Ambiente

La pioggia è chimica

Secondo uno studio della Stockholm University, a causa dei Pfas - sostanze perfluoroalchiliche - le precipitazioni sono sempre più contaminate dai composti prodotti dalle industrie
Credit: David Marcu
Tempo di lettura 3 min lettura
16 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Ormai in ogni angolo del mondo le acque piovane sono contaminate dai composti chimici prodotti dalla nostra società industriale, che stanno eccedendo i livelli di sicurezza.

Questo è il nuovo allarme lanciato dai ricercatori della Stockholm University: «Stiamo sostenendo che non siamo più all’interno di questo spazio operativo sicuro, perché ora abbiamo sostanze chimiche ovunque e questi livelli di sicurezza non possiamo più ottenerli», ha dichiarato il professore Ian Cousins, a capo del gruppo di ricerca.

Sotto esame ci sono le Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche, che fin dagli anni ‘40 sono utilizzate in vasti settori industriali per la produzione di numerosi prodotti commerciali di uso comune. Sono definite anche “sostanze chimiche eterne” in quanto tendono a degradare in maniera estremamente lenta rimanendo in circolazione per molto tempo e accumulandosi nell’ambiente.

Secondo diversi scienziati queste componenti chimiche potrebbero essere responsabili dei problemi di fertilità che stanno incontrando numerose persone, con incremento del rischio di cancro e di ritardi nella procreazione.

Numerosi studi sono ancora in corso per identificare bene la portata dei problemi viste le numerose incertezze, ma i risultati conseguiti fino a ora suscitano notevoli allarmi: «Stiamo trovando effetti sulla salute a concentrazioni sempre più basse», ha affermato Rita Lock-Caruso, professoressa di tossicologia alla Michigan University.

I Pfas sono talmente diffusi nell’ecosistema terrestre che pure nelle remote regioni dell’Antartide sono state trovate varie tracce, come riportato da un recente studio.

Inoltre un’altra ricerca ha constatato che il 97% degli americani ha livelli misurabili di queste sostanze nel sangue, dovuti probabilmente alle acque potabili.

Sempre secondo il prof. Cousins questo potrebbe comportare dei problemi per le popolazioni di numerose nazioni: «Sebbene nel mondo industrializzato non beviamo spesso l’acqua piovana, molto persone nel resto del pianeta si aspettano di bere in sicurezza, dato che fornisce molte delle nostre fonti d’acqua potabile».

La risoluzione di questi problemi per il momento sembra essere molto lontana, data l’elevata diffusione di queste componenti e il loro apporto allo sviluppo economico-industriale.

Nel 2018 l’Olanda aveva provato a porre dei limiti nelle concentrazioni delle Pfas nell’utilizzo del suolo, senza troppo successo.

Nel 2020 cinque nazioni europee (Germania, Olanda, Svezia, Norvegia e Danimarca) hanno provato a rilanciare l’iniziativa per porre dei limiti efficaci, cercando di formulare entro due anni una proposta comune.

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