Economia

Tasse extra-profitti: è la soluzione al caro bollette?

La misura proposta dalla Commissione Ue servirebbe a finanziare un sostegno ai soggetti più fragili colpiti dalla crisi energetica. Per Philip Lane della Bce «mantenere un equilibrio a livello collettivo è importante»
Philip Lane, capo economista della Banca centrale europea
Philip Lane, capo economista della Banca centrale europea Credit: EPA/MARISCAL
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4 ottobre 2022 Aggiornato alle 19:00

Negli scorsi mesi si è parlato molto della tassa sugli extraprofitti, a livello europeo e italiano.

Per contrastare gli effetti negativi della crisi energetica, infatti, la Commissione europea ha presentato un piano d’azione in cui, oltre a indicare precisi obiettivi da raggiungere per risparmiare corrente elettrica, si vuole chiedere alle imprese energetiche di destinare agli Stati membri dell’unione i “profitti in eccesso” per ridurre le bollette dei cittadini europei.

La misura interessa le società energetiche che attualmente stanno godendo di grandi profitti: per fare un esempio dal panorama italiano, secondo alcune stime fornite da Europa Verde, per Eni si contano 20 miliardi di extraprofitti tra 2021 e 2022 (8 miliardi solo nel 2022).

Pochi giorni fa, il capo economista della Banca centrale europea Philip Lane, in linea con quanto avanzato dalla Commissione, ha invitato i Paesi dell’eurozona ad alzare le tasse su «le aziende che stanno realizzando extra profitti e sui ricchi», per finanziare un sostegno ai soggetti più fragili colpiti dalla crisi energetica, perché, ha dichiarato, «mantenere un equilibrio a livello collettivo è importante».

In un’intervista al quotidiano austriaco Der Standard infatti, Lane sostiene che l’inflazione darà un duro colpo alle buste paga dei lavoratori, e che non potranno essere le sole imprese ad aumentare i salari, l’intervento avrebbe un costo eccessivo per queste ultime.

D’altro canto, il capo economista si è detto preoccupato per la denuncia dei sindacati, per i quali le imprese starebbero approfittando dell’inflazione (ovvero di una condizione di generale aumento dei prezzi) per alzare i prezzi “a prescindere”, aumentando i propri utili.

Ma il piano europeo non sembra avere strada facile, e rischia di provocare reazioni oppositive tra gli Stati membri: la Polonia, a esempio, ha già detto di ritenere il piano una misura fiscale, che quindi deve essere approvato all’unanimità, senza alcun voto contrario. I capi di Stato si riuniranno a Praga i prossimi 6 e 7 ottobre, e lì si vedranno più precisamente le posizioni dei vari go-verni.

Un “prelievo straordinario sugli extra profitti” delle imprese energetiche è stato introdotto anche in Italia dal governo Draghi.

Anche questa proposta redistributiva è stata fortemente ostacolata e non ha dato i risultati sperati: il “prelievo”, deciso lo scorso marzo, prevede un’unica tassa sugli utili extra delle aziende dei settori dell’energia, del gas e del petrolio, che con l’aumento dei prezzi delle materie sono a loro volta straordinariamente aumentati.

Anche per il caso italiano, i proventi da questa tassa sarebbero stati destinati a misure di sostegno per famiglie e imprese maggiormente colpite dall’inflazione.

Secondo le stime del ministero dell’Economia, lo Stato avrebbe dovuto incassare 10,5 miliardi di euro: ma il 30 giugno, data di scadenza per il pagamento del primo acconto (il 40% del totale, la seconda tranche è invece da pagare entro novembre), la maggior parte delle aziende coinvolte (in totale, circa 11.000) si sarebbe rifiutata di pagare. Alcune, contestando la misura e dichiarandola “incostituzionale”.

In conclusione, al 30 giugno, lo Stato ha incassato solo 1,23 miliardi di euro. Il periodo considerato per tassare gli extraprofitti va dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022: confrontando la differenza degli utili con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente, si ottiene la quota di extraprofitti considerata.

«È mia intenzione che paghino tutto. Quello che non è tollerabile è che in questa situazione in cui le famiglie sono in difficoltà e le imprese anche, ci sia un settore che elude una disposizione del governo», aveva dichiarato Draghi a commento di questi numeri.

Facendo riferimento ai dati diffusi dal ministero dell’economia, per il 98% delle 11.000 aziende coinvolte si parla di “piccola-media impresa”: a esse sarebbe toccato pagare meno della metà dei 10,5 miliardi totali.

Era delle restanti 2% lo sforzo economico maggiore: per citare alcune di esse, Eni, Enel, Esso, Edison, A2a, Q8 Italia.

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