Diritti

Germania: attivista transgender teme le discriminazioni in carcere

Fermata durante una protesta di Ultima Generazione, Penelope Frank rischia di entrare in una struttura maschile. Le prigioni tedesche, infatti, non sono preparate ad accogliere persone trans
Penelope Frank durante un'azione degli attivisti per il clima nel mese di aprile
Penelope Frank durante un'azione degli attivisti per il clima nel mese di aprile Credit: Picture alliance / PIC ONE | Stefan Müller
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 agosto 2023 Aggiornato alle 12:00

Penelope Frank è un’attivista di Ultima Generazione da dicembre 2021. Lo spiega lei stessa sul sito di Go Fund Me, dove ha organizzato una raccolta fondi per riuscire a pagare le multe ed evitare, così, di andare in carcere, e riuscire a saldare il suo debito con l’assicurazione sanitaria e concentrarsi sull’attivismo a tempo pieno.

Il suo caso è piuttosto noto in Germania: lei, donna transgender di 32 anni, è sotto processo per aver bloccato il traffico aereo all’aeroporto di Berlino, dove si è incollata all’asfalto insieme a un’altra attivista. Se condannata, potrebbe dover scontare una pena detentiva e teme di andare in un istituto penitenziario maschile: i suoi documenti la identificano ancora come un uomo.

“In quanto donna trans - scrive sulla petizione online - sono minacciata di finire in prigione o in un istituto di correzione per uomini a causa della mancata legge sull’autodeterminazione”. Come attivista transgender, Penelope Frank si espone “a rischi particolari attraverso le proteste di Ultima Generazione. Ho rinunciato al mio appartamento per la fase di protesta a Berlino nell’autunno del 2022 e quindi non ho una casa mia”.

Durante i blocchi aeroportuali, che si sono verificati anche a Düsseldorf e Amburgo, sono stati cancellati decine di voli e la polizia aveva avviato indagini contro gli attivisti. “Inoltre, una condanna al carcere per me, in quanto donna trans, significherebbe direttamente la conseguenza più dura di finire in un istituto di pena per uomini, in un contesto di crescente ostilità verso i trans a causa della mancanza di leggi sull’autodeterminazione”.

L’anno scorso, quando era stata arrestata, aveva spiegato su Instagram che, “fortunatamente, mi è stato permesso di entrare nella cella comune delle donne nonostante il passaporto maschile”. Frank aveva spiegato agli agenti quanto fosse difficile cambiare legalmente il proprio nome e sesso e “sono stata in grado di dimostrare che sono già in terapia ormonale”. Ma i debiti dovuti alle azioni di protesta, alle multe e alle terapie di affermazione di genere stavano rallentando il suo percorso di transizione.

Nella petizione lanciata online, che ha raggiunto quota 8.643 euro (con cui Frank è riuscita, il 17 luglio, a pagare il suo legale, le multe ricevute e l’assicurazione sanitaria, proseguendo con le terapie ormonali), Frank ha spiegato che “dal momento che l’ostilità verso le persone trans è arrivata al centro della società, si è alla mercé del personale e dei detenuti, soprattutto nelle detenzioni. Per me, in quanto donna trans, esiste anche il rischio di isolamento. […] A questo si aggiunge il timore che un giorno dovrò aspettarmi una perquisizione domiciliare se avrò di nuovo una stanza o un appartamento condiviso. È giusto?”.

Deutsche Welle spiega che le strutture maschili non sono adeguatamente preparate per accogliere le persone transgender: lo ha riferito al quotidiano tedesco René Müller, presidente federale del sindacato del personale penitenziario in Germania. «Devi tenerle d’occhio, ovviamente, per la loro protezione. Al momento siamo a corto di personale, quindi non possiamo gestirlo in ogni momento. In realtà ci sentiamo un po’ abbandonati dal Ministero della Giustizia federale».

Le cifre riportate da Müller, parlano di un totale di circa 60.000 detenuti nelle quasi 200 strutture penitenziarie tedesche. «Attualmente c’è una carenza di circa 2.000 agenti penitenziari in tutto il Paese», ha spiegato. Nel Paese le carceri sono sotto la giurisdizione dei 16 Stati, alcuni hanno già creato strutture ad hoc per i detenuti trans, sviluppato linee guida specifiche o organizzato corsi di formazione per il personale penitenziario. In base al principio della segregazione di genere non è consentito a uomini e donne di condividere le strutture.

In Germania esiste la Selbstbestimmungsgesetz (“Legge sull’autodeterminazione”), che consentirebbe di cambiare legalmente il sesso e il nome con una semplice dichiarazione da consegnare all’anagrafe, ma il Governo federale non l’ha ancora approvata. “La legge è destinata a sostituire il Transgender Act del 1980, che è sostanzialmente incostituzionale”, spiega il sito web del Governo.

La Transsexuellengesetz (“Legge sulle persone transgender”), che, appunto, risale a oltre 40 anni fa, inizialmente imponeva loro di sottoporsi a un intervento chirurgico di conferma del genere per poter modificare i documenti di identità, ma è stata dichiarata incostituzionale. Le stime sul numero di persone trans in Germania variano, ma la Società tedesca per l’identità trans e l’intersessualità stima che siano circa 500.000.

Nelle carceri, secondo Müller, bisognerebbe istituire delle sistemazioni individuali e aree di detenzione separate: «È compito dei ministeri della Giustizia attrezzare i nostri istituti di pena in modo adeguato in termini di personale, logistica e finanze. È questo che chiediamo ai politici».

Thomas Galli, che ha gestito 2 carceri e dal 2016 lavora come avvocato ad Augusta, ha rappresentato una donna trans incarcerata per quasi 2 anni per frode, prima nel reparto maschile e poi in quello femminile. «Nella maggior parte delle carceri c’è già una forte cultura maschilista e non c’è necessariamente molta tolleranza. Ci sono molti detenuti maschi giovani, con personalità problematiche e spesso con una tendenza alla violenza - ha spiegato Galli a DW - Dal mio punto di vista, è giustificato il timore che i detenuti trans siano vittime di bullismo, molestie sessuali e aggressioni».

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