Ambiente

Plastica riciclata: trovate sostanze chimiche tossiche

La scoperta è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Göteborg che hanno analizzato 28 campioni, provenienti da 13 Paesi, di pellet di polietilene ad alta densità riciclato
Credit: Nigel Hoare  

Tempo di lettura 4 min lettura
14 novembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Gli scienziati dell’Università di Göteborg hanno analizzato i dati di 13 Paesi, scoprendo che nella plastica riciclata ci sono centinaia di sostanze chimiche tossiche tra cui pesticidi e farmaci.

Lo studio, pubblicato nella sezione “Data in Brief” di ScienceDirect, si è concentrato su 28 campioni di pellet di polietilene ad alta densità (Hdpe) riciclato, un polimero termoplastico ricavato dal petrolio.

Acquistati da diverse Ong che operano a livello locale, provenivano da impianti di riciclo distribuiti in regioni del Sud del mondo come Africa, Sud America, Asia ed Europa orientale e per la precisione in Argentina, Camerun, India, Indonesia, Malesia, Mauritius, Nepal, Nigeria, Serbia, Taiwan, Tanzania, Thailandia e Togo.

Gli esami scientifici hanno portato alla luce la presenza di quasi 500 composti organici nella plastica riciclata, oltre a circa 170 sostanze da identificare con maggiore dettaglio. Si tratta di elementi inquinanti riconducibili a pesticidi, prodotti chimici industriali, additivi e medicinali.

Stando così le cose, per i ricercatori guidati dall’esperta Bethanie Carney Almroth, la plastica riciclata

è inadeguata alla maggior parte degli utilizzi e potrebbe ostacolare il consolidamento di un circuito virtuoso di economia circolare.

Le materie plastiche sono prodotte infatti con una serie sbalorditiva di composti.

È noto come 13.000 sostanze chimiche siano utilizzate nella produzione di materiali e oggetti in plastica.

Molte delle sostanze in questione hanno proprietà pericolose, mentre su migliaia di queste mancano informazioni, anche tossicologiche, di base. Così le componenti aggiunte non intenzionalmente possono contaminare ulteriormente i processi in varie fasi: realizzazione, utilizzo, rifiuti e riciclo.

Alcune normative nazionali e regionali prevedono limiti alle concentrazioni consentite di sostanze chimiche pericolose in specifici prodotti di plastica ma meno dell’1% è soggetto a una regolamentazione internazionale.

Uno dei problemi sta proprio nel fatto che attualmente non esiste l’obbligo diffuso né di una rendicontazione trasparente delle sostanze chimiche lungo tutta la filiera della plastica né di un monitoraggio completo dei materiali riciclati, attuato per legge.

In generale il documento prodotto dagli scienziati è prezioso perché fornisce un set di dati che può migliorare la conoscenza della complessa composizione chimica associata alla plastica riciclata.

Si auspica che queste informazioni possano essere utili gli attori di numerosi settori, lungo tutto il ciclo di vita della plastica: i produttori e le fabbriche, le autorità di regolamentazione e i responsabili politici, i lavoratori e gli addetti alla gestione dei rifiuti incluso il riciclo e i consumatori.

Ne trarranno poi beneficio i ricercatori in diversi campi di studio: le scienze naturali, sociali e dei materiali, l’ingegneria chimica, l’eco-tossicologia, la salute umana, l’epidemiologia, l’antropologia, gli economisti e gli esperti di diritto.

In effetti l’inquinamento delle micro-plastiche è uno dei più pervasivi e dannosi a livello mondiale. A dare i maggiori problemi è proprio il pellet da plastica, materia prima molto utilizzata nei processi industriali. Così la Commissione Ue sta valutando un nuovo regolamento per contrastarne il rilascio fino al 74% entro il 2030.

Intanto a Nairobi riprendono i negoziati globali contro l’inquinamento da plastica, per arrivare a un trattato vincolante a fine 2024: i Paesi hanno visioni discordanti che rendono il cammino sempre più in salita.

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