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Carola Salvato: «La salute mentale è un diritto universale»

In occasione del World Health Mental Day, l’amministratrice delegata di Havas Life e membro dell’associazione Diplomatia ha spiegato a La Svolta perché il benessere psicologico è fondamentale per la crescita del Paese
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10 ottobre 2023 Aggiornato alle 15:00

L’importanza della salute mentale è un tema sempre più rilevante, sempre più urgente. A dirlo sono anche i dati allarmanti forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’Oms, infatti, evidenzia come nel mondo tra il 10% e il 20% dei bambini e degli adolescenti soffra di disturbi mentali: la maggior parte inizia in età precoce. In Italia, nel 2022, oltre 776.000 persone con problemi psichiatrici hanno cercato aiuto nei servizi pubblici, ma 5.500 che soffrivano di un disturbo grave hanno interrotto il trattamento.

Inoltre, la salute mentale è una sfida anche nel mondo del lavoro, con il 20% della popolazione lavorativa italiana che lotta contro disturbi psicologici e psichiatrici: un quadro aggravato poi dalla pandemia, che ha portato a un aumento dei sintomi di depressione e ansia.

I dati evidenziano la crescente importanza del benessere mentale e la necessità di affrontare questa crisi in modo più completo ed efficace. In occasione della Giornata Mondiale della Salute mentale, La Svolta ne ha parlato con Carola Salvato, membro del consiglio direttivo dell’associazione Diplomatia e amministratrice delegata di Havas Life (network mondiale di relazioni pubbliche specializzato sui temi della salute).

Carola Salvato
Carola Salvato

Qual è la situazione nei confronti della salute mentale in Italia?

Ritengo che l’interesse sia cresciuto di anno in anno e negli ultimi 2 c’è stata maggiore attenzione, soprattutto da parte delle aziende che hanno anche promosso iniziative sul territorio per mettere in evidenza il tema della salute mentale e del benessere: il ben-essere anche della mente nei contesti di lavoro. In generale, sono stati fatti dei passi in avanti soprattutto per quel che riguarda il fare e il creare la cultura dell’ascolto.

Ha parlato del ruolo delle aziende: possono influire positivamente sul tema?

Dal mio punto di vista sì: le aziende, non solo quelle grandi o leader in alcuni contesti, ma anche quelle più piccole, hanno compreso l’importanza di mettere al centro la salute, anche della mente, dei loro dipendenti e collaboratori. Questo perché è un modo per migliorare il benessere psico-fisico anche della produttività stessa, che porta indubbiamente a risultati economici migliori.

Quali sono le principali sfide per il tema della salute mentale?

Sicuramente quello di trasformare i preconcetti e le convinzioni, superare il fatto che un malato di mente sia una persona in qualche modo irrecuperabile. La malattia mentale molto spesso è anche oggetto di scherno, e magari legata a disturbi che non hanno nulla a che fare con patologie gravi. Mi riferisco anche al mondo del lavoro, dove se si evince che alcuni soggetti che soffrono di depressione, attacchi di panico o malessere generale in qualche modo vengono trattati come persone da ghettizzare…

Quindi quale potrebbe essere un punto di svolta per una maggiore sensibilizzazione sul tema?

Fare cultura… Fare cultura in questo senso rappresenta effettivamente un grande cambiamento. Ci sono sicuramente delle parole importanti: includere il disagio affinché possa essere trasformato. Va ricordato che il cervello è un organo, esattamente come tutti gli altri; quindi molte malattie possono essere curate e superate, così come alcune disfunzioni. Questo è forse l’aspetto più importante di tutti: noi non ci ricordiamo che il cervello è un organo come fegato, stomaco, pancreas… E come tale può essere e deve essere oggetto di cura e attenzione. Dal mio punto di vista questo deve essere il cambiamento più importante nei confronti della salute mentale e della percezione delle malattie mentali.

Soprattutto dopo la pandemia, molte persone in diversi sondaggi hanno affermato che avrebbero voluto chiedere un aiuto psicologico ma poi non l’hanno fatto. La causa è solo il problema economico o secondo lei è ancora un settore stigmatizzato?

Sicuramente è un settore ancora molto stigmatizzato, e chiedere aiuto significa dichiarare un problema di cui molte persone si vergognano. Io ne ho sofferto anni fa, me ne sono vergognata e non l’ho mai detto a nessuno, e questa è una delle ragioni per cui con il tempo c’è stata la necessità di cambiare il mio punto di vista rispetto a questa condizione; una condizione che poi è equiparabile a qualsiasi altra condizione di salute: se uno soffre di gastrite per esempio non ha problemi a dichiararlo. Quando si tratta di problemi mentali ci si vergogna perché si pensa che venga sminuito il proprio ruolo e in qualche modo non sia in grado di prendersi incarichi di maggiore responsabilità. Quindi diciamo che soprattutto le persone con incarichi di maggiore rilevanza tendono a nasconderlo, ma sarebbe più facile uscire da questa visione creando un’alleanza e generando verso la salute mentale un contesto di maggior comprensione.

Dal punto di vista economico, crede siano necessarie maggiori interventi da parte dello Stato per consentire l’accesso a questo tipo di aiuto a chi ha difficoltà economiche?

È fondamentale. Prendersi cura delle mente richiede anche un costo economico, perché le terapie hanno dei costi, e non tutti possono accedervi. E alcuni percorsi per alcune categorie sono davvero inarrivabili. Il fatto che oggi questo Ministero della Salute voglia considerare la salute mentale come un’urgenza per l’agenda politica fa sì che il tema venga riconosciuto come una priorità in quella che io definisco agenda culturale, e quindi anche quella politica capace di influenzare le scelte e anche, perché no, dare maggiore possibilità di accesso a processi di varia natura, come il percorso psicologico o varie terapie.

La salute mentale a lavoro è un tema che negli ultimi anni è esploso. Che cosa vi proponete tramite l’evento di oggi (la tavola rotonda organizzata da Diplomatia su benessere mentale e aziendale, ore 14:00-16:00 a Palazzo Orsini, ndr)? Che cosa si aspetta e quali sono i prossimi passi?

Partiamo dal presupposto che la salute mentale è davvero un diritto universale, ha dei risvolti enormi, un impatto davvero imponente. Non c’è salute senza salute mentale, non può esserci un Paese forte e capace di affrontare sfide e periodi complicati senza che l’individuo possa prendersi cura della sua salute mentale. Quindi, se il benessere mentale è importante per l’individuo, collateralmente lo è anche per l’economia: potremmo quindi dire che la salute mentale è un bene economico, perché non solo incide sulla produttività, ma anche sui costi della sanità.

Perché le è così cara questa mission?

Mi è molto cara perché molti anni fa ho sofferto di depressione e attacchi di panico, mi vergognavo e mi nascondevo, non l’ha mai saputo nessuno. Le cicatrici rispetto a tutto il resto sono ancora visibili, ma questa cosa l’ho trasformata in qualcosa di positivo. Quando uno soffre profondamente di una malattia, quando ne esce proverà un senso di gratitudine, e cercherà di portare la propria esperienza e aiutare gli altri. Quindi quello che mi motiva è sapere che posso aiutare una donna a non soffrire come ho sofferto io.

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