Diritti

Povertà: 735 milioni di persone sono malnutrite

Secondo la 18° edizione dell’Indice Globale della Fame di Fondazione Cesvi, 43 Paesi vivono in una condizione di insicurezza alimentare; le regioni più critiche: Asia Meridionale e Africa Subsahariana
Credit: Muhammad Taha Khan
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21 dicembre 2023 Aggiornato alle 20:00

La fame continua a colpire duramente diverse regioni del mondo, con 735 milioni di persone che affrontano gravi livelli di denutrizione: è quanto emerso dalla 18° edizione dell’Indice Globale della Fame presentato da Fondazione Cesvi.

Il report evidenzia una situazione critica in 43 Paesi, con nessun miglioramento significativo dal 2015; particolarmente gravi sono i casi di Burundi, Lesotho, Madagascar, Niger, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan e Yemen.

Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi, sottolinea che il mondo si trova di fronte a sempre più disastri, e una risposta efficace a queste catastrofi è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare globale: «La sovrapposizione delle crisi – commenta – sta intensificando le diseguaglianze sociali ed economiche, vanificando i progressi sulla fame, mentre il peso più grave è sui gruppi più vulnerabili».

In particolare, le persone più giovani e, più nello specifico, le ragazze, rappresentano circa il 60% delle vittime della fame acuta, con il lavoro di assistenza non retribuito che sovraccarica e triplica la probabilità di non accedere a lavori pagati rispetto ai coetanei maschi.

I dati del report

L’Indice Globale della Fame calcola il punteggio di ogni Paese basandosi su 4 indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i 5 anni.

Il report ha lo scopo di delineare in dettaglio la situazione in diverse regioni del mondo, evidenziando le sfide specifiche che ogni area affronta: in questo senso, le zone considerate più critiche sono quelle dell’Asia Meridionale e l’Africa Subsahariana, mentre Europa e Asia Centrale hanno ottenuto tra i punteggi più bassi.

Per esempio, in Asia Meridionale i tassi di malnutrizione infantile sono drammatici, e il deperimento infantile, al 14,8%, è il più alto del mondo. Stessa situazione nell’Africa Subsahariana che ha il livello di denutrizione (21,7%) e il tasso di mortalità infantile (7,4%) più alti al mondo.

Europa e Asia centrale hanno un punteggio basso (6,1); tuttavia, nel periodo pandemico e post-pandemico, tra il 2020 e il 2022, il 10,5% della popolazione dell’Europa orientale e il 18,4% di quella dell’Asia centrale hanno sperimentato un’insicurezza alimentare moderata o grave.

Lo scenario generale, nel complesso, restituisce un quadro di peggioramento, con un punteggio globale dell’indice Ghi di 18,3; inoltre, dal 2017, il numero di persone denutrite è aumentato considerevolmente, da 572 milioni a 735 milioni.

«A ostacolare i progressi è la “policrisi”: l’impatto combinato di cambiamento climatico, conflitti e guerre – come la guerra fra Russia e Ucraina e la più recente fra Israele e Hamas – crisi economiche, pandemie, che inaspriscono le disuguaglianze socio-economiche e hanno rallentato o fermato i precedenti passi avanti», ha detto Valeria Emmi, networking and advocacy senior specialist di Cesvi.

«Nel 2023 – ha aggiunto – la situazione climatica è in peggioramento e l’accesso al cibo resta precluso a molti. Le zone meno resilienti soffriranno contraccolpi su fame e nutrizione, ritrovandosi meno preparate ad affrontare future crisi».

«I conflitti, insieme alla crisi climatica e agli shock economici, rappresentano le cause principali di queste emergenze che coinvolgono persone, comunità e territori a ogni latitudine. Purtroppo, i dati indicano che nei prossimi 6 mesi l’insicurezza alimentare acuta rischia di peggiorare in almeno 18 aree ad alto rischio. Insieme alla Palestina, sono il Burkina Faso, il Mali, il Sud Sudan le frontiere di massima preoccupazione dove il rischio di morire di fame o di un deterioramento rapido verso condizioni catastrofiche è altissimo. Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Haiti, Pakistan, Somalia, Siria, Yemen sono anch’esse realtà preoccupanti. La prospettiva non è incoraggiante, ma è necessaria per poter comprendere che occorre agire con urgenza», dichiara Maurizio Martina, vice-direttore generale Fao.

La situazione in Italia

Come sottolinea il report, anche in Italia il cambiamento climatico sta influenzando lo scenario: la previsione di forti piogge, notti tropicali e la diminuzione delle precipitazioni presentano sfide significative, amplificate dai cambiamenti che stanno vivendo le singole città.

Il cambiamento climatico, infatti, insieme ai conflitti e agli shock economici, è identificato tra le principali cause delle emergenze alimentari in diverse regioni del mondo, tra cui il nostro Paese, considerato un hotspot del cambiamento nel Mediterraneo.

Lamberto Bertolé, assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano, ha commentato: «Il rapporto curato da Fondazione Cesvi conferma una tendenza che i grandi centri urbani stanno sperimentando sulla loro pelle: le categorie più a rischio di cadere in povertà assoluta sono oggi le famiglie giovani con minori, che sono quindi i soggetti più esposti alle conseguenze della malnutrizione. Ma non basta lavorare sui sintomi, è fondamentale intervenire sulle cause, e l’Indice globale ci fornisce uno strumento utile di conoscenza da cui prendere spunto per immaginare soluzioni».

Il rapporto, dunque, evidenzia l’urgenza di agire con decisioni per affrontare la fame globale e le sue cause profonde. E, in quest’ottica, è fondamentale la collaborazione a livello globale: solo così si possono superare le sfide legate al cambiamento climatico, ai conflitti e alle disuguaglianze socio-economiche che minacciano la sicurezza alimentare a livello mondiale.

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