Ambiente

Trattato globale contro l’inquinamento da plastica: riprendono i negoziati

Al via a Nairobi a un altro ciclo di incontri che dovrà portare, a fine 2024, al trattato vincolante per regolare l’inquinamento da plastica. I Paesi hanno visioni discordanti che pongono il cammino sempre più in salita
Credit: James Wakibia/SOPA Images via ZUMA Press Wire

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13 novembre 2023 Aggiornato alle 20:00

In appena un quarto di secolo, di questo passo, rischiamo di rimanere “sommersi” dalla plastica. Le previsioni indicano infatti che gli attuali quantitativi di plastica saranno quasi triplicati entro il 2060, con circa la metà che finirà in discarica e meno di un quinto riciclato.

Un bel problema - tenendo conto di quanto la plastica impatta sugli ecosistemi mettendo a rischio anche la salute dell’uomo - che potrebbe trovare una soluzione interessante nel Trattato globale sulla plastica.

Questo trattato va avanti da tempo ma a Nairobi, in Kenya, un nuovo vertice potrebbe presto trovare una prima quadra su quello che il punto più delicato del negoziato: per ridurre la plastica e i suoi rifiuti ogni Paese dovrà agire secondo i propri piani oppure tutti dovranno stare sotto il cappello e le leggi di un trattato vincolante, con obblighi precisi?

La questione, divisiva, nei round precedenti delle trattative, dal Kenya a Parigi, non ha trovato finora una risposta univoca. Attualmente le delegazioni governative ritenteranno, a Nairobi, di definire i dettagli di un possibile trattato globale ma le posizioni restano molto distanti. Su tutte quella degli Stati Uniti, i più propensi alla via di “ognuno con il proprio piano e i propri obiettivi” e lontani da una intesa globale e vincolante. Con loro anche Cina, India e Arabia Saudita più propensi, durante la fase negoziale internazionale (Inc), a un accordo in cui ogni stato determina il proprio impegno, mentre al contrario diverse realtà dell’Africa e dell’Asia chiedono un “impegno globale”.

Di recente però, con una possibile apertura anche per gli altri Paesi, gli Stati Uniti sono apparsi disposti a rivedere la propria posizione. Come ha spiegato Graham Forbes, responsabile della campagna globale sulla plastica per Greenpeace Usa, ci sono stati piccoli segnali di cambiamento ma ancora lontani da una fumata bianca.

«Osserveremo molto da vicino per vedere come andrà a finire. Dobbiamo parlare di regole e mettere in atto regolamenti», ha ricordato Forbes.

I negoziati puntano a ottenere un trattato formalmente in vigore entro la fine del 2024 e quello in corso in Kenya (sino al 17 novembre) è il terzo ciclo di incontri a metà strada verso la risoluzione finale che, attualmente, passa per una riduzione drastica della produzione di plastica vergine e a determinate restrizioni a livello nazionale.

Gli attivisti nel frattempo denunciano come le grandi potenze economiche e il contesto della attuale geopolitica siano sempre più legati alle grandi compagnie petrolifere e chimiche che non sono disposte ad allentare la presa sulla produzione di plastica. Al contrario però gli ambientalisti, seguendo le previsioni, chiedono una riduzione di almeno il 75% della produzione di plastica entro il 2040, per mantenere le emissioni di gas serra entro uno scenario di 1,5 °C (proposta di Greenpeace).

«Nonostante gli intoppi, sono molto incoraggiato dal fatto che una chiara maggioranza di Paesi abbia dichiarato di volere un trattato forte con regole vincolanti e abbia proposto una base globale per l’eliminazione graduale dei materiali», aggiunge Eirik Lindebjerg, responsabile della politica globale sulla plastica del Wwf.

«Ci sono grandi interessi economici nel mantenere lo status quo. Ma c’è anche una forte protesta pubblica e una forte pressione pubblica contro questi interessi. Vedremo alla fine chi vincerà», chiosa Lindebjerg.

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