilità”.

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