Culture

Tutta la normalità di una famiglia straordinaria

Nel libro Nata con noi. Storia di Barbara e delle sue due mamme, Eugenia Romanelli racconta il percorso non semplice condiviso con la compagna, che ha portato alla nascita di una figlia a lungo desiderata
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13 agosto 2023 Aggiornato alle 11:00

Trasgressiva, scandalosa, offensiva, perfino illegale. Difficilmente assoceremmo questi aggettivi a una famiglia legata da amore, rispetto, connessione. Eppure, fino a poco tempo fa, era in questo modo che venivano percepite le famiglie omogenitoriali. E per certi aspetti è ancora così.

Le famiglie arcobaleno devono ancora combattere per il proprio diritto all’esistenza, per vedersi riconosciute non solo dalle leggi ma anche da chi pensa che l’unico modello accettabile e legittimato a crescere figli sia quello della “famiglia tradizionale” formata da mamma e papà, e pazienza se al suo interno si instaurano delle dinamiche disfunzionali, almeno ci sono un uomo e una donna.

Ma se “è proprio vero che si aggredisce ciò che si teme e si giudica ciò che non si riesce ad accettare”, dobbiamo partire da qui. Raccontare queste storie, farle conoscere.

Ed è questo che fa Nata con noi. Storia di Barbara e delle sue due mamme (Giunti Editore, 208p, 29€), il libro della giornalista di Repubblica Eugenia Romanelli, scritto a quattro mani con la moglie Rory Cappelli, che racconta come da una barca che diventa simbolo di una maternità desiderata e ricercata contro tutto e tutti sia arrivata Barbara. E narra i passi dello straordinario viaggio che da una clinica di Bruxelles alla ricerca di un “semino” trasforma una coppia in un un trio e quel trio in qualcosa di più.

Sempre accompagnate dalla voce gioiosa, delicata e intelligente come intelligenti sanno essere le voci dei bambini, di Barbara – che “non ho un papà, io ho due mamme”, in alcuni momenti “entrambe orribili” – le voci di Eugenia e Rory si intrecciano nel racconto di 3 vite che si legano in una. Di una famiglia, in cui si ride, si piange, ci si prende cura gli uni degli altri, pelosi di 40 kg compresi. Una famiglia come tante eppure a suo modo eccezionale.

Un racconto in cui le storie personali si intersecano con la Storia del nostro Paese e con quelli che a molti possono sembrare solo cavilli burocratici o prese di posizione ideologiche ma che sono invece atti potenti, che possono cambiare completamente le traiettorie di intere esistenze.

L’insistenza per ripristinare le diciture “padre” e “madre” sui documenti, lo stralcio delle stepchild adoption dalla legge sulle unioni civili, sacrificate sull’altare del compromesso al ribasso, l’obbligo (non solo per le coppie omogenitoriali ma fino al 2014 – e forse anche in futuro – anche per quelle eterosessuali) di volare in Spagna per poter effettuare la fecondazione eterologa, la mancata trascrizione dei bambini nati all’estero con la Gestazione per altri, sono tanti i capitoli della storia dell’intolleranza che abbiamo letto o ascoltato nei notiziari.

Abbiamo sentito il chiacchiericcio dei politici, le immancabili polemiche dalle mille voci, ma abbiamo mai davvero compreso quanto le vite di intere famiglie e di centinaia di bambine e bambini - non si sa esattamente quanti siano ma secondo le stime in Italia i figli delle coppie dello stesso sesso sono circa un migliaio - siano state colpite, talvolta stravolte, da queste decisioni?

Queste scelte, fatte da persone lontane da noi eppure così intimamente personali, hanno il potere di stravolgere tutto non solo togliendo diritti e speranze ma anche riconoscendo quello che, al di là delle legislazioni, degli spauracchi e delle chiacchiere esiste già: le famiglie, appunto.

Come successo con la sentenza firmata dall’allora presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma Melita Cavallo. Anche se potrebbe sembrare niente più di un numero - 299/2014 - è stata una piccola, grande rivoluzione perché accettando “l’adozione in casi particolari ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera d), della Legge n. 184/1983, come modificata dalla Legge n. 149/2001” per la prima volta la giudice, “nell’interesse superiore del minore”, aveva riconosciuto l’adozione da parte della madre d’intenzione.

Permettendo a quella madre – scambiata in sala parto per una sorella o una cugina – di stringere il mano il passaporto della figlia, in cui alla voce “Cognome e Nome dei genitori” c’è proprio il suo.

Ed è proprio in questo intreccio di quotidianità familiare e sfide, di panini e operazioni, di battaglie legali e conquiste, di lacrime e tenerezza, di zii intolleranti e di affetto che salva, che risiede la vera potenza di questa storia, e del libro che la racconta.

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