Economia

Irpef: la metà degli italiani non paga le tasse

Tra precarietà, lavoro irregolare ed evasione fiscale, i dati raccolti da Ministero dell’Economia e Agenzia delle Entrate sulla contribuzione in Italia fotografano una situazione controversa e poco rassicurante
Credit: Gill Ribeiro  

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13 novembre 2023 Aggiornato alle 19:00

Che l’evasione fiscale fosse un problema - forse il più grande - del nostro Paese lo sapevamo già.

Ma sembra molto più grave lo scenario che dipingono i dati raccolti dal Ministero dell’economia e dall’Agenzia delle Entrate (l’organo che dal 2001 svolge le funzioni relative alla gestione, all’accertamento, al contenzioso e alla riscossione dei tributi) in seguito rielaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Nella settima edizione del rapporto La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale Italiano, che fornisce la dimensione finanziaria delle entrate contributive e fiscali a livello nazionale e regionale, emerge infatti che appena 41 milioni di italiani su oltre 59 milioni hanno presentato nel 2022 una dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente, che costituisce la base imponibile per il pagamento dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche.

Un totale complessivo di 894.162 miliardi di euro, su cui - a titolo di Irpef - lo Stato ha racimolato circa 175 miliardi.

Un dato che, seppure in crescita di 10 miliardi rispetto all’anno precedente, delinea una situazione in cui “coloro che pagano almeno 1 euro di Irpef sono solo 31.366 milioni” con la conseguenza che il restante 47% di italiani non sembra avere nessun reddito, e dunque vive a carico di qualcuno.

Ma è fra questa enorme fetta di cittadini che serpeggia l’elusione fiscale (cioè una serie di azioni apparentemente legali che permettono di aggirare le norme e pagare meno imposte) e ancora di più l’evasione, che consiste in azioni illegali intraprese per non pagare le tasse o pagarne molte di meno. Gesti in violazione alla legge, talvolta piccoli come la mancata emissione di uno scontrino, e altre volte molto più grandi e finalizzati a un completo oscuramento della propria situazione reddituale agli occhi del fisco, rischiando spesso sanzioni salate e la reclusione.

Una situazione reddituale sicuramente non coerente con un Paese del G7, e che secondo il presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla appare «poco veritiera guardando invece a consumi e abitudini di spesa degli italiani», che si attestano invece su una media di 2.625 euro al mese, in aumento significativo rispetto al 2021 nonostante l’elevata inflazione.

Appare ancora dubbioso il quadro relativo ai contribuenti con reddito superiore ai 35.000 euro lordi, che ammonterebbe al 13,94% di italiani (circa 7,67 milioni di cittadini) sulle cui spalle si poggiano due terzi di tutto il gettito dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (il 62,52%).

Il 42% di contribuenti ha invece dichiarato meno di 15.000 euro (di cui 9 milioni fino a 7.500 euro), contribuendo all’Irpef solo per l’1,73%.

Un verdetto sicuramente ingiusto, soprattutto se si considera che la riduzione del cuneo fiscale sui contributi si applicherà per i redditi da 10.000 euro fino a 35.000, escludendo dai potenziali beneficiari tutti quei contribuenti - considerati più ricchi - su cui attualmente si fonda la maggioranza del prelievo fiscale. Con la conseguenza inevitabile di aumentare la disparità di trattamento fra le varie fasce di reddito e incrementare l’imposizione su chi dichiara più di 35.000 euro.

Analizzando i dati in base alle varie regioni, il report conferma una evidente spaccatura tra le varie zone geografiche del Paese, dato che la maggioranza del gettito Irpef proviene principalmente dal Nord, che da solo contribuisce per oltre il 57% del totale dei versamenti, in cui la Lombardia versa da sola 40,3 miliardi. Poco più dell’intero Centro, che rappresenta il 21,83% (circa 38 miliardi), in leggero aumento rispetto alle regioni del Sud, che con 36,3 miliardi contribuiscono al 20,74% dei prelievi fiscali, pur contando il doppio degli abitanti rispetto al resto della Penisola.

In particolare, con 1.621 e 1.678 euro per abitante, rispettivamente Calabria e Sicilia rappresentano le quote regionali più basse per singolo cittadino, in forte contraddizione con i 2144 euro annui della spesa pro capite per la sola sanità.

A trainare l’ammontare del versamento Irpef pro capite risulta ancora una volta il Lazio, con 6.867 euro pro capite, comprensivo di tutte le istituzioni italiane e straniere stabilite intorno alla Capitale, oltre ovviamente al Vaticano.

Seguono la Lombardia con 6.837 euro, la provincia autonoma di Bolzano con 6.080 euro, e la Toscana con più di 5.000 euro.

Ancora una volta, dunque, emerge una differenza profonda fra le varie zone del Paese, in cui rileva la crescente povertà e precarietà di intere fasce di cittadini ma anche l’enorme impatto che l’evasione ha sul sistema fiscale italiano, per un peso totale di 11,6% di Prodotto interno lordo che l’Agenzia delle Entrate non riesce a recuperare.

Una platea enorme di popolazione composta da più di 8.000 evasori totali sconosciuti al fisco e oltre 45.000 lavoratori in nero, stando al bilancio operativo della guardia di finanza dal 1° gennaio 2022 al 31 maggio 2023.

Un divario complice di conseguenze estremamente inique sulle spalle di chi le tasse le paga, e anche tanto.

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