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It’s Britney; bi*ch

La biografia di Britney Spears The woman in me non è un’opera leggera ma un flusso di coscienza crudo che mette a fuoco gli alti e bassi della sua vita, inclusi i 13 anni in cui la famiglia l’ha privata della libertà
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 novembre 2023 Aggiornato alle 20:00

A 25 anni dall’uscita di Baby One More Time, una canzone che da sola è bastata per consacrarla di diritto nell’Olimpo delle popstar, Britney Spears sbanca di nuovo i record con un nuovo debutto, quello come scrittrice.

The woman in me, uscito in Italia per Longanesi, dopo un solo giorno in libreria era già il memoir di una celebrity più venduto di sempre. E questo la dice lunga su quanto fan e curiosi aspettassero di sentire la versione della cantante che per 13 anni è stata ritenuta legalmente incapace di prendere qualsiasi decisione per se stessa.

Se era la voce di Britney che il pubblico si aspettava, è esattamente quello che ha avuto. Anche se dietro le 288 pagine della biografia della “Principessa del pop” ci sarebbe la penna del ghostwriter Sam Lansky, l’impressione è davvero che a scrivere ogni parola sia stata proprio lei, abbandonatasi in un lunghissimo – e a volte elementare – stream of consciousness, in cui la sintassi infantile dei primi capitoli si fa più lucida man mano che la storia di rivalsa di un’adolescente della Louisiana con una famiglia piena di traumi e abusi alle spalle si fa più cupa. Man mano che si aprono crepe e da quelle crepe emerge, potente, la rabbia: i figli e la depressione post-partum, il famoso breakdown del 2007, la pressione costante e insostenibile dei paparazzi, i 13 anni senza libertà.

Molto di ciò che è contenuto nel libro lo sapevamo ancora prima di sfogliarlo. Gli spoiler mai come in questo caso erano stati impossibili da schivare: l’alcolismo del padre, la paura di quell’uomo che per quasi 3 lustri ha avuto potere totale su di lei, l’aborto a 19 anni perché “Justin era così sicuro di non voler diventare padre” e la rottura via sms.

A emergere, però, è il punto di vista di colei che a 20 anni era la “Most powerful women” del mondo secondo Forbes, di cui i giornali e il pubblico hanno osservato, analizzato, giudicato ogni singola mossa per decenni. Massacrandola perché non rispondeva al modello in cui quella stessa narrazione l’aveva richiusa. Non dimentichiamo che le linee guida diffuse nel 2009 tra i redattori di Associated Press dicevano chiaramente: «Da ora e per il prossimo futuro, qualunque notizia riguardi Britney deve essere considerata di massima importanza». E per qualunque notizia si intendeva davvero qualunque.

C’è una consapevolezza che scorre tra le pagine: se a Britney non sono mai stati fatti sconti e i giudizi sono sempre stati implacabili è perché era una donna. Ce lo dice chiaramente quanto siamo più indulgenti con le star maschili, i loro tradimenti, le loro spese pazze, le droghe. Le donne, invece, le aspettiamo al varco, pronti a godere quando le vediamo spezzarsi. Lo ha spiegato magistralmente J. E. S. Doyle nel libro Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, il fascino della trainwrek, la donna che deraglia pubblicamente, punita perché non ha rispettato il suo ruolo.

“Sono andata da un parrucchiere, ho preso il tagliacapelli e mi sono rasata tutti i capelli. I miei capelli lunghi erano una parte importante di ciò che piaceva alla gente - lo sapevo […] Era un modo per dire al mondo: ‘Fanculo.’ Vuoi che sia carina per te? Vaffanculo. Vuoi che io sia buono per te? Vaffanculo. Vuoi che io sia la ragazza dei tuoi sogni? Vaffanculo” - spiega Spears parlando di uno degli episodi tristemente più noti della mia vita. Aggiungendo - “nessuno sembrava capire che ero semplicemente fuori di testa dal dolore. I miei figli mi erano stati portati via”.

Il recupero della donna dentro la bambina infantilizzata in cui la conservatorship ha ingabbiato la popstar per anni, però, passa anche attraverso la storia delle donne della sua vita. Non solo quelle della sua famiglia – divise tra vittime di abusi, come le nonne, e perpetuatrici di dinamiche disfunzionali, come la madre e la sorella – né le grandi star dai nomi altisonanti che direttamente o indirettamente sono state un modello per lei, come Madonna, Donatella Versace, Jlo e Reese Witherspoon, per cui emerge un profondo rispetto. Ci sono anche donne comuni, come quelle che per settimane e settimane sono state al suo fianco nei meeting degli Alcolisti Anonimi, di cui ha condiviso la forza.

The woman in me non è un libro leggero e divertente, né superficiale come i video sui social e le emoji ci hanno abituato a pensare Spears. È un libro crudo, arrabbiato, anapologetico. Senza filtri, soprattutto quando affronta il rapporto con la famiglia che per anni ha “contato le calorie che poteva mangiare” per ingozzarsi alle sue spalle, che ha pagato un uomo quasi 500.000 dollari l’anno perché le impedisse di accedere al suo denaro, che le ha tolto ogni diritto, anche quelli riproduttivi. Quella famiglia con cui dice di aver fatto pace. “Nel senso che ho capito che non voglio vederli mai più e sono in pace con questo”.

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