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Tumore, Fondazione Veronesi: «Bisogna prendersi cura del proprio seno»

Quando iniziare a fare la mammografia? E l’autopalpazione? A questi e altri dubbi ha risposto Chiara Segrè, responsabile della supervisione scientifica dell’ente milanese
Chiara Segrè, Fondazione Veronesi
Chiara Segrè, Fondazione Veronesi
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
13 ottobre 2023 Aggiornato alle 13:00

In Italia, ogni ora di ogni giorno vengono scoperti 6 nuovi casi di tumore al seno, la neoplasia femminile in assoluto più frequente. Nel 2022 le diagnosi sono state 55.700.

Questi numeri, però, non devono spaventare; sono, piuttosto, punti di partenza per una presa di coscienza collettiva verso l’importanza della prevenzione, fin dalla giovane età.

Oggi la sopravvivenza a 5 anni dalla scoperta del tumore è dell’88%, oltre il 90% se viene diagnosticato nelle fasi iniziali. Per aiutarci a capire come farlo e soprattutto quando cominciare il proprio iter di prevenzione, La Svolta ha parlato con Chiara Segrè, responsabile della supervisione scientifica di Fondazione Veronesi.

Quando è bene iniziare a occuparsi del proprio seno?

Dall’età dello sviluppo, partendo da quella che viene definita prevenzione primaria, che consiste nel curare lo stile di vita, che incide su ogni tipo di tumore, non solo quello mammario. Gli aspetti fondamentali sono avere un’alimentazione corretta, varia in termini di quantità e qualità e prevalentemente vegetale; fare attività fisica aerobica lieve e moderata circa due volte a settimane e cercare di muoversi leggermente almeno mezz’ora ogni giorno, anche solo con una camminata. Vietati fumo e alcol. Fin da giovani bisognerebbe anche iniziare a osservare il proprio seno e a fare l’autopalpazione ogni mese.

Esiste poi la prevenzione secondaria, che si attua attraverso esami di controllo. In assenza di condizioni che necessitano di iter specifici, prima dei 40 anni sarebbe meglio fare, almeno una volta, un’ecografia mammaria e una visita senologica in modo da sapere com’è il proprio seno in salute e riuscire a individuare meglio in un secondo momento eventuali cambiamenti.

Come si fa l’autopalpazione?

Per prima cosa bisogna mettersi davanti allo specchio e osservare i propri seni a braccia abbassate, poi alzate e infine contraendo il petto, per verificare che non ci siano cambiamenti visibili. Per l’autopalpazione vera e propria ci si deve sdraiare sul letto in posizione supina, alzare un braccio e usare la mano di quello opposto per tastare il seno del lato del braccio alzato, compiendo movimenti circolari in senso orario e ripetendo l’operazione su entrambi i seni. Le zone alle quali prestare particolare attenzione sono quelle sotto al capezzolo e sotto le ascelle. Se si individua qualcosa che insospettisce nella mammella o a livello dei linfonodi ascellari contattare subito uno specialista per una visita più approfondita. Anche se fortunatamente molte volte si tratta di falsi allarmi è bene non sottovalutare mai nessuna spia. La densità del seno è fortemente influenzata dalle fluttuazioni ormonali mensili, quindi le donne in età fertile dovrebbero fare l’autopalpazione una settimana dopo la fine delle mestruazioni. Per quelle in menopausa invece non esiste un periodo indicato, basta essere costanti.

Quando iniziare a sottoporsi alla mammografia?

A 40 anni, circa ogni due anni e accompagnata da ecografia e visita senologica. Dopo i 50 anni invece la cadenza dovrebbe diventare annuale. A quell’età e fino ai 69 anni si rientra anche nel servizio di screening mammografico biennale messo a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale. Alla luce di un aumento sempre più significativo delle diagnosi in giovane età molte regioni stanno ampliando la fascia anagrafica, anticipando le chiamate a 45 anni e terminandole a 74. Non si tratta ancora di una decisione nazionale ma noi auspichiamo venga presto estesa a tutto il territorio.

Anche perché se l’incidenza aumenta dopo i 40 anni ma lo screening inizia a 50, considerando anche le sempre maggiori difficoltà di prenotare visite tempestive tramite il SSN, ci sono 10 anni di buco in cui spesso fa prevenzione solo chi può permettersela.

