Diritti

Francia: Macron promette l’aborto in Costituzione nel 2024

La Repubblica francese potrebbe essere la prima a riconoscere l’interruzione volontaria di gravidanza come un diritto costituzionalmente garantito, a partire dal prossimo anno
Manifestanti tengono in mano grucce (simbolo dell'epoca in cui le donne le usavano per abortire quando la pratica era illegale) durante una protesta per il diritto all'aborto post revoca Roe v. Wade, in Place de la Republique a Parigi
Manifestanti tengono in mano grucce (simbolo dell'epoca in cui le donne le usavano per abortire quando la pratica era illegale) durante una protesta per il diritto all'aborto post revoca Roe v. Wade, in Place de la Republique a Parigi Credit: EPA/Mohammed Badra 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
30 ottobre 2023 Aggiornato alle 18:00

“Basato sul lavoro di parlamentari e associazioni, il disegno di legge costituzionale sarà inviato questa settimana al Consiglio di Stato e presentato al Consiglio dei ministri entro la fine dell’anno. Nel 2024, la libertà delle donne di abortire sarà irreversibile”.

Con un tweet, il presidente francese Emmanuel Macron annuncia quella che potrebbe essere una nuova pietra miliare nella lotta per i diritti riproduttivi. La Francia, infatti, potrebbe essere il primo Paese a riconoscere l’aborto come un diritto costituzionalmente garantito.

Non è il primo tentativo, ma questa potrebbe essere la volta buona. Il 24 novembre 2022, con 337 voti favorevoli, 32 contrari e 18 astensioni, la convergenza politica fra macroniani e mélenchonisti aveva portato al “Sì” dell’Assemblea Nazionale francese. Il 1° febbraio, con 166 voti favorevoli e 152 contrari, era stata la volta del Senato, anche se in quell’occasione era stato proposto un emendamento che recitava: “La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà della donna di interrompere la gravidanza”, eliminando così la parola “diritto” e sostituendola con “libertà della donna”.

La deputata di La France Insoumise Mathilde Panot, promotrice della legge, aveva però invitato l’amministrazione Macron a presentare un proprio disegno di legge sul tema: se le proposte di riforma costituzionale sono promosse dal Governo, infatti, non è necessario un referendum per renderle effettive, come accade invece per quelle di iniziativa parlamentare. Im questi casi il Presidente può convocare un “congresso” speciale di entrambe le Camere a Versailles, che deve adottare l’emendamento con una maggioranza di tre quinti. L’8 marzo, quindi, era stato lo stesso Macron, citando l’avvocata e attivista femminista tunisino-francese Gisèle Halimi, a promettere di inserire il diritto all’aborto nella Costituzione «perché i diritti delle donne sono sempre una conquista precaria».

Mentre in moltissimi Paesi (dalla Polonia agli Stati Uniti del post-Roe, passando per l’Ungheria di Orban) il diritto all’aborto è sotto attacco, la Francia va nella direzione opposta; altrettanto significativo: le decisioni istituzionali si allineano alla sensibilità dei cittadini. A giugno 2022, infatti, l’81% dei francesi si è detto d’accordo sul fatto che “il diritto della donna di scegliere l’aborto sia sancito dalla Costituzione francese”. Secondo il sondaggio condotto dall’Ifop, quasi la metà del francesi (48%) si era dichiarata “molto favorevole” e il 77% degli intervistati riteneva che questa misura fosse “utile”.

L’aborto in Francia è stato depenalizzato dalla legge Veil del 1975. Nel gennaio 2014, l’Assemblea nazionale aveva votato un testo-simbolo per ribadire che l’aborto è “un diritto fondamentale” di tutte le donne. Nella Costituzione francese, però, non è presente alcun articolo che garantisca il diritto all’interruzione di gravidanza.

Ora le cose potrebbero cambiare: l’ufficio di Macron ha dichiarato che l’articolo 34 della Costituzione sarà modificato per includere che “la legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà delle donne di ricorrere all’aborto, che è garantita”. Questo metterebbe il diritto all’aborto da eventuali iniziative che potrebbero metterlo a rischio, come è avvenuto a esempio negli Usa: per modificare la Costituzione, infatti, è necessario un consenso parlamentare molto ampio o l’approvazione di un referendum.

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