Economia

Claudia Goldin, grazie. Da parte di tutte noi

È la prima economista ad aver vinto il Nobel per i suoi studi sulle disparità di genere nel mondo del lavoro. Questo traguardo porta un po’ di speranza alle donne… ma anche agli uomini
Credit: Harvard University 
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
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10 ottobre 2023 Aggiornato alle 06:30

Claudia Goldin è stata la prima donna a ottenere la cattedra di Economia all’Università di Harvard. Prima ancora, ha preso il dottorato all’Università di Chicago, uno dei luoghi notoriamente più muscolari e testosteronici per chiunque voglia studiare economia. Ma in quei luoghi, lei ha iniziato a sviluppare la sua ricerca sulle donne e sulla loro presenza all’interno del mercato del lavoro, cercando di rispondere ad alcune domande ricorrenti e fondamentali: perché le donne vengono pagate di meno? Perché fanno meno carriera? Cosa impatta sulle loro scelte (o quelle che ci vengono presentate così)?

A Chicago, peraltro, prende il dottorato avendo come relatore Gary Becker (sì, Premio Nobel anche lui, ma nel 1992). Per i non addetti ai lavori, Becker era quello che scriveva che la divisione sessuale del lavoro in famiglia (alle donne il lavoro di cura non retribuito, agli uomini quello retribuito, sul mercato del lavoro) era una conseguenza delle differenze intrinseche tra i sessi. E sosteneva che, di conseguenza, fosse economicamente razionale allocare il tempo di uomini e donne in base a queste naturali inclinazioni: le donne nel settore della famiglia e gli uomini in quello del mercato del lavoro.

Chissà come si sarà sentita sola, per quei corridoi…

Questo premio clamoroso che le è stato attribuito non è solo un giusto riconoscimento alla sua carriera, ma ha un valore per tutte noi. Perché l’Accademia Reale Svedese delle Scienze le ha attribuito il premio “per gli studi sulla comprensione delle questioni legate alle donne nel mercato del lavoro”. Non definendosi mai femminista, Goldin ha tuttavia passato la vita indagando le motivazioni alla base delle discriminazioni di genere sul mercato del lavoro, toccano temi anche molto delicati, come l’impatto della pillola contraccettiva sulla vita lavorativa delle donne.

Ha evidenziato, dati alla mano, quanto il nodo della maternità modifichi la traiettoria della carriera delle donne e come alla base delle discriminazioni si trovi quasi sempre la mancata condivisione del carico di cura, soprattutto dei figli, adottando una prospettiva che non si può che condividere: dal sistema perdono sia gli uomini che le donne.

Uno dei contributi fondamentali di Goldin è legato proprio alle due sfere della disuguaglianza: la carriera e la famiglia. I bambini richiedono tempo e anche le carriere. Se le donne spendono più tempo occupandosi dei bambini, ne hanno di meno per coltivare le loro carriere. Lavorano meno ore, accettano lavori meno impegnativi e guadagnano di meno. E, dall’altro lato, agli uomini rimane di fatto preclusa la possibilità di spendere tempo con la propria famiglia.

Il Premio Nobel, si diceva, è un giusto riconoscimento alla sua carriera. Ma rappresenta per tutte le donne un’occasione preziosissima perché il loro lavoro, sia in casa non retribuito che fuori sul mercato del lavoro, sia messo sempre più al centro e diventi sempre più visibile.

Secondo Oxfam, le donne e le ragazze si fanno carico globalmente di 12,5 miliardi di ore di lavoro di cura non retribuito ogni giorno. Nei Paesi più poveri, le donne che vivono nelle aree rurali spendono fino a 14 ore al giorno proprio fornendo lavoro di cura non retribuito. Ancora, a livello mondiale il 42% delle donne non può cercare un lavoro perché è responsabile di tutte le attività di caregiving, contro un misero 6% degli uomini.

Questo Premio Nobel non è una vittoria del movimento femminista, questo è certo. Ma sta di fatto che Claudia Goldin è la terza donna ad aver mai ricevuto il Premio Nobel per l’Economia. Prima di lei, Esther Duflo nel 2019, insieme al marito Abhijit Banerjee e al collega Michael Kremer; ancora prima, Elinor Ostrom nel 2009. Ma è la prima donna economista ad aver vinto un Nobel grazie alle sua analisi sugli ostacoli che le donne incontrano sul mercato del lavoro.

E ci piace pensare che questo sia un buon segno per tutte noi.

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