Ambiente

La chimica è energivora ma anela alla sostenibilità

Il nuovo Rapporto Responsible Care sottolinea il lato green dell’industria chimica, sempre più attenta anche alla gestione responsabile dell’acqua
Credit: RF._.studio 

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20 novembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Il settore della chimica è tra i più energivori ma è anche molto consapevole del suo ruolo nel progresso verso la sostenibilità e la sicurezza.

Così limita i consumi, rende gli scarichi idrici più “puliti”, attrae circa un quarto degli investimenti ambientali sul totale dell’industria manifatturiera, genera il 14% delle emissioni di CO2 e ricicla il 34% dei rifiuti, destinando il 18% al ripristino ambientale.

Oltre ad aver migliorato la loro gestione, infatti, il settore chimico ha ridotto ulteriormente la produzione dei rifiuti, facendo segnare un -14% nell’ultimo anno. Tutti questi numeri emergono dal 29esimo Rapporto Responsible Care, il programma mondiale volontario di promozione dello sviluppo sostenibile presentato come ogni anno da Federchimica (Confindustria).

D’altra parte l’industria chimica è considerata un settore energivoro a causa dell’elevata intensità energetica necessaria per operare e trasformare la materia, al fine di ottenere sostanze e prodotti indispensabili per quasi tutte le attività economiche.

Il suo impatto ambientale risulta dunque più significativo rispetto ad altri comparti. Come industria consapevole e responsabile, la chimica presenta una particolare attenzione verso la sostenibilità.

Uno dei primi dati che salta all’occhio è che, rispetto al 1990, l’industria chimica ha migliorato la propria efficienza energetica del 33%, a parità di produzione, in sintonia con gli obiettivi fissati dal Green Deal dell’Unione europea per il 2030. In generale le spese sostenute dalle imprese chimiche italiane per sicurezza, salute e ambiente superano quota 1,1 miliardi di euro, con un’incidenza sul fatturato pari all’1,8%.

Si tratta nel dettaglio del settore che ha visto le sue imprese intraprendere più azioni per la tutela ambientale, in ambiti come la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti (73%), la loro gestione per la riduzione degli inquinanti (65%) e l’abbattimento delle emissioni nocive nell’aria (52%).

Inoltre il miglioramento dei processi industriali e la crescente efficienza degli impianti di trattamento degli scarichi idrici hanno permesso una forte riduzione di tutte le emissioni inquinanti in acqua.

Le imprese chimiche in effetti sono fortemente impegnate nell’utilizzo ottimale della risorsa idrica, preziosa e sensibile agli effetti del cambiamento climatico, a partire dalla siccità. L’acqua è usata soprattutto nei processi di raffreddamento degli impianti e in misura più limitata per le fasi produttive e la pulizia dei siti. Così il suo consumo, a parità di produzione chimica, è diminuito del 49% tra il 2005 e il 2022.

Invece l’utilizzo di acqua potabile, la fonte più pregiata, copre solo l’1,3% dei consumi idrici totali e si è ridotto del 59%. La sorgente principale di approvvigionamento è il mare (77%) che, insieme ai fiumi (9%), viene impiegato per il raffreddamento degli impianti, con un impatto ambientale limitato in quanto l’acqua non evaporata viene restituita ai corpi idrici.

Ad ogni modo c’è ancora lavoro da fare sul piano dell’azione della “chimica” nel mondo. a esempio gli scienziati dell’Università di Göteborg hanno analizzato i dati di 13 Paesi, scoprendo che nella plastica riciclata ci sono centinaia di sostanze chimiche tossiche tra cui pesticidi e farmaci.

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