Ambiente

La Grande barriera corallina è in pericolo

Un report stilato dalle Nazioni Unite sulle condizioni del coral reef australiano inserisce il patrimonio dell’Unesco tra i siti in danger: è “significativamente influenzato dal cambiamento climatico”
Credit: Tom Fisk/pexels
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1 dicembre 2022 Aggiornato alle 13:15

«È significativamente influenzato dal cambiamento climatico». Dal 1981 la Grande Barriera corallina australiana è Patrimonio dell’Unesco, ma oggi il cambiamento climatico sta rappresentando una «seria sfida» per il coral reef del Queensland, compromettendone la sopravvivenza.

Stando al rapporto delle Nazioni Unite, rilasciato dopo l’analisi di una missione durata 10 giorni, dal 21 al 30 marzo 2022, il più grande organismo vivente sulla Terra dovrebbe essere inserito in una lista di siti del patrimonio mondiale “in danger”, cioè in pericolo.

Già nel 2021, con il governo di Scott Morrison, la Grande Barriera Corallina aveva rischiato di finire nella lista nera dei patrimoni dell’umanità a causa delle scarse iniziative prese dall’Australia per tutelarla. Una misura evitata per un pelo e scartata per tanti mesi, grazie anche alla sconfitta dell’allora Primo Ministro, per niente sensibile alla tematica ambientale.

Al contrario, il nuovo governo, quello guidato da Anthony Albanese, si è subito dimostrato molto più “amico dell’ambiente” e solo un mese fa ha annunciato un finanziamento di 1,2 miliardi di dollari australiani (circa 780 milioni di euro) per continuare a lavorare per migliorare la qualità dell’acqua e la ricerca per cercare di aumentare la resilienza di coralli e barriere coralline.

Purtroppo, però, “i progressi compiuti per ridurre l’inquinamento che si riversa nelle acque della barriera a causa dell’agricoltura e del pascolo sono troppo lenti e sono necessari maggiori investimenti per aggiungere gli obiettivi di qualità dell’acqua”, chiosa il rapporto delle Nazioni Unite.

Così, “nonostante gli sforzi scientifici e gestionali senza precedenti, il reef è significativamente influenzato dai fattori del cambiamento climatico”. Servono misure urgenti per contrastare il pericolo che sta minacciando i coralli patrimonio dell’Unesco sempre più concretamente.

Nel corso degli anni sono stati tanti i segnali d’allarme inviati dal reef, sintomi di un Pianeta malato che nessuno ha curato a dovere: la Grande barriera corallina, infatti, ha subito una serie di diffusi eventi di sbiancamento dei coralli nel 1998, 2002, 2016, 2017, 2020 e 2022.

Oggi la frequenza di questi eventi è sempre più ravvicinata: 4 eventi di sbiancamento dei coralli si sono verificati solo negli ultimi 7 anni e un caso è stato rilevato proprio durante la visita del team della missione dell’Onu. Un evento fuori dall’ordinario, avvenuto, inoltre, per la prima volta nella storia, nel periodo tradizionalmente più fresco de La Niña, che solitamente abbassa le temperature oceaniche e protegge i coralli.

Gli scienziati ora temono che senza condizioni più fresche nelle prossime settimane, la barriera corallina potrebbe subire un ulteriore sbiancamento. È per questo motivo che nel rapporto sono state inserite 10 raccomandazioni prioritarie che devono essere affrontate con la massima urgenza per affrontare il pericolo e “migliorare nettamente la capacità dell’Australia di garantire e promuovere la conservazione del reef, permettendo di mantenere l’ eccezionale valore universale per le generazioni future”.

Il report appena stilato si configura come una sorta di ultimatum per il nuovo governo australiano che, davanti alle evidenze e alle analisi degli esperti, dovrà proporre necessariamente soluzioni adeguate per preservare il patrimonio dell’Unesco.

Ora che la resilienza della barriera corallina è seriamente compromessa, il governo Albanese dovrà darsi da fare per produrre un’azione forte in tempi ristrettissimi: il rischio è che venga ufficializzata la classificazione del coral reef più bello del Pianeta come “in pericolo”, con conseguente possibilità di perdita dello status di Patrimonio Mondiale, oltre che di danno di immagine per l’Australia.

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