Diritti

Famiglie arcobaleno, sì alla “stepchild adoption”

A stabilirlo, la sentenza numero 38162 delle Sezioni Unite della Cassazione: i genitori non biologici dovranno adottare i propri figli, che legalmente sono solo del partner. Si può parlare davvero di progresso?
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2 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Niente trascrizione automatica dell’atto di nascita per i bambini italiani nati con la gestazione per altri. La tutela dei diritti dei bambini nati all’estero in famiglie omogenitoriali, tuttavia, sarà assicurata con la cosiddetta stepchild adoption, l’adozione da parte della o del partner del genitore biologico.

È quanto stabilito dalla sentenza numero 38162 delle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno accolto il ricorso del sindaco del Comune di Verona e del Ministero dell’Intero che si erano opposti alla decisione della Corte di Appello di Venezia, che invece aveva dato il via libera alla trascrizione del nome del genitore intenzionale nell’atto di nascita.

Il caso

Il caso riguarda Fabio, Simone e il loro bambino, nato otto anni fa in Canada grazie alla gpa (gestazione per altri). E nel suo atto di nascita a figurare come genitore era solo uno dei due, quello biologico, niente genitore intenzionale.

Nel corso del 2017 la coppia aveva fatto ricorso e la Corte Suprema della British Columbia aveva approvato per entrambi il diritto di essere riconosciuti genitori sull’atto di nascita, chiedendone la rettifica.

Ma l’ufficiale di stato civile italiano rifiutava di rettificare l’atto: le Sezioni Unite, a loro volta, hanno seguito la scia della Consulta, che nel 2021 si era pronunciata a favore dell’illegittimità della norma che vieta la trascrizione per contrarietà all’ordine pubblico, riservandosi però di un intervento del legislatore.

Il Comune di Verona e il Ministero dell’Interno fanno ricorso alla decisione, e il tutto viene rimesso nelle mani delle Sezioni Unite, fino al 30 dicembre, quando le Sezioni Unite hanno messo fine alla vicenda elaborando una sentenza “nomofilattica”, che obbligherebbe cioè tutti i Tribunali a conformarsi alla decisione.

Dunque i figli delle coppie di genitori omosessuali che hanno fatto ricorso alla gestazione per altri saranno tutelati con gli strumenti di cui già la legge italiana dispone, ossia la procedura di “adozione in casi particolari”.

«La via indicata obbliga a procedure costose e ai tempi dilatati della giustizia minorile, ma è un progresso compiuto» spiega Alexander Schuster, il legale che ha accompagnato in questo percorso Fabio e Simone.

E prosegue: «Le Sezioni Unite hanno dato prova di avvicinarsi alla questione della gestazione per altri con grande rispetto e delicatezza. Bene che sia stato confermato anche come l’orientamento sessuale non assuma alcun peso quando si parla di figli e genitorialità».

«Ora sta ai legislatori offrire uno strumento migliore, come richiesto dalla Consulta nel 2021. Anche se, confesso, ho poca fiducia che il nostro Parlamento sappia discutere e arrivare a sintesi su temi così complessi», conclude Schuster.

Stepchild adoption

Introdotta dalla legge 184/1983, l’adozione in casi particolari tutela il diritto del minore alla famiglia in situazioni che non avrebbero consentito di giungere all’adozione piena ma nelle quali essa rappresentava una soluzione opportuna e auspicabile.

Due grandi cambiamenti sono poi intervenuti nel corso degli anni per estendere il diritto a più cittadine e cittadini.

Fino al 2007, infatti, tale adozione era ammessa solo per le coppie sposate; poi, sulla scia delle decisioni del Tribunale dei Minori prima di Milano e poi quello di Firenze hanno esteso questa facoltà anche ai conviventi eterosessuali.

La Corte Costituzionale ha impostato da questo momento i rapporti tra adozione piena o legittimante e adozione particolare: soltanto la prima ha come presupposto necessario lo stato di abbandono; la seconda, invece, intende realizzare il diritto del minore a una famiglia in casi in cui è necessario od opportuno procedere all’adozione dando veste giuridica a relazioni famigliari esistenti di fatto.

