Economia

Evasione fiscale: la mappa dell’Italia

Secondo l’ultimo report dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre, nel 2020 il peso dell’economia non osservata è stato pari al 11,6% del Pil. Il Sud presenta i dati peggiori, ma il problema è nazionale
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26 maggio 2023 Aggiornato alle 07:00

L’evasione fiscale rappresenta un grande problema per il nostro Paese, dato che elimina un’ampia fetta di ricchezza che potrebbe, invece, confluire in servizi (dei quali abbiamo ampiamente bisogno) e in una maggiore redistribuzione del reddito (fondamentale per garantire una maggiore equità).

Il 2020 lo ricordiamo come l’annus horribilis della pandemia da Covid-19, tuttavia ha segnato un punto di discesa per l’evasione fiscale, o meglio per il cosiddetto tax gap, ovvero il divario tra gettito teorico e gettito effettivo.

In poche parole, si tratta di un divario che ci permette di identificare quanto ampio è stato l’inadempimento da parte dei contribuenti nel corso del periodo analizzato.

Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze questo, nel 2020, ha raggiunto gli 89,9 miliardi di euro, dei quali quasi 79 miliardi a causa del mancato gettito tributario, mentre i restanti sono legati a un’evasione di tipo contributiva.

In Italia il problema è sì sistemico, tuttavia non si manifesta in egual misura su tutto il territorio. A sottolinearlo è l’ultimo rapporto dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre (Cgia di Mestre), la quale presenta una mappa tutta Italiana sull’evasione fiscale evidenziando una certa discrepanza tra Nord e Sud. Il podio appartiene al Meridione identificando al primo posto con il più alto tasso di evasione la Calabria, dove per ogni 100 euro incassati 21,3 sono stati evasi; al secondo posto si posiziona la Campania con un rapporto di 20 euro ogni 100 e a seguire la Puglia con 19,2 euro.

Al Nord, seppur con percentuali inferiori, il fenomeno non scompare: a esempio in Friuli Venezia Giulia ogni 100 euro ne vengono evasi 10,6 euro, in Lombardia 9,5 euro e a Bolzano, area con il dato più basso, raggiungiamo i 9 euro e 30 centesimi. Una realtà che pesa sulla nostra economia e che a livello nazionale porta a perdere circa 13,20 euro ogni 100. Una cifra che nell’insieme corrisponde a una perdita di gettito tributario pari a circa 90 miliardi di euro.

Quando parliamo di evasione fiscale facciamo riferimento a una realtà estremamente complessa che include al suo interno un elevata percentuale di quella che viene definita evasione di sopravvivenza, ovvero commercianti e aziende che non pagano le tasse per necessità. Le politiche di riduzione della pressione fiscale attuate negli ultimi anni hanno, tuttavia, contribuito alla riduzione di questa percentuale.

Nel 2022, secondo la Cgia di Mestre, sono stati recuperati oltre 20 miliardi di euro di evasione ed è stato posto un freno alle frodi fiscali per 9,5 miliardi.

In totale nel 2022 le entrate tributarie e contributive hanno ammontato a 68,9 miliardi di euro, un trend che sembrerebbe perdurare anche nell’anno in corso dove nei primi tre mesi si è registrato un +2,7%.

Tra le ragioni di questi incrementi è necessario identificare gli effetti positivi delle proroghe, sospensioni e riprese dei versamenti tributari disposte dal biennio 2020/2021, ma è anche dovuto all’aumento dei prezzi al consumo che hanno portato a una crescita del Pil nel 2022 del 7,6% e del gettito delle imposte autoliquidanti, come Irpef +3,9% e Ires + 43,4%.

Il merito è, poi, da identificare nell’attuazione di un sistema di controllo più rigido ed efficiente dell’evasione fiscale che ha saputo introdurre e sfruttare sistemi di digitalizzazione come la compliance fiscale, lo split payment e la fatturazione elettronica.

Rimane tuttavia ignota per il fisco una larga fetta di patrimoni “invisibili”, come quelli della criminalità organizzata, che pertanto continuano indisturbati a rubare soldi destinati a finanziare le tasche statali e che, invece, finiscono per sostenere unicamente traffici illeciti.

Nel 2020 la percentuale di economia non osservata era pari a 174,6 miliardi di euro e registrava un peso sul Pil pari all’11,6%.

Secondo i calcoli della Cgia di Mestre tra 5 anni l’Italia potrebbe vedere dimezzato questo valore. La strada per raggiungere questo obiettivo è però tortuosa e necessita di una tassazione opportuna delle multinazionali e delle grandi aziende di e-commerce che operano nel nostro paese, oltreché di un’adeguata riforma fiscale.

Una riforma che dovrebbe perseguire tre obiettivi fondamentali: la riduzione del carico fiscale a famiglie e imprese, la semplificazione del rapporto tra il fisco e il contribuente e la riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Un’importante responsabilità per il Governo, il quale dovrebbe non solo impedire l’inadempimento fiscale, ma dovrebbe soprattutto far comprendere come un sistema “di furbetti” è un sistema che nel lungo periodo non avvantaggia nessuno.

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