Diritti

Bulgaria: lo sciopero della fame di Gabriela Bankova per i diritti transgender

L’obiettivo della protesta è ottenere dal Governo interventi legali che permettano a cittadini e cittadine di scegliere la propria identità di genere. La sua battaglia continuerà «Fino a che non vedrò implementate queste misure o non morirò»
Il sit-in di Gabriela Bankova
Il sit-in di Gabriela Bankova Credit: Instagram.com/@europride.info 
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28 novembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Seduta sui gradini davanti al Palazzo della Giustizia di Sofia, epicentro della scena giudiziaria della Capitale bulgara, al freddo con 2 o 3 gradi di giorno, nevischio e temperature sotto lo zero di notte, avvolta da coperte e tra cartelli scritti in bulgaro: è la protesta di Gabriela Bankova, che lotta per i diritti delle persone transgender in un Paese che sembra offrire poco (o meglio, che toglie le possibilità) a chi, come lei, si riconosce in un genere che non è quello che culturalmente leghiamo al sesso biologico. Appostata davanti all’elegante edificio con una facciata in stile classico e bizantino, con le statue in bronzo dei leoni ai lati, rivendica ciò che bolle dentro di lei: Bankova sembra non volersi arrendere di fronte a un Governo che, a suo dire, non tutela queste battaglie.

Strappando il certificato di nascita che riportava un genere non allineato con la sua identità, il 13 novembre Bankova ha annunciato uno sciopero della fame a tempo indeterminato e un sit-in sui gradini del tribunale per ottenere procedimenti legali per casi come il suo. 3 giorni dopo, il 16 novembre, è stata ammanettata dalla polizia bulgara e detenuta sul posto per non aver mostrato un documento d’identità valido. Dopo essere stata rilasciata, ha ripreso lo sciopero della fame.

«Sono 7 giorni che non mangio, sto lottando perché i miei diritti siano riconosciuti - ha affermato Bankova il 19 novembre - Le persone trans in Bulgaria sono una minoranza; non abbiamo armi per lottare per i nostri diritti», ha aggiunto parlando con il servizio bulgaro di Radio Free Europe/Radio Liberty dopo aver iniziato la sua protesta.

Da alcune notizie si apprende che Bankova lottava per essere ricoverata in ospedale per il trattamento della polmonite presentandosi con il genere con cui si identifica, mostrando come prova i risultati di un esame psicologico e il parere di un endocrinologo. Ma il suo appello di riassegnazione di genere è stato respinto (così come altri casi bulgari). Per questo, ha promesso che il suo sciopero della fame continuerà fino a quando l’intero sistema giudiziario non sarà riformato. «Fino a che non vedrò implementate queste misure o finché non morirò, continuerò questo sciopero della fame».

A febbraio, la Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che la legislazione bulgara non prevede modifiche legali al genere assegnato, citando una decisione della Corte Costituzionale del 2021 che afferma una “esistenza binaria della specie umana” e che il genere è biologico, “determinato alla nascita e si perde con la morte”.

Soltanto a luglio 2023 è stato modificato il codice penale per includere l’orientamento sessuale nell’elenco dei crimini d’odio punibili. Bankova, in questo scenario, ha accusato i tribunali di perpetuare l’intolleranza e la violenza come valore fondamentale e guida.

TDoR, uniti per la memoria delle vittime di violenza

Non solo Bulgaria: anche altri Paesi vivono una situazione non incoraggiante per quanto riguarda i diritti delle persone transgender. I dati del Trans Murder Monitoring lo confermano: nel 2022 sono state 381 le vittime di transfobia del mondo. Questo significa che più di una persona trans al giorno perde la vita; dal 2019 a oggi c’è stato un aumento dell’8% delle vittime di transfobia. A questi dati si aggiungono anche tutte le vittime di episodi di transfobia legati a odio, violenza fisica e psicologica, pregiudizi o discriminazione.

Pochi giorni fa, durante il Transgender Day of Remembrance (TDoR) (20 novembre) si è onorata la memoria delle persone vittime di transfobia e delle violenze che affliggono le persone transgender e di genere non conforme che, non solo non vengono tutelate, ma non sono neanche considerate cittadinǝ con gli stessi diritti di chiunque (viene perfino negato loro l’accesso alla sanità, come successo a Bankova).

La classifica elaborata dall’associazione Ilga-Europe che misura il rispetto per i diritti delle persone Lgbtq+ posiziona, su 49 Paesi, la Bulgaria al 40° posto con un indice del 19,86% e l’Italia al 34° con un indice del 24,76%. Sul podio della classifica ci sono Malta, Belgio e Danimarca; al 4° posto troviamo la Spagna, che ha fatto molti passi avanti di recente. Infatti, il 16 febbraio 2023 è stata approvata definitivamente la Ley trans che autorizza la libera autodeterminazione di genere: “Le persone spagnole dai 16 anni in su potranno decidere se identificarsi con il genere maschile o femminile, indipendentemente dal sesso biologico registrato alla nascita o dalle caratteristiche somatiche e anatomiche del proprio corpo. Il cambiamento di genere sarà registrato attraverso una semplice procedura amministrativa che esonera i richiedenti dai due documenti richiesti finora: un’attestazione relativa a un trattamento ormonale erogato già da 2 anni o un rapporto medico che diagnostichi la disforia di genere. L’unico requisito necessario e sufficiente sarà, d’ora innanzi, la mera manifestazione della volontà del singolo”.

Il caso della Spagna rassicura, ma ci sono ancora molti passi avanti da fare negli altri Paesi europei, dove i diritti delle persone trans non sono totalmente riconosciuti e adeguatamente tutelati.

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