Nel 2016, poi, la legge Cirinnà ha garantito alle coppie dello stesso sesso le unioni civili, ossia il diritto di ottenere il riconoscimento formale dell’unione e uno status analogo a quello coniugale. E in questo contesto si inserisce la sentenza 12962 del 2016, dove c’è stato un primo via libera della Suprema Corte all’adozione del figlio del partner nelle coppie omogenitoriali in quanto si è pronunciata sull’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44 della legge 184/1993.

In questo caso la Corte non ha creato un nuovo diritto, ma semplicemente offerto una copertura giuridica a una situazione preesistente, dove un primo via libera era stato dato dal Tribunale per i minorenni di Roma nel 2014 e poi confermato nel 2015 dalla Corte di Appello, accogliendo la richiesta di adozione da parte della compagna della madre biologica.

Dunque la legge Cirinnà non ha disciplinato espressamente l’adozione del figlio da parte del partner, e finisce per affidare ai giudici il compito di garantire il diritto dei figli alla certezza e stabilità del rapporto con coloro che esercitano la funzione genitoriale.

La sentenza

La sentenza 38162 del 30 dicembre 2022, dunque, si è mossa all’interno di questo complicato scenario, e vuole garantire ai figli delle coppie omosessuali nati all’estero con la gpa il riconoscimento in Italia come figli di entrambi i genitori attraverso la stepchild adoption. Ma siamo sicuri che si possa dire di aver raggiunto un traguardo?

Di fatto, sicuramente sì, perché finalmente nessuno metterà più in dubbio – almeno dal punto di vista giuridico – l’esistenza delle famiglie omogenitoriali: in linea con la giurisprudenza di Strasburgo, il Supremo Collegio descrive nella dottrina il passaggio da una famiglia “isola” a un “arcipelago”, aggiungendo alle cosiddette famiglie tradizionali anche altri tipi di famiglia.

Tuttavia, le parole utilizzate sulla gestazione per altri all’interno della sentenza lasciano ben intendere che ci sia ancora molto da lavorare.

La gpa, infatti, viene descritta come “operazione che tende a cancellare il rapporto tra la donna e il bambino che porta in grembo, ignorando i legami biologici e psicologici che si stabiliscono tra madre e figlio nel lungo periodo della gestazione e così smarrendo il senso umano della gravidanza e del parto, riducendo la prima a mero servizio gestazionale e il secondo ad atto conclusivo di tale prestazione servente, costituisce una ferita alla dignità della donna”.

Ancora, si legge:

“La gestazione per altri lede la dignità della donna e la sua libertà anche perché durante la gravidanza essa è sottoposta a una serie di limiti e di controlli sulla sua alimentazione, sul suo stile di vita, sulla sua astensione dal fumo e dall’alcol e subito dopo il parto è oggetto di limitazioni altrettanto pesanti causate dalla privazione dell’allattamento e dalla rescissione immediata di ogni rapporto con il bambino”.

Analogamente, la Corte Costituzionale in alcune recenti sentenze si era espressa in merito alla gpa affermando che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.

Ancora, “gli accordi di maternità surrogata comportano un rischio di sfruttamento della vulnerabilità di donne che versino in situazioni sociali ed economiche disagiate; situazioni che, ove sussistenti, condizionerebbero pesantemente la loro decisione di affrontare il percorso di una gravidanza nell’esclusivo interesse di terzi, ai quali il bambino dovrà essere consegnato subito dopo la nascita”.

Viene poi però specificato che “nella valutazione complessiva dovrebbe tenersi conto delle peculiarità delle singole situazioni, distinguendo in concreto tra surrogazione totale o parziale, tra gestazione gratuita o a pagamento, e considerare che in Paesi come il Canada la surrogazione è disciplinata in modo da permettere l’attuazione della libera autodeterminazione del-a donna, consentendole di compiere un gesto di altruismo nei confronti di chi desidera realizzare una delle funzioni più importanti della famiglia”.

Se da una parte dunque si può finalmente parlare di progresso, di piccoli passi in avanti nel riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, che sì, al pari delle “tradizionali” esistono, dall’altra emerge l’urgenza di una rivoluzione culturale. Perché non è più possibile generalizzare, è necessario conoscere.

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