Diciamo però che la scelta di iniziare lo screening a 50 anni fino a poco tempo fa era giusta perché aumentava in quel momento la probabilità di trovare un vero tumore al seno, senza rischiare la cosiddetta over diagnosi, ovvero individuare anomalie che poi a seguito di esami più approfonditi si si rivelano falsi allarmi, molto comuni nelle più giovani. Adesso l’età dell’insorgenza dei tumori si sta abbassando e sarebbe quindi necessario rivedere la soglia, cercando tuttavia di mantenere un sano equilibrio, così da giocare d’anticipo ma senza alimentare ansie poco utili.

Qual è la differenza tra mammografia ed ecografia?

La mammografia è una radiografia effettuata tramite raggi X, mentre l’ecografia utilizza ultrasuoni. Sono due tecniche differenti che analizzano in modo diverso il seno e per questo sono complementari. Lo screening nazionale prevede solo la mammografia perché, pur non individuando tutti i tipi di tumori, la sua lettura non lascia spazio a interpretazioni del medico, mentre l’ecografia è molto più soggetta all’occhio del radiologo e quindi non può essere standardizzata. Idealmente però andrebbero fatte entrambe perché alcune cose si individuano meglio con una e altre con l’altra. La mammografia, a esempio, è meno precisa sui seni giovani.

Da alcuni anni la medicina sta virando sempre più verso un approccio personalizzato e anche la prevenzione del tumore al seno sta intraprendendo questa strada. In questo senso, Fondazione Veronesi sta portando avanti il progetto Studio P.I.N.K., di cosa si tratta?

Di un progetto di ricerca scientifico che studia aspetti come età, caratteristiche individuali, stili di vita, familiarità e altro, utili per giungere a una prevenzione mirata sulla persona. Da questi vorremmo stabilire delle domande che i medici possano fare alle donne che si rivolgono loro per un controllo, così da sapere, in base alle risposte, se indirizzarle verso una mammografia o se sia più funzionale l’ecografia, le due cose combinate o un altro metodo ancora. L’obiettivo non è più una prevenzione uguale per tutte ma una prevenzione su misura.

Quanto incide la familiarità nell’insorgenza del tumore al seno?

Meno di quello che si pensa. Il 75% delle neoplasie si forma in donne che non hanno parenti stretti con questa malattia. Solo il 20% circa riguarda pazienti con una o due parenti che hanno avuto un cancro al seno. Una piccolissima parte poi, pari al 5-10%, rientra nella categoria dei tumori ereditari, che si formano a causa di specifiche mutazioni genetiche che aumentano moltissimo il rischio di sviluppare un tumore al seno in giovane età. In questi casi esistono diverse possibili strade da intraprendere. C’è chi decide di farsi asportare preventivamente seni e ovaie, chi di sottoporsi a piccole chemioterapie preventive e chi invece solo a controlli più frequenti.

La contraccezione ormonale aumenta il rischio di tumore al seno?

Nel corso degli anni le formulazioni dei contraccettivi ormonali sono cambiate molto ed è difficile dare una risposta univoca. Studi recenti però indicano che sia quelli estroprogestinici sia quelli solo progestinici possano aumentare un po’ il rischio, soprattutto dopo i 35 anni. Non è un aumento così marcato ma esiste ed è necessario dirlo, pur senza creare allarmismi, anche perché, di contro, gli anticoncezionali ormonali abbassano notevolmente il rischio di sviluppare cancro alle ovaie e al colon. Si tratta di farmaci e come tali vanno considerati, con i loro pro e i loro contro, per questo il mio consiglio è di parlare con il proprio ginecologo e valutare la situazione migliore per sé.

Nonostante le campagne informative che spiegano l’importanza della prevenzione siano ormai tantissime ancora molte donne non si sottopongono ai controlli periodici, perché?

Da un sondaggio che Fondazione Veronesi ha condotto quest’estate le motivazioni sono diverse e vanno da quelle pratiche come i tempi lunghi di attesa o la mancata ricezione della convocazione allo screening, a quelle psicologiche, ovvero ansia, paura dell’esito e scaramanzia. Anche se sono una minima parte non mancano nemmeno coloro che credono che la mammografia non serva a nulla ma, al contrario, essendo una radiografia, sia proprio lei a causare tumori. Ovviamente si tratta di una fake news che dobbiamo cercare di estirpare il più possibile, così come colmare tutti gli altri fattori, in modo da convincere le donne che ancora non lo fanno a prendersi cura del proprio seno e della propria salute.

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