Diritti

Quanto è difficile essere una persona trans in un Paese come il nostro?

Secondo l’associazione Ilga Europe un bel po’. In un’analisi che ha preso in esame 49 Paesi, infatti, l’Italia si è classificata al 34esimo posto per quanto riguarda il rispetto dei diritti delle persone Lgbtq+
21 ottobre 2023, Madrid, Spagna: Centinaia di persone con cartelli e bandiere della comunità trans, durante una protesta nelle strade di Madrid, contro l'odio e la transfobia 
21 ottobre 2023, Madrid, Spagna: Centinaia di persone con cartelli e bandiere della comunità trans, durante una protesta nelle strade di Madrid, contro l'odio e la transfobia  Credit: Luis Soto/Zuma Premere Filo
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 3 min lettura
28 ottobre 2023 Aggiornato alle 06:30

Ilga Europe, la sezione europea della International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, ha pubblicato un’analisi sul livello di discriminazione che viene agita ai danni di lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersex e ciò che è emerso è che essere una persona appartenente alla comunità Lgbtq+ in Italia è parecchio difficile.

Tra gli aspetti analizzati ci sono le leggi e le politiche implementate da ciascun Paese che impattano sulla vita delle persone Lgbtq+.

Ilga Europe traccia quanto avviene in ognuno dei luoghi considerati, utilizzando un ampio spettro di indicatori e coprendo ambiti diversi: dall’equità ai temi legati alle famiglie, dall’hate speech al riconoscimento giuridico del genere, dalla libertà di espressione ai diritti d’asilo.

Lo studio colloca ciascuna nazione lungo un continuum ai cui estremi si trovano la violazione dei diritti umani e il loro pieno rispetto.

L’Italia si colloca in 34° posizione su 49 Paesi analizzati, più vicina alla violazione di quanto dovrebbe. Prima di noi, Spagna, Islanda, Francia e Portogallo. Ma anche Montenegro, Irlanda, Croazia e Serbia. Ah, e l’Ungheria.

Ecco perché attività come quelle condotte dal Mit (Movimento Identità Trans) sono fondamentali per la garanzia dei diritti e anche per l’impegno nel continuare a mettere a fuoco le discriminazione che molte persone trans si trovano a fronteggiare quotidianamente.

Nato nel 1979, il Mit fornisce servizi di supporto fondamentali come l’assistenza legale, il consultorio e l’accoglienza. Il 25 luglio del 2022, inoltre, ha aperto lo sportello Star, rivolto ai membri della comunità Lgbtq+ che necessitano di sostegno per la fuoriuscita da situazioni di violenza omolesbobitransfobica o vulnerabilità.

In un anno di attività Star ha accolto 154 persone di età compresa tra i 19 e i 70 anni, il 45% di nazionalità italiana e il 55% con background migratorio.

Ed ora, insieme all’associazione Centro Donna e Giustizia di Ferrara e con un finanziamento dell’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), il Mit lancia una campagna di sensibilizzazione volta a sradicare tutti quegli stereotipi che le persone Lgbtq+ sono ancora costrette a vivere sulla propria pelle, tanto in ambito famigliare quanto sul lavoro, luogo quest’ultimo dove, come testimoniato dai dati Unar, in Italia una persona su cinque appartenente alla comunità denuncia un ambiente ostile.

Grazie alla collaborazione tra il Mit, Cheap (laboratorio permanente di arte pubblica) e Comunicattive (agenzia specializzata in comunicazione di genere), la campagna tappezza le strade di Bologna, dando visibilità alle persone trans grazie a street poster art che giocano con alcune parole chiave con l’obiettivo di superare la transfobia.

Ma non è finita qui perché in occasione della campagna di comunicazione, il Mit ha lanciato anche un crowdfunding per sostenere le sue attività e permettere all’associazione di superare il momento di crisi che sta attraversando, anche alla luce del fatto che, come sempre, i finanziamenti pubblici sono al minimo.

Volete conoscere il titolo della campagna di crowdfunding? Difendi la favolosità. Non è meraviglioso?

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