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Naufragio Lampedusa, 10 anni dopo: la strage dei migranti continua

Il 3 ottobre 2013 annegarono 368 persone dirette in Italia. Nella Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita dopo quel giorno, si contano 2.517 morti o dispersi dall’inizio dell’anno
Credit: ANSA/CIRO FUSCO
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
3 ottobre 2023 Aggiornato alle 15:20

Dall’inizio del 2023 sono già morte o scomparse 2.517 persone nel Mediterraneo. Nel 2013 i migranti dispersi o che hanno perso la vita in una delle rotte più attive e pericolose al mondo sono stati 636. Quell’anno, un’imbarcazione con 500 persone a bordo partì dalla Libia e si mise in viaggio verso le coste italiane. A poche miglia dalla costa dell’Isola dei Conigli, in Sicilia, le persone a bordo incendiarono una coperta per segnalare la propria posizione. Le fiamme si propagarono subito e alle 3:15 di notte la barca si capovolse. Annegarono 368 tra bambini, donne e uomini.

Per non dimenticare uno dei naufragi più gravi del Mediterraneo venne istituita per il 3 ottobre la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Oggi, nel decimo anniversario di quella tragedia, la conta dei morti nel Mediterraneo prosegue.

I dati aggiornati a ieri dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’Unhcr, mostrano che dal 2013 circa 28.220 persone sono morte o disperse nelle acque del Mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa. L’anno più fatale è stato il 2016, con più di 5.000 vittime annegate o mai ritrovate. Se, oltre alle rotte del Mediterraneo (centrale verso l’Italia, orientale verso la Grecia e occidentale verso la Spagna), consideriamo anche la rotta dell’Africa nord-occidentale, quella delle Isole Canarie, bisogna aggiungere al conteggio 2.803 persone annegate o disperse dal 2018 a oggi.

10 anni fa il Governo allora guidato da Enrico Letta disse «Mai più» a simili tragedie e inaugurò l’operazione Mare nostrum, che salvò più di 100.000 persone nel suo unico anno di attività. Terminò il 31 ottobre 2014 in concomitanza con la nascita di Triton, operazione di sicurezza delle frontiere dell’Unione europea condotta da Frontex, l’agenzia europea di controllo delle frontiere, a sua volta sostituita dall’Operazione Themis, ancora in corso.

Il raggio d’azione delle operazioni, che in Triton rimaneva entro le 30 miglia dalle coste italiane, è diminuito a circa 24. Secondo il Consiglio dell’Unione europea, dal 2015 a oggi le vite salvate nel Mediterraneo e lungo le rotte dell’Africa occidentale sono state 615 087. I decessi registrati 26.623 (i dati sono aggiornati ad aprile).

I naufragi avvenuti in questi ultimi 10 anni non si riescono a contare sulle dita di una mano. Per citarne alcuni: nel 2014 affonda un barcone partito dalla Libia, con almeno 100 persone a bordo. Un mercantile riesce a salvarne 27, ma 74 rimangono disperse. L’anno dopo, nella notte tra il 18 e il 19 aprile, un peschereccio con 800 persone a bordo si ribalta al largo delle coste libiche, i superstiti sono 28. Ad aprile 2016 naufraga un barcone partito dalla Libia e diretto in Italia, con circa 500 migranti: i sopravvissuti sono una quarantina.

Tra le più recenti, nel 2019, al largo delle coste di Tripoli, un gommone che trasporta 120 persone inizia a imbarcare acqua e comincia ad affondare: tra i 117 dispersi, 10 donne, di cui una incinta, e 2 bambini, di cui uno di 2 mesi. Nel 2023 a Cutro si contano almeno 90 vittime. A 4 mesi di distanza, a giugno, muoiono più di 500 persone tra uomini, donne e bambini nel naufragio di Pylos.

A 10 anni dalla strage del 2013, nell’ora esatta del naufragio, le trombe hanno suonato davanti al memoriale “Nuova speranza” in piazza Piave, a Lampedusa. Un superstite, citato dall’Adnkronos, ha ricordato: «Nuotavamo tra i cadaveri». Il sindaco dell’isola, Filippo Mannino, ha lanciato l’ennesimo appello alla «politica italiana ed europea» perché «si mettano da parte le ideologie, i colori politici e si lavori insieme per arrivare a una soluzione condivisa il prima possibile. Non si può più aspettare».

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