Bambini

Come crescere un figlio femminista?

Da poco nelle librerie italiane, il Manuale di educazione antisessista per figli maschi di Aurélia Blanc ci aiuta a riflettere su come (e perché) liberare i bambini dalle costrizioni patriarcali che forgiano le vite di tutti noi
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
26 agosto 2023 Aggiornato alle 20:00

Come facciamo a educare unǝ bambinǝ in modo non sessista in una società sessista? Questa domanda ha moltissime risposte se a farla sono i genitori di una bambina. Molte meno, invece, sono quelle che riguardano l’educazione maschile. Lo ha scoperto – come lo scoprono quasi tutte le persone che si pongono questo dubbio – la giornalista Aurélia Blanc quando, incinta del suo primo figlio (maschio), ha iniziato a interrogarsi su come crescere quel bambino che ancora non era nato lontano dagli stereotipi, dai pregiudizi e dalle disuguaglianze connaturati al sistema patriarcale che ha forgiato le vite di ciascuno di noi.

La sua risposta è stata il libro Tu sera un homme – féministe – mon fils!, che nell’edizione francese del 2018 riprendeva il titolo di una celebre poesia di Rudyard Kipling e che nella versione italiana, da pochi mesi in libreria per Odoya Off (270 p., 20€), è diventato il meno poetico, ma sicuramente molto efficace, Crescere un figlio femminista. Manuale di educazione antisessista per figli maschi.

Pensiamo ai libri che, da Dalla parte delle bambine di Gianini Belotti in poi, passando per le storie della buonanotte per bambine (e non bambini) più o meno ribelli vediamo in libreria. Tutte le iniziative per promuovere un’educazione non sessista sembrano rivolte solo ai genitori di femmine. Come se, sostiene l’autrice, dovessero percorrere la via dell’uguaglianza da sole o meglio, per dirla con le parole di Thomas Messias, “aiutare Davide a mandare Golia al tappeto sembra più facile di impedire a Golia di diventare un mostro incontrollabile”.

Proprio per questo, però, la riflessione su come educare i maschi all’interno della cultura patriarcale che li metterà in una posizione di privilegio è fondamentale. Per abbattere un sistema che non condanna solo la componente femminile del mondo (e per estensione quella non eterosessuale) a un’esistenza di subalternità e disuguaglianza ma obbliga quella maschile a conformarsi all’ideale virile di Vero UomoTM, che ha costi enormi per tutta la società (anche a livello economico, come hanno mostrato Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin in Il costo della virilità) e per i singoli individui, ingabbiati in stereotipi che impediscono loro di “sviluppare la propria unicità e di coltivare una vera libertà. Una libertà per tutti (e tutte) di essere ciò che vogliono e scrivere la propria storia”.

«Sono felice che abbiamo iniziato a crescere le nostre figlie come i nostri figli, ma in pochi hanno il coraggio di crescere i maschi come le femmine», osservava la femminista Gloria Steinem nel 2015. E in questi quasi 10 anni le cose non sono cambiate, non abbastanza.

Non piangere, non fare cose da femminuccia, non mostrare emozioni (se non la rabbia), sii uomo, sii un vero uomo, scopale tutte, sii il primo, il più bravo, il vincitore. In una parola: sii virile. E, per carità, non essere gay.

Fin da quando nascono, e spesso anche prima, i maschi subiscono una pressione estrema per adeguarsi a un modello di uomo – un ideale che non è possibile raggiungere ma verso cui sono spinti a muoversi costantemente – di potere, dominante. Un modello di uomo che è opposto e altro rispetto al femminile, che è degradante, inferiore, assolutamente da evitare.

Pensi non sia così? Essere coraggioso (98%). Essere il migliore (58%). Non Piangere (37%). Queste sono alcune delle risposte alla domanda “Cosa significa essere un ragazzo?” date da un gruppo di uomini francesi dai 18 ai 35 anni nel 2018.

Risposte figlie di un’educazione patriarcale i cui risultati, in termini di ingiustizie, violenze, soprusi, odio e morti, sono drammaticamente sotto i nostri occhi. Eppure, «ci preoccupiamo parecchio per le possibili aggressioni nei confronti delle nostre figlie, ma mai abbastanza del fatto che l’aggressore potrebbe essere nostro figlio!», spiega l’autrice.

“P̶r̶o̶t̶e̶g̶g̶i̶ ̶t̶u̶a̶ ̶f̶i̶g̶l̶i̶a̶ educa tuo figlio” recita uno slogan che sta, giustamente, diventando sempre più celebre. Ma come farlo concretamente? Quali sono i modelli positivi?

Blanc non propone formule magiche o decaloghi su come crescere il figlio femminista perfetto come dei perfetti genitori femministi. Piuttosto, partendo dalla domanda “come hanno cresciuto i loro figli le femministe della seconda ondata (e che fine hanno fatto quei figli ora)?” e ripercorrendo, decostruendoli miti che alimentano quelli della mascolinità e della virilità e l’ossessione per l’opposizione maschile/femminile, aiuta il lettore a orientarsi e a iniziare un cammino assieme ai propri figli. Un percorso che si traduce in un modello educativo basato non sulla censura e la coercizione ma sull’apertura delle possibilità, aggiungendo invece che togliendo. Mettendo in discussione le costrizioni legate al genere non per creare nuovi vincoli, ma per liberare i nostri figli da quelli a cui sono soggetti oggi.

Non obblighiamo i bambini a indossare il rosa, ma permettiamo loro di indossare anche il rosa, il lilla e tutti i colori dell’arcobaleno. No, questo non li renderà omosessuali, nonostante quello che pensava il 21% delle donne che ammetteva di non aver fatto indossare pantaloni rosa ai figli maschi “per non influenzare il suo orientamento sessuale”. Rifiutiamo la visione binaria che il marketing ci ha convinto essere naturale e “cominciamo a proporre gli stessi giochi ai bambini e alle bambine, perché non dobbiamo chiederci se il gioco sia per bambine o per bambini, ma quali capacità possa sviluppare”.

Sì, anche i passeggini e le bambole. Al massimo, ricorda Blanc, diventeranno dei buoni padri. Impariamo a rispondere alle argomentazioni sessiste, armandoli (e armandoci) contro le osservazioni negative. Insegniamo loro a esplorare le proprie emozioni e a verbalizzare i propri sentimenti, perché i sentimenti (così come l’amore) non sono una cosa da femmine.

Mettiamoli al ripario dalla minaccia dello stereotipo, quel fenomeno per cui gli stereotipi, spiega l’autrice, «seppur scientificamente infondati, finiscono per modellare la realtà che pretendono di descrivere. […] Una sorta di effetto Pigmalione, che provoca un circolo vizioso per cui si diventa quello che gli altri immaginano che siamo».

Non c’è un modo per crescere uomini femministi, ce ne sono tanti quanti sono le famiglie che vogliono farlo. Quello che conta è la volontà di farlo mettendo in discussione quegli stereotipi in mezzo a cui anche noi siamo cresciuti, senza essere troppo severi con noi stessi, né con i nostri figli. Quella di Blanc non è una guida, ma un invito, che attraverso studi, analisi, interviste, sondaggi, voci dei protagonisti e un’interessantissima (sebbene focalizzata sulla Francia) selezione di materiali e spunti per approfondire, ci ricorda non tanto come ma principalmente perché dobbiamo farlo. Per rendere più liberi e felici non solo noi, ma soprattutto loro.

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